Il sequel del successo Pixar del 2015, vincitore dell’Oscar come miglior film d’animazione nel 2016, si concentra su uno dei momenti di trasformazione più difficili della nostra vita: capire chi si vuole diventare nel delicato passaggio dall’infanzia all’adolescenza.
Inside Out 2, uscito negli Stati Uniti il 14 giugno, ha esordito con 155 milioni di dollari al botteghino e si prepara a sbancare anche quello italiano, a partire da oggi. Il nuovo capitolo riprende da dove Inside Out si era interrotto. Riley ha 13 anni e si è ambientata nella nuova vita in Minnesota con la sua famiglia. Ha stretto nuove amicizie e brilla come una stella nascente nell’hockey sul ghiaccio. Quella che fino a pochi attimi prima era una vita perfetta, fatta solo di compiti a casa e lunghe chiacchierate con le amiche, a cui si alternavano sessioni di lettura spensierate e partite ai videogiochi, viene stravolta in un lampo.
“Molti film esplorano le prime esperienze amorose degli adolescenti”, spiega il regista statunitense Kelsey Mann a Roma insieme al produttore Mark Nielsen per presentare il film in anteprima nazionale. “Io al contrario desideravo creare qualcosa di unico, focalizzandomi sulla crescita della protagonista che impara ad amare sé stessa”.

Al comando della console high-tech nella mente di Riley ritroviamo la radiosa Gioia, la testa calda Rabbia, l’insicura Paura, il raffinato Disgusto e la melanconica Tristezza. Una squadra ormai collaudata di emozioni personificate che aiutano la protagonista a gestire ogni situazione in modo impeccabile.
Tuttavia, la squadra non può prevedere il terremoto imminente. Nel cervello di Riley scatta un allarme che annuncia l’arrivo della pubertà, carica di aspettative, brufoli e un profondo senso di disorientamento. È in questo contesto che si manifesta l’emozione che, più di ogni altra, modella le nostre vite: l’Ansia. Questo tema, esplorato da grandi registi come Alfred Hitchcock, Ken Loach e i fratelli Coen, trova finalmente una rappresentazione visiva nel mondo dell’animazione, con l’Ansia ritratta come una presenza imponente, pronta a divorare ogni nostra convinzione. Al suo seguito, si affacciano Noia, Invidia e Imbarazzo, come ombre che oscurano l’animo.
La storia prende vita quando Riley viene scelta per un camp di hockey destinato alle future promesse. Qui, affronta le prime scelte tra lealtà e opportunismo. Ansia prende il sopravvento, e quando le vecchie emozioni mettono in discussione i suoi metodi dittatoriali vengono imbottigliate, diventando così “emozioni represse”, e cacciate dal quartier generale, insieme al senso di sé precedentemente stabilito di Riley.

“Parlare con leggerezza ma anche con intelligenza dell’ansia, della salute mentale e della consapevolezza di sé è fondamentale,” ha aggiunto Mann. Trasmettere messaggi su emozioni così intense e universali è stata una sfida importante, soprattutto perché interessa un pubblico vasto e variegato composto da bambini, adolescenti e genitori. Mentre noi da piccoli immaginavamo un angioletto e un diavoletto sulle nostre spalle, oggi i bambini hanno una gamma completa di emozioni da Inside Out che li aiuta a gestire il loro mondo interiore”.
Tra le chicche narrative del secondo capitolo spiccano Noia, sempre assorta nel telefono senza mai alzare lo sguardo, Imbarazzo, che si manifesta come una gigantesca macchia rosa luminosa, e il baratro del sarcasmo, quel lato sprezzante che emerge in ognuno di noi come risposta alle frustrazioni più profonde.
Nonostante alcuni passaggi eccessivamente metaforici e scene forse superflue, come quella in cui Gioia e gli altri interagiscono con i ricordi dei vecchi personaggi nel profondo della mente di Riley, il secondo capitolo continua la sua ricerca sul tema del libero arbitrio e di come le forze interne influenzano il comportamento umano. Se da un lato riesce a rendere accessibili concetti complessi come le emozioni e il loro impatto sulle scelte umane, dall’atro c’è il rischio di semplificare eccessivamente la complessità dell’esistenza umana, riducendo profonde questioni esistenziali a banali processi mentali.
In risposta a queste critiche, Mann suggerisce invece di alleviare il peso delle nostre preoccupazioni e di lasciar andare ciò che non possiamo controllare. “Non pretendiamo di dare le risposte definitive. La morale del film è che tutti abbiamo una parte luminosa e una oscura, e che la vera sfida è accettare entrambe. Perché noi siamo esattamente questo: un mix di lato chiaro e oscuro, con cui ci mostriamo al mondo.”