Dal 31 gennaio al 25 maggio, il New York Historical Society celebra lo sguardo unico di Arlene Gottfried con Picture Stories: Photographs by Arlene Gottfried, una mostra che ripercorre oltre trent’anni di esplorazioni fotografiche attraverso la città di New York. Con la macchina fotografica sempre al collo, Gottfried ha attraversato quartieri e comunità senza filtri né pregiudizi, trovando poesia e verità nei luoghi più disparati: dai cori gospel di Harlem alle piste da ballo dei nightclub di Midtown, dai vicoli sbiaditi del Lower East Side alle spiagge sconfinate di Coney Island.
A nove anni Gottfried si è trasferita a Crown Heights, un quartiere dove la comunità portoricana stava ridefinendo l’atmosfera delle strade. Le lingue si mescolavano, la musica invadeva i marciapiedi, i colori trasformavano le facciate. Ha trovato, dentro il caos, qualcosa di profondamente umano. “Mia madre mi diceva sempre: ‘Arlene—non vagare!’” raccontava la fotografa. “Ma io ho iniziato a farlo, e ho preso una macchina fotografica per dargli un senso”.

Ann Magnusonon Stairwell. Credit: The New York Historical
Era l’unica donna nel suo corso di fotografia al Fashion Institute of Technology, e forse proprio per questo ha sviluppato uno sguardo che cercava di dare spazio a chi spesso rimaneva ai margini. Dopo aver lavorato per un’agenzia pubblicitaria, ha scelto la strada più incerta e più libera: la fotografia freelance. Le sue immagini sono apparse su testate come The New York Times Magazine, Fortune, Life, e The Independent, ma è sempre rimasta fedele a un modo di raccontare personale e non filtrato.
Gottfried fotografava le persone così com’erano, nel mezzo delle loro vite, senza chiedere di aggiustare i vestiti o di cercare la posa giusta. “Arlene aveva un’abilità straordinaria nel vedere oltre la superficie”, afferma Marilyn S. Kushner, curatrice della mostra. “Attraverso le sue fotografie, ci invita a entrare in una New York intima, complessa, stratificata”.
Il percorso espositivo si sviluppa come un racconto visivo in cui ogni scatto apre una finestra su una storia. Un uomo assopito su un marciapiede, un sorriso rubato tra amici, l’intensità estatica di una performance gospel. Le distanze si annullano: chi guarda entra in contatto diretto con i soggetti: ogni immagine è una dichiarazione di vicinanza.
Uno dei legami più profondi che ha intrecciato attraverso la fotografia è stato con un uomo conosciuto come Midnight, affetto da schizofrenia. Gottfried lo ha fotografato per più di vent’anni, documentando la sua vita con un rispetto e una delicatezza rari. L’empatia di Gottfried non si fermava alla fotografia. Nel 1991, durante un incarico, ha incontrato il coro gospel Eternal Light Community Singers e ha iniziato a cantare con loro. Il soprannome che le è stato dato, The Singing Photographer, racconta bene la sua capacità di immergersi nei mondi che fotografava, diventandone parte. Il canto non era un semplice interesse parallelo, ma un modo ulteriore per avvicinarsi, per capire dall’interno l’energia e la spiritualità di chi ritraeva.

Eternal Light Choir Performing Credit: The New York Historical
La mostra al New York Historical Society nasce dalla recente acquisizione di quasi 300 fotografie dell’artista, resa possibile grazie al sostegno della fiduciaria Sally Klingenstein Martell. “Il lavoro di Arlene è una testimonianza preziosa di una New York che sta svanendo,” commenta Martell. “Ogni sua immagine è un pezzo di memoria che merita di essere custodito”.
Tra le immagini esposte, spiccano scatti iconici come Men’s Room at Disco (1978), che racconta la libertà sfrenata della vita notturna newyorkese, e Eternal Light Choir Performing (1980), in cui la gioia e l’intensità della musica gospel sembrano quasi uscire dalla stampa.
La famiglia di Arlene ha svolto un ruolo fondamentale nella preservazione e diffusione del suo lavoro. Dara Gottfried, cognata della fotografa, ha detto: “Arlene raccontava la vita di chi la circondava, ma in fondo raccontava anche la sua. Prima di morire, mi ha affidato la responsabilità di gestire il suo lavoro e di farlo conoscere al mondo. Non c’è modo migliore per onorare il suo desiderio che vedere la sua arte esposta al New York Historical e preservata nella sua biblioteca, dove potrà continuare a ispirare e risuonare con le generazioni future”.