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Arte e Design
August 14, 2013
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August 14, 2013
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Quell’Italia ingabbiata nella storia

Sharon CohenbySharon Cohen
La nuova architettura realizzata da Fuksas nel centro di Roma

La nuova architettura realizzata da Fuksas nel centro di Roma

Time: 4 mins read

Nel centro di Roma, nel cuore della capitale, da poco è stato concluso il cantiere di ristrutturazione dell’edifico ex Unione militare, firmato dall'architetto Massimiliano Fuksas. La ristrutturazione prevedeva la conservazione delle facciate e la demolizione completa dell’interno dell’edificio e dei due piani sopraelevati costruiti negli anni Sessanta e dedicati agli impianti.

Ora, al posto di quei piani, sorge una cupola in vetro, di forma amorfa, praticamente la prima architettura moderna nello skyline del centro di roma. Come era già successo con l’Ara Pacis realizzata dall’architetto americano Richard Meier che molti – compreso l'ex sindaco Alemanno – proposero di spostare verso la periferia, anche contro questa nuova struttura sono sorti diversi comitati cittadini e molti opinionisti hanno alzato la voce per protestare contro l'oltraggio di un'architettura moderna nel cuore del centro storico, tra palazzi e monumenti antichi.

È fuori di dubbio il valore delle opere dei grandi artisti del Rinascimento e del Barocco Italiani. Alberti, Michelangelo, Bramante, Bernini – e la lista e ancora lunga, anzi infinita – hanno disegnato la città che ogni anno attira turisti da tutto il mondo. Ma pare che l’italia abbia ereditato soltanto le opere e dimenticato quello che avrebbe dovuto essere il regalo storico più grande che questi e tanti altri coraggiosi maestri avrebbero dovuto lasciare: il pensiero.

Questi artisti, oggi classici, nella loro epoca erano visionari, inventori, ricercatori e talvolta addirittura fuori legge per le loro idee. E allora come è possibile che proprio la loro avanguardia sia diventata oggi una gabbia culturale, architettonica e sopratutto di pensiero per un'Italia che glorifica il passato e mortifica il presente e il futuro, un'Italia che impone l'immobilità nei centri storici e, come conseguenza, favorisce un'edilizia selvaggia e senza regole nelle periferie?

Da un qualsiasi punto sopraelevato nel centro di Roma, la vista svela un tessuto urbano complessissimo, fatto di un'infinità di strati che si sovrappongono dai tempi dei romani, attraverso il Medioevo, il Rinascimento e il Barocco, fino ad arrivare al fascismo. Per poi fermarsi: degli anni successivi il centro di Roma non porta quasi alcun segno. E per fortuna, visti gli scempi costruiti altrove durante il boom edilizio iniziato negli anni Sessanta e proseguito nei decenni successivi.

Ma le città dovrebbero essere degli organismi viventi, dinamici, che si evolvono in base alle condizioni sociali, demografiche, economiche e in maniera organica. Questo avviene a Londra, ad Amsterdam e in molte altre città europee e avveniva in realtà anche nell’italia dell’inizio del secolo scorso quando addirittura l'edilizia popolare si sforzava di avere uno stile, dando vita a edifici più che dignitosi tanto da essere oggi considerati di lusso. Quelli erano tempi in cui in Italia si costruiva assecondando l'espansione della città e non, come si fa oggi, progettando a tavolino quartieri ex novo che rispettano il solo parametro delle cubature. Ma oggi, nel paese che è stato culla della civiltà, si è venuta a creare una netta distinzione: da una parte c'è il centro, da conservare, immobile, quasi sacro, dall'altra c'è la periferia-dormitorio, dove dominano l'edilizia selvaggia, la speculazione, senza alcun controllo o senso estetico. E a dimostrazione che la linea di pensiero è ancora questa, arrivano le proposte di spostare gli “sfregi” dell'architettura contemporanea in periferia, dove è tutto permesso. Una concezione che sembra ignorare il fatto che, tra l’altro, l’architettura dovrebbe scaturire dal contesto e non creare edifici come cattedrali nel deserto.

Come assurda conseguenza della trasformazione dei centri storici in città museo, in nome del rispetto paesaggistico, si sacrifica la qualità della vita dei residenti. Avviene, ad esempio, a pochi metri dal criticato edificio di Fuksas, nella nuova piazza San Silvestro, interamente realizzata in pietra e con panchine di travertino, senza neppure un elemento di ombreggiamento, in una piazza dove d'estate la temperatura arriva a superare i 40 gradi. Un altro esempio è la mancanza di pensiline (che deturperebbero il paesaggio) alle fermate dell’autobus nel centro di Roma, dove non solo si è costretti a lunghe attese (e il discordo dell'inefficienza dei mezzi pubblici romani meriterebbe un articolo a sé), ma si è esposti al sole cocente o alla pioggia torrenziale.

Ma le nuove architetture nel centro possono e devono diventare un segno del rilancio non solo della città, ma del pensiero, per poi arrivare fino alla periferia. E magari, con il tempo, si potrà ricucire questo netto taglio creato dall’incapacità di governare il territorio senza perderne il controllo. E si potrà forse riconoscere che il periodo storico che viviamo è altrettanto valido di ogni periodo che lo ha preceduto e, anzi, può essere capace di produrre opere di qualità e potenzialmente in grado di far arrivare il pensiero più lontano che mai grazie a concetti ormai acquisiti come i diritti umani e l'uguaglianza tra cittadini.

Credo che se gli artisti che ci hanno lasciato la preziosa eredità che ha reso famoso e unico questo paese avessero saputo che l'Italia sarebbe diventata così pigra nel re-inventarsi e avrebbe cominciato a vivere soltanto di rendita del genio del passato, se Alberti e Bernini avessero saputo che le loro opere sarebbero diventate una gabbia culturale anzicché un'ispirazione verso la ricerca e verso un continuo miglioramento, loro stessi avrebbero bruciato quelle opere prima che arrivassero a creare questa empasse intellettuale.

 

*Sharon Cohen è stato team design leader e project manager per il progetto di ristrutturazione dell’edifico ex Unione militare, firmato dall'architetto Fuksas.

 

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Sharon Cohen

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Tags: architetturacittàdesignMassimiliano FuksasRomaurbanistica
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