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September 30, 2014
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Times Square, il neon barocco

Daniela Tanzj e Andrea BentivegnabyDaniela Tanzj e Andrea Bentivegna
Time: 5 mins read

Nel Seicento Roma è la capitale artistica d’Europa: le sue strade diventano luoghi di casuali e stimolanti incontri tra persone di paesi diversi. È proprio a Roma che si afferma una profonda rivoluzione culturale e religiosa, che da lì si diffonde nel resto del continente. Lo stile barocco ne è l’espressione architettonica, in esso il “bello” è cio che desta meraviglia e che ci avvicina alla grandezza di Dio. Fattore distintivo di questa nuova corrente estetica è la costruzione illusionistica dello spazio, da cui risulta una radicale trasformazione del concetto di piazza: non più spazio sociale ma stage teatrale. L’esperienza urbana diventa laboratorio sperimentale di un’architettura effimera tesa a affascinare e sedurre lo spettatore.

Gli architetti iniziano a sperimentare nuove tecniche, arrivando a produrre ipnotizzanti caleidoscopi di forme per sorprendere il popolo e renderlo partecipe di un vero e proprio spettacolo. Così, se pensiamo alla manipolazione della folla, osserviamo Times Square come a un singolare esercizio barocco.

Giovanni Paolo Pannini, Piazza Navona in Roma

Giovanni Paolo Pannini, Piazza Navona in Roma

Times Square nel XXI secolo è la piazza per antonomasia. Traffico, turisti, pendolari, e una serie apparentemente infinita di personaggi, dagli eroi dei fumetti, ai nudisti, fino ai venditori ambulanti, si districa nel caotico groviglio che va dalla 42ª alla 48ª strada.

È un incrocio delimitato non da edifici, ma da quinte pubblicitarie illuminate, che trascendono il concetto di tempo, fondendo il giorno con la notte. Palcoscenico di vita urbana, è allo stesso tempo uno state of mind e una off limits zone. La sua corruzione è integrale alla realtà del mondo di oggi. Essere parte di quella folla è la più moderna esperienza di città, sia per i visitatori che per gli stessi residenti, in nome dei nuovi idoli griffati e globali.

La storia di Times Square è oggi esemplare della sua continua evoluzione, e del ritmo di trasformazioni subite nel corso della sua breve ma intensa storia. Nella seconda metà dell’Ottocento quest’area della città farà la fortuna della famiglia Astor che, dopo averla acquistata a una modica cifra, la rivende, dando un grande impulso all’edificazione di un quartiere di residenze a basso costo e alcune piccole fabbriche. Sarà nel 1903 che l’incrocio tra Broadway e la 7th Avenue, allora chiamato Longacre Square, cambierà la sua vocazione: Adolf Ochs, infatti, editore del New York Times, decise di trasferire qui gli uffici del famoso quotidiano cambiando per sempre il nome della piazza.

One Times Square come era negli anni 20

One Times Square come era negli anni ’20

Per celebrare la costruzione della nuova sede al One Times Square, il capodanno del 1904 viene salutato con uno spettacolo pirotecnico che da allora sarebbe diventato un appuntamento imperdibile per la città. Intanto il 6 novembre 1928 un'enorme striscia composta da oltre 14.000 lampadine, definita “zipper”, dà a tutti l’annuncio dell’elezione di Herbert Hoover a trentunesimo presidente degli Stati Uniti, sarà il primo di migliaia di giochi di luce che negli anni successivi renderanno celebre questo luogo.

Dopo la crisi seguita al crollo di Wall Street, nel ‘29 i numerosi teatri, che si erano nel frattempo stabiliti in questa zona, divennero luoghi per soddisfare i piaceri maschili. Times Square cadde così nel degrado divenendo per decenni un’enorme quartiere a luci rosse (come raccontato ad esempio in Taxi Driver), fino a quando negli anni Ottanta ha inizio una vera e propria saga per la rimodellazione non solo della piazza, ma di tutta Midtown Manhattan.

La trasformazione fisica arrivò insieme a quella sociale, con la promessa di ripulire quella “zona depravata” e i suoi “cattivi costumi”. Nel 1984 infatti venne indetto un concorso di idee con l’obiettivo di riflettere sul “possibile significato di questo singolare spazio urbano per le nuove generazioni”. Le risposte furono numerose e arrivarono da tutto il mondo. Nacque un interessante dibattito sulle sorti dell'area.

In questi giorni, fino al 18 gennaio, alcuni degli originali pannelli presentati a quel concorso sono in mostra allo Skyscrapers Museum di Manhattan in un’esibizione dal titolo: Times Square, 1984: The Postmodern Moment. Insieme al concorso, fu chiesto agli architetti Venturi, Rauch & Scott Brown di disegnare una sorta di totem per la piazza, che fosse in scala con i moderni grattacieli circostanti e che potesse, al contempo, rappresentare la cultura americana popolare.

Basandosi sull’idea di “Big apple”, proposero un elemento scultoreo, simbolico nella sua semplicità, ma di scala monumentale: una mela rossa di trenta metri di diametro, reinterpretazione moderna proprio dell’obelisco barocco. Il progetto risultò certamente scioccante e difficile da accettare, ma indubbiamente brillante e genuino. Un vero e proprio corpo alieno circondato da moderni grattacieli. La grande mela non fu mai realizzata, ma la riqualificazione della piazza era ormai iniziata.

Nonostante oggi Times Square non rifletta più come una volta l’immagine di centro creativo dove arte e cultura si incontrano per lanciare nuove tendenze ed evolvere quelle esistenti, è ancora banco di prova dei limiti della fantasia e dell’illusione, principio del fatto che nessuno durante le diverse fasi storiche abbia mai cercato di cancellare quell’illustre e al tempo stesso nostalgica memoria di successo.

VRSB, “The Big Apple” in Times Square, Prospetto Sud

VRSB, “The Big Apple” in Times Square, Prospetto Sud

Dalle leggende di Broadway degli anni '30 alle attesissime news dal fronte di guerra dei '40, dal quartiere a luci rosse degli anni '70 alla sfrenata attività commerciale dei '90, le diverse identità culturali della piazza si sono ormai fuse insieme tanto da rendere una visita a Times Square un vero e proprio viaggio tra etnie, razze e classi sociali. Un luogo per spassarsela che appartiene a tutti, un mix di cultura, teatro, intrattenimento popolare. Una cacofonia estetica di stili contraddittori, proporzioni e materiali.

Da sempre a questa piazza appartiene il ruolo di metafora simbolica di un giovane paese, ma in quanto a scenario di attività urbana è un continuo e modernissimo “work in progress”.

I newyorchesi la definiscono “The Crossroads of the World” espressione che sottolinea come questo luogo sia il centro simbolico della contemporaneità ma che sottointende anche un’ulteriore caratteristica: questo non è un punto di arrivo, non più per intenderci il “tutte le strade portano a Roma”, ma è lo snodo cruciale di una rete, per meglio dire un web mondiale, esternazione analogica e luminosissima delle strade digitali che attraversano, invisibili, il pianeta.

Times Square è l’anima simbolica di New York e dell’America, con la sua caotica attività, luminosi cartelloni dai colori carnevaleschi, spettacoli di luce e imprevedibili riflessi sulle facciate-vetrate, accuratamente progettate per eccitare, e suggestionare i curiosi, che lasciandosi sedurre dallo spettacolo, si convincono misteriosamente a comprare.

Oggi l'estetica commerciale definisce e domina non solo la piazza, ma anche gran parte della cultura, e così queste nuove quinte barocche non più disegnate da volute di travertino, ma da neon multicolori, catturano l’attenzione dell’odierno spettatore convincendolo della propria modernità.

 

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