La scelta del bel quadro Il Giocoliere di Antonio Donghi, suggerisce qualcosa di inerente all’arte del circo, senza esaurire il mistero nascosto dietro all’installazione multimediale Through the Frame – When the Journey Begins, in mostra e in scena dal 17 gennaio al 3 febbraio all’Istituto Italiano di Cultura di New York. L’evento si deve alla versatilità del coreografo-regista-costumista Marco Pelle e del fratello Federico
(compositore), ma non sarebbe mai nato senza il quesito posto agli autori da Fabio Finotti, che dell’Istituto è dal 2021 il colto Direttore. Può un dipinto, anzi un ritratto uscire dalla sua cornice?
“Through the Frame” spiega Pelle “è un progetto che mi sta profondamente a cuore per vari motivi, ma soprattutto perché rappresenta l’apice di una collaborazione, quella con Fabio Finotti, il direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di NY, iniziata nel 2021.
“Da AbunDance (2021), a Statuesque (2022) ad oggi con Through The Frame (2024), quella che era iniziata come una semplice progettualità, è diventata una collaborazione artistica importante, culminata proprio in questo progetto. Dico sempre che Fabio è il mio potenziatore artistico. Ed è vero. Ma Fabio è anche molto di più. Dalla famosa domanda che mi fece nel 2023, “Si può portare un quadro oltre alla cornice?”, al disegnare il percorso visivo di TtF, al creare assieme gli sketch che aprono tutti i quadri/video della mostra, scene ironiche e al tempo stesso acute, ideate come un confronto tra me e lui rispetto ai temi narrati dal dipinto stesso, Fabio è stato parte integrante di Through The Frame. Abbiamo camminato assieme oltre la cornice, per usare proprio il titolo di questo nostro progetto, in quello che si può definire un sentire comune, di quattro anime creative, la sua, la mia, quella di mio fratello Federico alle musiche e quella di Ernesto Galan alla fotografia”.

Rovesciando il paradigma di Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò, il coreografo Pelle ha sfidato Lewis Carroll, autore del celebre testo citato, facendo in modo che non sia più la vita ad entrare nella cornice dell’immaginario, bensì il suo contrario. Lo ha fatto grazie all’intelligenza artificiale, ma soprattutto alla danza, alla sua energia, alla sua essenza, epitome del “qui e ora”. Preferendo tre star del balletto come Mara Galeazzi ex étoile del Royal Ballet, Luigi Crispino (American Ballet Theatre) e Graceanne Pierce, étoile free lance, anche a Broadway ai pur effervescenti danzatori del New York Ballet Theatre, – piccola ma combattiva compagnia di repertorio accademico – di cui circa dieci anni dopo il suo trentennale insediamento nella Grande Mela è diventato coreografo residente, Pelle ha voluto esaltare l’eccezionalità dell’evento incontrando pure i desideri del direttore Finotti. L’Istituto Italiano di Cultura di New York punta sempre – del resto è la sua missione – a rappresentare il Bel Paese. Fabio Finotti vi aggiunge e lo dimostra in Through the Frame – When the Journey Begins, a cui ha concretamente partecipato, “l’Italia come tradizione che si rinnova, passato che si trasforma in futuro, bellezza in perenne metamorfosi”.
Più che suggestive le trasformazioni che avvengono in questa multimediale installazione, e del tutto inattese, come la scelta dei sei quadri appartenenti, in parte, al realismo magico. Il giocoliere del già citato Donghi (1936); Donna con veste azzurra di Bruno Croatto (1932); due quadri di Felice Casorati: Per sé e per suo ciel concepe e figlia (Dante, Purgatorio 28) e l’inquietante Silvana Cenni (1922) sono parte di quella corrente pittorica estesasi in Italia dagli anni ’20 e ’40 del XX secolo, debitrice alla prima Metafisica di Giorgio De Chirico e ai modelli aulici del passato.

Invece Hygieya di Gustav Klimt (1897-’98), frammento di Medicine distrutto nel 1945, è capolavoro dell’Art Nouveau e Alice di Arthur Rackham arricchisce le tante illustrazioni create per i libri di Lewis Carroll (1907). La danza di Mara Galeazzi, espressiva interprete dei ritratti femminili, ad eccezione di Alice, affidata alla Pierce, ma anche quella di Crispino, un giocoliere un po’ “alla Moulin Rouge”, avviene dentro gli spazi eleganti e in legno dell’Istituto Italiano di Cultura. Si tratta però di uno spazio- non spazio. Subito i ritratti lasciano trapelare quella che per il coreografo sarebbe la loro essenza- complice la musica del fratello compositore. Federico Pelle vive infatti in Italia: esperto in elettroacustica e produzione del suono nel cinema, ricopre cariche didattiche al Conservatorio di Castelfranco Veneto e a quello intitolato a Claudio Abbado di Milano. Il suo saliscendi sonoro non ha bisogno di particolari spiegazioni: Federico interpreta, da sempre, quando ne è coinvolto, i pensieri di Marco con impressionante precisione.
Perciò ecco la fiamma di Hygieya, la divinità greca dell’igiene, della pulizia del corpo, della sanità: Mara, tutta in rosso, si spoglia del suo bagliore, dei suoi amuleti simbolici con svelta destrezza e sempre guardando negli occhi l’ipotetico spettatore. Molto lento e sensuale è il movimento della Donna con veste azzurra che apre e chiude il suo largo manto Tiffany come fosse la Duse.
Alice della graziosissima Graceanne zampetta, corre, vola; trasforma il suo bianco e nero nel colore di cieli, festoni e giostre virtuali per poi ritornare quasi a malincuore e con pudore nel quadro che la contiene. Virtuoso è Il giocoliere di Crispino con il suo cappello e la pipa un po’ Magritte e la musica galoppa come il danzatore, mentre si cheta in Per sé e per suo ciel concepe e figlia tratto dal Purgatorio dantesco, lungo le sponde del fiume Lete, laddove Dante incontra Matelda, la custode del Paradiso terrestre; una creatura dalla bellezza assoluta, sia nell’aspetto sia nei gesti puri, che simboleggiano la condizione umana prima del peccato originale. Qui, la pittura di Casorati prende spunto dal sogno e dalla tradizione figurativa della classicità rinascimentale italiana del ‘300/’400 e Pelle gioca con le tonalità del blu espanso e con quel grappolo rosato che la materna figura tiene tra le braccia quasi fosse un figlioletto dalla luminosità rosata ad intermittenza.

Casorati s’addice a Marco Pelle e a Mara Galeazzi: raggiungono la piena originalità nel ritratto di Silvana Cenni. Figura seduta, rigida, dagli occhi abbassati e quasi chiusi: se pare una defunta, i due artisti ne fanno un elogio alla furia eversiva e folle. Silvana/Mara si libera del suo abito composto, si divincola, si alza, si scompone e poi rientra nell’armatura tanto somigliante a una camicia di forza della sua “non vita”. Difficile comprendere tutto questo? Tra il serio e il faceto Pelle e Fenotti intavolano prima di ogni apertura di cornice un dialogo introduttivo, paradossale, filosofico, scherzoso tra vetri, specchi, squarci di natura e partite a scacchi.
Potremmo concludere rivelando un segreto: in ognuno dei tre interpreti di Through the Frame – When the Journey Begins si nasconde l’autobiografia del coreografo. Galeazzi è la sua Italia vincente e nel ballo, virtuosa. Crispini, “con il suo grande talento” è il ricordo della giovinezza, quando Marco Pelle giunse a New York senza un soldo e un lavoro e infine Graceanne Pierce è l’omaggio al Paese che l’ha accolto e lo ha fatto diventare ciò che è ora: un artista conosciuto nel mondo, che a Milano ha fatto danzare non solo Bolle e i fuoriclasse del Balletto della Scala ma gli allievi-economisti dell’Università Bocconi, dove insegna, al suono del battito del loro cuore. Il progetto eticamente importante e inclusivo (s’intitola “Di tutto cuore”) per il quale ha già messo a confronto il battito di un cuore israeliano e di un cuore mussulmano. Risultato? Identico: se c’è chi non ci crede, vada da Pelle a ballare.
Venerdì 17 febbraio Through the Frame sarà inaugurata alla presenza di Fabio Finotti, Marco Pelle, Ernesto Galan (direttore della fotografia), Luigi Crispino, Graceanne Pierce e Federico Pelle, quest’ultimo in collegamento dall’Italia.