OFL è una studio di architettura nato a Roma nel 2010 che da allora ha prodotto risposte pratiche e vincenti in termini di spazio urbano. OFL è anche il nucleo di attività professionale di Cityvision, che parallelamente promuove concorsi a scala urbana, con lo scopo di innescare un dibattito e un confronto tra la città di oggi e il suo futuro, prefigurandone un possibile scenario. Un tipo di dialogo, questo, del tutto originale, che mette in luce le tendenze di una trasformazione tecnologica e sociale già in corso, con le sue cause e le nostre reazioni.
Worlds of Cityvision è il nome dell’esposizione itinerante recentemente passata per New York, che promuove il lavoro dei quattro anni di vita di questo laboratorio urbano. L’evento newyorchese si è concluso con una conferenza chiamata Cityvision e OFL che ha evidenziato l’interessante legame tra la piattaforma di ricerca e lo studio di architettura. È raro che i concetti di design e le loro implicazioni pratiche risultino in un legame solido, ma Cityvision e OFL ci sono riusciti e ne sono oggi un fresco e stimolante esempio.
Abbiamo intervistato a Roma Francesco Lipari, fondatore con Vanessa Todaro dello studio OFL, e contemporaneamente, a New York, Ilja Burchard e Joshua Mackley, associati oltreoceano, facendoci raccontare da cosa sono stati spinti e come sono riusciti a modificare le classiche “regole” di progettazione alla base di qualsiasi studio di architettura, rendendole chiave di una vera e propria strategia di business basata sul processo creativo costantemente visibile e comunicabile.

St Horto, progetto urbano di OFL vincitore di premi internazionali. Foto: OFL
Nell’esposizione erano in mostra alcune delle tavole collezionate nei cinque concorsi di design urbano che dall’Italia, con Roma e Venezia, hanno raggiunto territori internazionali come New York, Rio de Janeiro e Beijing in una varietà di progetti che esplorano le infinite possibilità all'interno del complesso rapporto tra le persone e l’ ambiente in cui vivono. Che forma ha la città del futuro? Come la abiteremo? Di quale natura e portata sono i cambiamenti ai quali andiamo incontro? Come trasformeremo noi stessi per adattarci? Sono queste le domande che il laboratorio internazionale pone per i suoi concorsi, stimolando nuove idee di giovani architetti, sociologi e ricercatori.
Prefigurare il futuro è oggi più che mai essenziale per mettere in discussione lo spazio metropolitano ormai in cronica in crisi. Le influenze e le ispirazioni collezionate nel grande think tank di Cityvision diventano così un documento comune, alla portata non solo di OFL, ma anche di accademie e studi professionali, per uno sviluppo collettivo della città.
TRANSATLANTIC: Se Cityvision è il concetto, OFL ne è la sua implicazione pratica. Le due attività stanno evolvendo parallelamente e sembrano mantenere un rapporto solido. Come è nata l’idea di avere due nuclei di attività sotto lo stesso “motore di creatività”?
IB: Ci siamo tutti conosciuti lavorando da Fuksas a Roma. Fu lì che ad un certo punto ci siamo resi conto che fosse arrivato il nostro momento per provare a fare qualcosa di nuovo. La scintilla è stata accesa da Francesco che, con Vanessa, ha fondato OFL. Josh ed io, che intanto ci eravamo spostati a New York, collaboravamo con loro, finché abbiamo deciso di associarci. Cityvision, che è la piattaforma di ricerca di OFL, è costituita dalle stesse persone.
FL: Nel 2010, lo scenario culturale romano non offriva molto ai giovani architetti; le poche realizzazioni di architettura contemporanea a Roma, a prescindere dalla qualità, erano rappresentate solo da centri commerciali e abitazioni in periferia. Così con Vanessa, abbiamo deciso di creare qualcosa che permettesse a noi stessi e ai nostri colleghi di interagire, discutere ed esprimerci in un nuovo modo e, prendendo spunto da una iniziativa che il presidente francese Sarkozy aveva promosso in Francia, in cui invitava degli architetti ad immaginare il futuro delle città, abbiamo creato Cityvision.
JM: Oggi, le idee creative che altrimenti non sarebbero state espresse, hanno trovato con Cityvision una nuova venue.
T: Quali sono gli obiettivi di OFL come pratica progettuale?

Il team di OFL e Cityvision. Foto: OFL
FL: Una pratica progettuale si sta delineando gradualmente, in modo naturale. A volte mi piace immaginare di essere come il protagonista di Karate Kid che, credendo inconsapevolmente di “dare la cera”, in realtà imparava attraverso quei gesti i movimenti delle arti marziali. Allo stesso modo per noi i concorsi si sono rivelati utilissimi: abbiamo assimilato un modo di lavorare e la voglia di contaminare ambiti diversi.
JM: L’obiettivo principale di OFL è alterare lo spazio urbano e pensare alla città in una scala umana. Se con Cityvision le idee sono a scala globale, con OFL investighiamo l’estremo opposto: gli interventi sono locali e permettono alla città di cambiare, passo dopo passo.
T: Da Roma a New York, il vostro team sta espandendo i proprio confini. Con New York infatti è nata una collaborazione che si è poi consolidata con la partecipazione di Joshua Mackley, e Ilja Burchard. Come si è evoluta questa piattaforma da quando le due città hanno iniziato a collaborare?
FL: Lavorare a distanza su uno stesso progetto non sempre è facile e credo che confrontarsi di persona sia tutt’ora una prassi irrinunciabile per la progettazione. A noi italiani non manca certo la creatività ma abbiamo bisogno di raggiungere più concretezza soprattutto in termini di business. Potremmo essere più efficaci nel modo in cui presentiamo i progetti e nella capacità di procurarci nuovi incarichi; aspetti questi, nei quali abbiamo molto da imparare dagli americani. Anche all’interno di Cityvision vorremmo sfruttare queste diverse attitudini in modo complementare per far sì che ognuno di noi possa contribuire a far crescer questa realtà.
T: Pensate di continuare a espandervi? Dove?
JM: Mi sposterò in Texas e per questo nei prossimi giorni Cityvision avrà una nuova sede ad Austin, la città in più rapida crescita dell’America settentrionale. Austin ha un interessante strato culturale contemporaneo e alternativo. Con questa nuova sede vogliamo esplorare e percepire questo tipo di crescita. Per noi architetti paradossalmente New York è ormai la “città storica” degli stati Uniti, quella da cui possiamo imparare e prendere esempio, ma ci sono territori in Texas che sono ancora una “tabula rasa”, è una vera e propria occasione per scoprire come una città possa essere plasmata, è il posto ideale oggi per avere un laboratorio come OFL e Cityvision.
T: Roma e New York sono due città uniche per la loro cultura. Consideri la città, un luogo o una condizione?
JM: È difficile separare le due, non c’è condizione senza luogo e qualsiasi posto senza condizione sarebbe svuotato della sua identità. Credo che la città crei un senso di spazio intorno alle condizioni che si moltiplicano al suo interno.
T: Secondo te cosa hanno in comune due città così diverse?

La copertina della nona edizione della rivista gratuita di Cityvision
FL: È difficile fare paragoni, ma l’aspetto che sicuramente accomuna di più New York a Roma va ricercato nella loro natura di “città di immigrati”. Per il resto credo che Roma non sia paragonabile a nessuna delle città nordamericane per via della sua storia millenaria che la rende unica.
IB: Si può trovare ottimo cibo italiano a New York prima di tutto. Inoltre Roma per l’Europa e New York per l’America settentrionale, possono entrambe essere considerate capitali di cultura. Se Roma rappresenta “il passato” della città, New York ne rappresenta “il presente”.
JM: Ognuna ha una propria e molto specifica identità: quando senti parlare di Roma o di New York immediatamente sai cosa pensare. A differenza della maggior parte delle città nel mondo, Roma e New York non sono solo “famose”, ma ognuna ha sviluppato caratteristiche distinte, che le contrassegnano sulla mappa come punti focali di cultura.
T: In che modo Roma e New York si scambiano influenze?
JM: L’influenza che Roma ha sulla cultura occidentale è intrinseca alla cultura stessa. La sensibilità di Roma ancora oggi filtra quello che facciamo oggi qui, e questo è particolarmente evidente nell’architettura di New York, a volte anche in maniera molto diretta. D’altro canto credo che New York sia al momento il pinnacolo di vita urbana contemporanea.
IB: È indiscutibile l’influenza che Roma esercita sulla cultura occidentale. Mentre a New York, come nel resto degli Stati Uniti, con la loro breve storia, il patrimonio architettonico non è altrettanto valorizzato. Qui il cambiamento e le mutazioni sono più facili. Se lasci Roma per dieci anni e torni, non è poi cambiata così tanto, perché ha a che fare con circa 3.500 anni di storia. Al contrario se torni a New York dopo anche solo cinque anni, la troverai completamente diversa. È la storia che funge da bilancia, questa è la grande differenza fra le due città.
T: A termine di questo primo round di concorsi, a cosa assomiglia la città del futuro?
FL: Dopo questi primi cinque concorsi internazionali, con Cityvision abbiamo capito che non ha alcun senso immaginare la città del futuro come uno scenario fantascientifico. Personalmente sono convinto invece che l’ideale di città coinciderà nel prossimo futuro sempre più con l’essere umano: la tecnologia renderà l’uomo il vero fulcro attorno al quale si plasmerà la città.
IB: Il traffico e il modo di muoversi delle persone sta già cambiando, il concetto di spazio pubblico a sua volta si sta trasformando, ma che aspetto prenderà la città del futuro è impossibile da definire. Il futuro però si può immaginare, e questo è quello che stiamo facendo con i nostri concorsi. Come architetti, non possiamo solo glorificare l’incredibile altezza del prossimo grattacielo, ma dobbiamo capire quali saranno le conseguenze ambientali e sociali che questo porterà.
T: Che ruolo ha l’architetto nel concepire la città del futuro?
IB: L’architetto deve prendere coscienza delle proprie responsabilità sociali e ambientali. Gli edifici oggi consumano tantissimo, e ogni giorno sulle strade di New York lo vediamo con i nostri occhi con la straordinaria quantità di rifiuti sui marciapiedi. Oggi possiamo considerare molti edifici come vere e proprie città e l’architetto funge da mediatore tra tutti i tecnici che lavorano all’interno di questi complessi contenitori.
JM: La città è una collezione di voci individuali. Milioni di persone vivono insieme e condividono lo spazio. L’architetto è colui che dona la parola a un corpo altrimenti inespressivo. E’ un ruolo questo molto importante; non è una sfida facile, ma è sicuramente elettrizzante.
T: Cosa significa OFL?
OFL: Oh For Love!