All’interno del libro “Professione biscazziere” l’autore Giovanni Bruzzi scrive: “Al mio segno zodiacale Gemelli, tipico simbolo del doppio, che ha permesso la spontanea convivenza del pittore con il biscazziere, dal momento che la creatività artistica produceva dipinti invenduti, mentre il tavolo verde portava quattrini immediati”.
È, in sintesi, la storia della vita del pittore fiorentino Giovanni Bruzzi, detto il Professore al tavolo da gioco, che si trova a New York per una mostra personale che chiude a fine mese, presso la Brenda Taylor Gallery nel Chelsea, a ridosso del parco High Line.
Bruzzi si racconta in questo incontro di fronte ai suoi quadri, ripercorre il periodo degli anni seguenti gli studi a Parigi, le delusioni di un mercato che non lo soddisfava e l’involontario ingresso in un giro vorticoso di gioco d’azzardo da grandi cifre. “Il discorso che riguarda la mia carriera – inizia Bruzzi – è un discorso particolare, in quanto che io non mai assolutamente creduto che l’artista dovesse fare un numero esorbitante di opere e cominciare a venderle per quattro soldi. Questo è un concetto che non mi è mai entrato nella testa, in quanto io che provengo dall’Accademia delle Belle Arti di Firenze, pronipote di Stefano Bruzzi eccetera, nei miei quadri ho sempre messo tanta tecnica e tanta attenzione, ma anche tanto tempo, perché per fare questo tipo di pittura figurativa ci vuole tempo, non c’è niente da fare. Il quadro – spiega – deve sostare, deve seccare, si deve riprendere, per cui il numero finale dei miei dipinti in fondo all’anno era esiguo, se non veniva ricompensato da cifre consistenti”.
Terminata l’Accademia, a metà degli anni Cinquanta il pittore Bruzzi parte per Parigi dove a soli 24 anni si trova ad esporre al Foyer des Artistes, la galleria direttamente sotto il dicastero della Cultura quando ministro era lo scrittore André Margot.
“Avevo raggiunto un traguardo inaspettato, perché in questa galleria vengono presentate solo cinque mostre all’anno”, aggiunge Bruzzi, sottolineando però che non ha tardato ad arrivare la delusione professionale e narra l’episodio dell’incontro – nel 1961 – con il poeta André Breton. “Avevo carta e penna, così a casa sua ho schizzato un ritratto che oggi fa epoca. Nell’occasione mi disse testualmente, con molta chiarezza e anche con molta durezza: tu sei un pittore di ottime qualità e grande tecnica, però qui a Parigi, per mangiare coi tuoi quadri devi aspettare almeno altri 15 anni. A quel punto mi sono un po’ guardato intorno, l’insegnante delle medie non lo volevo fare e, casualmente, perché sono cose che non puoi scegliere, sono entrato nel mondo del gioco d’azzardo clandestino”.
Erano gli anni d’oro del boom economico dei primi anni Sessanta, proseguito fino agli Ottanta. “Io sono stato quasi vent’anni in questo mondo, quindici anni di bische tra Firenze, Montecatini, Chianciano, Forte dei Marmi e per cinque anni ho fatto il bookmaker clandestino agli ippodromi di Roma, Capannelle e Tor di Valle”.
Come riusciva Giovanni Bruzzi a convivere con i personaggi del biscazziere e del pittore, lo spiega lui stesso.
“Lo voglio ribadire, il gioco d’azzardo non ha minimamente inciso sulla mia carriera, perché io sono un doppio, anche di segno zodiacale, sono Gemelli. Ero conosciuto come il Professore nelle bische clandestine e Giovanni Bruzzi nelle gallerie d’arte. Ho sempre trovato la sosta per potermi dedicare alla pittura e alle mostre”.
E una volta immerso nell’ambiente il cui boss si chiamava Renis, il Professore aveva messo in piedi un’impresa molto lucrativa, ma totalmente illegale che gli ha garantito la sicurezza economica per il resto della sua vita.
“La differenza sostanziale è che l’entrata nel mondo del gioco d’azzardo clandestino a 5 stelle mi ha consentito di autogestirmi finanziariamente nella carriera del pittore che in questo momento è la più cara che c’è in Italia.
Ci sono persone – racconta – che bussano allo studio e dico loro no, perché non hanno la possibilità di acquistare i miei quadri. Questo lo dico con orgoglio perché non mi sono mai venduto”. Nei due decenni d’oro del gioco d’azzardo nei molteplici club di Bruzzi e Co. Sono transitati di mano in mano milioni e anche miliardi delle vecchie lire.
“Sono arrivato a questo punto perché ho guadagnato tanti soldi da mantenermi questa indipendenza per tutta la vita. Nei nostri club – ricorda Bruzzi – si faceva giocare fino al doppio dei massimali dei casinò e si rastrellava il massimo della clientela importante che c’era in circolazione: avvocati, imprenditori, notai, primari di ospedali. Va sottolineato che questo che ho fatto nei venti anni, mi ha dato l’etichetta del fuorilegge, perché in Italia oltre ai quattro casinò operanti è proibito gestire roulette o tavolo delle carte”.
Giovanni Bruzzi ha finito di scrivere assieme allo scrittore Lance Lane la sceneggiatura del film sulla sua vita per una grande production americana dal titolo “Una vita d’azzardo” (“A Swindle Life”), una storia a cui si sarebbe detto interessato Robert De Niro.
Sarà, spiega il pittore-biscazziere, il racconto dei venti anni della “Dolce Vita al tavolo verde” che sarà trasferito in pellicola, ma che è già raccontato nel libro “Professione Biscazziere” edito da Alcuna. Giovanni Bruzzi, considerato un pezzo da novanta al gioco delle carte, anticipa che ci sarà un crescendo nel film che traghetterà lo spettatore verso l’apoteosi della scena finale quando, sul tavolo verde ci sarà una vincita iperbolica.
Con lui, al tempo, erano coinvolti nell’impresa del gioco d’azzardo alcuni personaggi divenuti leggendari in Italia e in Europa.
“Nell’impresa abbiamo fatto società con Albert il Marsigliese che è stato il più grande baro di baccarat d’Europa di tutti i tempi e poi c’era il boss di Cosa Nostra Joe Adonis. Ed è per questo che la mia storia è entrata nella leggenda del gioco d’azzardo clandestino”.
Il pittore di “Professione biscazziere” per la produzione americana nella rivisitazione del suo scritto ha dovuto dare risalto a certe cose e ridimensionarne altre.
“Ho constatato che a Hollywood certi particolari interessavano meno ed altri invece di più, anche perché, oltre alla figura di Albert il Marsigliese, c’era pure quella del boss italoamericano Joe Adonis che è stato il successore di Lucky Luciano in Italia, per cui eravamo ai massimi livelli”.
“Ciò che è piaciuto alla produzione americana – sottolinea – è poter ritrarre l’Italia vincente, gaudente. E allora, il fatto di parlare dell’Italia del boom, dove i soldi si spendevano e si spandevano in ogni dove, è quello che interessa all’America che ci dà l’immagine di un periodo gioioso”.
Giovanni Bruzzi non è al battesimo col grande schermo. “Nel 1985 il regista Pupi Avati mi aveva chiamato perché aveva letto il mio primo libro che s’intitolava «Banco di nove» e voleva incontrarmi perché teneva nel cassetto un progetto sul gioco d’azzardo e gli si era accesa la lampadina”.
E per Giovanni Bruzzi è stato come un invito a nozze.
“Ci siamo conosciuti nell’estate di quell’anno e entro la fine gli ho portato l’imbroglio della partita a poker tutto scritto, con tutte le battute di ognuno per il film ‘Regalo di Natale’ con Carlo Delle Piane nella parte del baro e Diego Abatantuono nella parte del pollo che viene pelato. Questo film ha inaugurato il Festival di Venezia nel 1986 e Delle Piane ha vinto il Leone d’Oro”.
E anche per il sequel “La Rivincita di Natale”, è stato Bruzzi ad allestire la sceneggiatura. Per il pittore Giovanni Bruzzi questa è la quarta mostra personale negli Stati Uniti dove ha iniziato personali nel 2004 alla New Vision Gallery del Maryland, poi alla Touchstone Gallery di Washington e ora alla Brenda Taylor Gallery nel Chelsea, la personale numero 120 della sua carriera.
Giovanni Bruzzi nel 2006 ha ricevuto le insegne di Cavaliere per meriti artistici dal presidente Carlo Azeglio Ciampi nella sala del Prefetto al Quirinale dove è appeso un grande dipinto del bisnonno, Stefano Bruzzi.