In mostra fino al 22 Novembre negli spazi di E.R. Butler & co. di New York, le opere di Angelo Bellobono parlano della connessione tra due mondi attraverso la connessione tra due monti: l’Atlas del Marocco e le montagne Appalachi americane. Nelle opere esposte per la mostra Before Me and after My Time, chiazze spesse e pietrose di colore raccontano sulla tela una fusione che fu davvero alle origini della nostra storia geografica, ere geologiche fa, prima che il mondo potesse distribuirsi come lo conosciamo oggi. Centocinquanta milioni di anni fa, queste montagne, che ora si trovano in continenti diversi, erano le stesse montagne, unite insieme.
Angelo Bellobono è un artista sensibile e un individuo attento, ha indagato sulle genti che per prime popolarono quella che oggi chiamiamo America, 10.000 anni fa, e ancora collabora e intrattiene legami con una comunità locale di lenape, distante appena 25 miglia da Manhattan o meglio Manna-hatta, come per primi la chiamarono gli indigeni. “Ho voluto ricostruire questo ponte cominciando a collaborare con i berberi dell’Atlas e gli indiani degli Appalachi – dichiara l’artista – risollevando tematiche come l’inquinamento e lo sfruttameno della loro terra. In Marocco sto lavorando da tre anni a un progetto, Atla(s)now, la costruzione di un museo sparso tra le sue meravigliose vallate”.
Le problematiche su cui queste opere finiscono inevitabilmente per puntare i riflettori hanno sempre a che fare con la Terra. Dwaine Perry, capo della comunità lenape Ramapough, residente a Mahwah, è accorso all’inaugurazione della mostra, per dare risalto e potenza al progetto, oltre che artistico anche etico-sociale, messo in atto dall'artista: “Da anni abbiamo problemi con l’inquinamento delle nostre terre. Un’industria della Ford che è stata dismessa ha riversato tonnellate di rifiuti tossici nelle nostre terre. Sono qui per ribadire il supporto a un artista serio e impegnato sul campo”.
Bellobono si è fatto portare in quelle zone e con le stesse terre ha realizzato i suoi dipinti. I colori predominanti sono quelli della terra e del cielo, contrasti di marroni incontrano l’indaco, il celeste, il ceruleo. La sua è una mostra che indaga l’antropologia e la geologia, le loro commistioni, il territorio. Il titolo Before Me and after My Time vuol dire questo, ovvero che prima dell’uomo e dell’universo antropocentrico che si è costruito in modo funzionale a se stesso, il mondo era senza confini. “I confini li ha realizzati l’uomo per il bisogno di circoscrivere delle aree, degli spazi, mentre invece le montagne che io dipingo sono delle cerniere tra i popoli, da opporre al concetto di confine come barriera. Lavoro su questi concetti che indagano il territorio e insieme l’identità” – spiega l’artista, che il suo legame con la montagna lo ribadisce anche con la sua professione alternativa, quella di insegnante di sci. “Sono nato al mare, a Nettuno, ma sento fortissimo il vincolo con l’ambiente montuoso” – racconta. Così si divide l’anno per sei mesi a New York e il restante tempo tra il Marocco e Roma. Le sue opere hanno fatto il giro del mondo, passando per la Biennale di Marrakech, la Quadriennale di Roma, il Museo d’arte moderna e contemporanea del Cairo.
Questa mostra rappresenta solo l’inizio della sua collaborazione con gli indiani lenape. L'unione tra questi due mondi verrà rinsaldata il 12 novembre, attraverso una conversazione con il capo indiano Dwaine Perry prevista negli stessi spazi espositivi della mostra. Successivamente, Angelo Bellobono presterà il suo studio di Brooklyn al lancio di un artista indiano ancora da scoprire. “Non ritengo che l’arte abbia un ruolo sociale come per forza le si vuole dare, ma credo ci siano prima di tutto gli individui e io come tale mi sento vicino a queste tematiche” – conclude l'artista.
La mostra resterà aperta fino al 22 novembre.
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