La lingua italiana, la lingua letteraria degli Italiani, nata a Firenze con Dante Alighieri esattamente al pari dell’arte italiana che, proprio come la lingua, è nata e ha preso forma a Firenze, dovrebbe in assoluto essere il più prezioso dei nostri Beni Culturali e invece condivide con l’arte lo stesso destino, d’esser vieppiù respinte ai margini d’ogni interesse che, qui in Italia, pretenda di rappresentare la parte più moderna, più avanzata e progredita del Paese.

Balthus (Balthasar Klossowski) (French, 1908–2001) The Game of Patience 1954 Oil on canvas 34 13/16 x 34 1/16 in. Collection Bettina Rheims © Balthus
Così, qui in Italia, dove sta scomparendo persino dalle scuole l’insegnamento della Storia dell’Arte, tende ad estinguersi fino all’ultima traccia di memoria di ciò che fu l’arte italiana ovvero, la lingua figurativa più “parlata” nel mondo e, ancora in pieno Novecento, perfettamente viva come nella pittura di Balthus.
Sull’opera del grande maestro d’origine polacca, Balthasar Klossowski de Rola, nato a Parigi il 29 febbraio 1908 dal pittore e storico dell’arte Erich Klossowski de Rola e dalla pittrice Baladine Klossowska de Rola, si svolge (25 settembre 2013–12 gennaio 2014) al Metropolitan Museum di New York una bella mostra dal titolo intrigante Balthus: Cats and Girls. Paintings and Provocations, ultimo e più recente “Omaggio a Balthus” come recita il titolo dell’intervento critico di Marco Bussagli pubblicato, a documentazione della mostra newyorchese, su Tracce Cahiers d’Art in Portfolio allegato al 19° Cahier.

Balthus (Balthasar Klossowski) (French, 1908–2001) Mitsou 1919 Black ink on paper 6 x 4 ¾ in. Private collection © Balthus

Balthus (Balthasar Klossowski) (French, 1908–2001) Mitsou 1919 Black ink on paper 6 x 4 ¾ in. Private collection © Balthus
Il ricordo corre all’anno 1994 quando Marco Bussagli, studioso e storico dell’arte tra i più autorevoli oggi in Italia, era un giovane giornalista che aveva provato l’emozione di vedere il maestro in persona sottoporsi, a dispetto dell’età, alle domande della stampa nella straordinaria occasione di quel che può esser considerato davvero un evento, la retrospettiva celebrata a Villa Medici a Roma in onore dell’artista che ebbe ad esercitare il mandato, conferitogli da André Malraux, di direttore dell’Accademia di Francia, trent’anni prima, dal 1964 al 1966. Chi fino ad oggi ha visitato la mostra di New York, avviata a chiudere per la metà di gennaio, avrà potuto concentrare sui quadri di Balthus uno sguardo attento e, al tempo stesso, divertito, attonito e curioso, eccitato e pago d’intime rivelazioni ma, certamente, scevro di riserve e pregiudizi quali hanno pesato su generazioni precedenti, infatuate di un’idolatria dell’antiarte cristallizzatasi, oltre le negazioni dialettiche delle Avanguardie, nel modello “d’avanguardia” del sistema trans mediale delle arti plastico-video-performative contemporanee, al difuori della cui sfera torna ad imporsi la Pittura, soprattutto quando è arte assoluta, così come la pittura di Balthus.

Balthus (Balthasar Klossowski) (French, 1908–2001) Thérèse 1938 Oil on cardboard mounted on wood 39 ½ x 32 in. Metropolitan Museum of Art, Bequest of Mr. and Mrs. Allan D. Emil, in honor of William S. Lieberman, 1987 © Balthus
La mostra al Metropolitan Museum curata da Sabine Rewald, Jacques e Natasha Gelman, ha saputo estrarre dall’universo del teatro figurativo balthusiano e offrire al pubblico, con una messa in scena espositiva di indubbio fascino intellettuale e di impatto emozionale, i due soggetti tematici che hanno giocato un ruolo da protagonista in un tal genere di teatro visionario ossia, le fanciulle in fiore e i gatti; ma soprattutto i piccoli e sornioni felini, i gatti…come recita un verso di Baudelaire “amici della scienza e della voluttà”…sono i veri primi attori del delizioso dramma quale questo inscenato qui davanti al vivace pubblico di New York. Infatti, come puntualizza Marco Bussagli, è proprio da qui, dai quaranta disegni originali di Mitsou, con cui Balthus ha narrato la storia di sé e di un gattino randagio, conosciuto durante l’infanzia, che prende le mosse la rassegna allestita dal Metropolitan Museum il quale, oltretutto, detiene la proprietà di quei disegni nella sua collezione.

Balthus (Balthasar Klossowski) (French, 1908–2001) The King of Cats 1935 Oil on canvas 30 11/16 x 16 5/16 in. Fondation Balthus, Switzerland © Balthus
Bussagli scrive: “Fu quel racconto l’inizio del mondo poetico di Balthus che quattordici anni più tardi, nel 1935, non esitò ad immortalarsi in un quadro ad olio come Il re dei gatti. L’opera, esposta, può ben considerarsi il manifesto dell’evento newyorkese” ma prosegue soggiungendo, ad un certo punto, che per comprendere il mondo di Balthus non basta condividere l’attrazione per i magnetici felini, bisogna “passare attraverso lo specchio di Alice nel Paese delle Meraviglie e scoprire come l’erotismo adolescenziale delle sue giovani modelle fosse affine a quello ben più discreto di Alice Liddell (…). Il mondo di Alice, allora, si trasformò, nella visione di Balthus in quello di Thérèse che sogna del 1938”.
Vediamo un gatto intento a leccare il latte dalla scodella poggiata sul pavimento ai piedi di Thérèse che, in atto di stirarsi a occhi chiusi sulla sedia, appare interamente assorta

Balthus (Balthasar Klossowski) (French, 1908–2001) Thérèse Dreaming 1938 Oil on canvas 59 x 51 in. The Metropolitan Museum of Art, Jacques and Natasha Gelman Collection, 1998 © Balthus
all’interno di un sogno impenetrabile, sorpresa nel mistero della sua erotica apatia come i gatti nel loro mondo magico e altrettanto ermetico. Figure entrambe proposte più che alla nostra attenzione, alla nostra contemplazione perché serenamente ci persuadono a riconoscere e a sopportare l’inaccessibilità di certe soglie o, seducenti superfici, serrate al di qua di abissi imperscrutabili. “Così, per l’artista francese – come ha osservato Bussagli – la femminilità acerba e la morbida sensualità dei gatti, altro non sono che due facce della stessa medaglia, quelle del mistero del mondo e dell’esistenza il cui fascino inquieto, filtra attraverso il gioco erotico dei volumi e delle luci, rigorosamente trattenuto da un impianto geometrico e prospettico che ha radici lontane negli studi del Quattrocento italiano”.
Balthus giovane nel 1929 aveva compiuto un viaggio in Italia dove aveva studiato l’opera di Piero della Francesca, felicemente definito dal padre Erik Klossowski, come annota Bussagli, “il Cézanne del Quattrocento”; tanto che non sarebbe difficile scoprire nella poetica della sua pittura una sorta di matrice geometrica che applica, allo stesso modo di Piero, sempre a qualsiasi forma che egli dipinga.

Balthus (Balthasar Klossowski) (French, 1908–2001) Girl at a Window 1955 Oil on canvas 77 1/8 x 51 3/8 in. Private collection © Balthus
È come se riducesse ogni forma della realtà a solidi geometrici di forme regolari. Balthus, come Piero della Francesca, è un pittore teso a dimostrare come ogni aspetto della realtà visibile risponda ad un rigoroso ordine matematico, ordine che al pari d’una sfinge incompresa, simile alle sue modelle adolescenti, indica la superna ed “erotica” armonia del creato. “L’erotismo non è forse l’abbraccio del Cielo e della Terra, da cui sono nati gli esseri?”, è proprio con questa sensibilità che Balthus ferma le sue fanciulle, captando il divino presente nella natura, e dichiara, in spirito luminosamente pierfrancescano, nelle sue riflessioni di un solitario della pittura, quanto segue, con apodittica chiarezza: “Dietro le apparenze, esiste una geometria che regge tutte le cose e struttura l’universo. Questa sola consente di leggere il profondo ordine del mondo. Questa sola mi interessa e non i turbinii che agitano la superficie delle cose”.
Piero della Francesca, Masaccio e il Quattrocento italiano hanno trasmesso al più sofisticato, aristocratico e, al contempo, ammirabile pittore del Novecento europeo, la grazia di saper essersi ispirato ad una eletta intuizione della forma.

Balthus (Balthasar Klossowski) (French, 1908–2001) The Moth 1959 Casein tempera on canvas 63 3/4 x 51 3/16 in. Musée National d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou, donated by André and Henriette Gomès in 1985 © Balthus
Si prenda, infine, congedo con quest’ultima osservazione intorno alla magica arte di Balthus per quanto riguarda in particolare la raffigurazione dei corpi, soprattutto i nudi delle sue modelle. Sono nudi dalla cui rappresentazione pittorica restano assenti la pelle e il corpo, in quanto carne visibile che si deforma per far apparire tutta l’anatomia muscolare che ne governa la struttura interiore. Balthus, come Piero, ignora completamente l’interno del corpo quasi fosse composto da un materiale unico ed omogeneo, per concentrarsi solo sull’aspetto esteriore di esso pensato come insieme di solidi geometrici e non come il risultato di una meccanica interna. L’interpretazione geometrica del corpo è, per esempio, accentuata dalla estrema levigatezza con la quale dipinge le epidermidi. Il risultato non è sempre realistico ma attinge, senz’ombra di dubbio, ad altezze di autentica poesia.
*Beniamino Vizzini nasce a Palermo nello stesso anno in cui escono Minima Moralia di Th.W. Adorno in Germania e L’uomo in rivolta di Albert Camus in Francia. Attualmente vive in Puglia. Fondatore con Marianna Montaruli e direttore della rivista TRACCE CAHIERS D’ART, curatore editoriale dal 2003 delle Edizioni d’arte Félix Fénéon. Cultore dell’autonomia dell’arte, concepisce l’esercizio della critica secondo le parole di O. Wilde come “il registro di un’anima”, decidendo di convertire questa sua passione in impegno attivo soprattutto sul versante pubblicistico-editoriale della comunicazione intorno all’arte ed alla storia dell'arte. Edizionidartefelixfeneon.blogspot.it