Il teatro non si stancava di applaudire. Persino quelli che di solito scappano per acchiappare il taxi prima che spariscano, quelli che sull’ultima nota sono già in piedi, quelli che all’opera ci vanno più per società che per musica, persino tutti loro si sono fermati ad applaudire. E quando lei è uscita, questa Mimì italiana che pronuncia bene le parole, che è in sintonia con il compositore e la sua musica, perché viene dalle stesse radici, che interpreta fragilità e passione della ricamatrice parigina, quando è uscita il teatro l’ha incoronata. Lei, Eleonora Buratto, il giovane soprano tornata al Met per interpretare la Bohème era stordita
“Quando finisci di cantare un ruolo del genere e sei rimasto dentro al personaggio fino in fondo ci metti un po’ ad uscire, ed io ero morta… diciamo quindi che mi dovevo riavere …”
Ride, ha una bellissima risata cristallina, sincera, occhi che sorridono. La incontro alla Casa Italiana Zerilli Marimò in occasione della presentazione organizzata da Fred Plotkin, ho avuto il privilegio di vederla alla prima de La Bohème il 21 aprile, sulla scena creata da Zeffirelli nel 1981 e ancora stupefacente per grandiosità e bellezza.

Come è stato cantare al Met?
Favoloso, l’acustica è eccezionale, anzi, se devo essere sincera, migliore di quella de La Scala. Lo so che non si può dire, ma di sicuro l’acustica del Met è fantastica
E questa Mimì?
Devo dire che è stata una delle mie migliori. Io sono molto autocritica, non mi faccio sconti, capita spesso che qualcuno mi dica che gli è piaciuta una mia interpretazione di cui io per qualche motivo non sono soddisfatta. A volte non dipende solo da me, ma da una non collaborazione con il direttore di orchestra o altro. E invece l’altra sera c’era una congiunzione astrale incredibile, riuscivo a fare con la voce tutto quello che stavo pensando di fare e quindi mi sono sentita veramente, a mio modo, potente.

Eleonora Buratto è potente, senza arie da diva. Nata in un ospedale di Mantova, ci tiene a precisare, è cresciuta a Sustinente un piccolo paese della bassa nebbiosa padana. Ancora vive da quelle parti, ancora, quando viaggia, si porta dietro il libro di ricette della mamma e della zia. “La sbrisolona è tutta questione di sapere lavorare la pasta con le mani” spiega al pubblico divertito della Casa Italiana mentre mostra il giusto movimento dei palmi. La ascoltiamo in registrazioni di qualche anno fa: qui la registrazione appiattisce il suono, dice di una, qui la mia voce non era del tutto matura, dice pressapoco di un’altra. Molto critica, ma molto divertita, dal ruolo di star in cui il destino l’ha catapultata. Perché Eleonora Buratto da ragazzina pensava di fare la cantante rock ed era in un gruppo.
Quando è arrivata la vocazione della lirica?
Avevo 20 anni, frequentavo il conservatorio e cantavo in un gruppo rock, per due anni ho tenuto un piede in due scarpe, finché ho dovuto scegliere perché ero bloccata da entrambe le parti. Ho capito che la mia strada era la lirica, che nel rock non avrei lasciato il segno, ma devo ammettere che ho scelto a malincuore perché ancora oggi, quando sto sotto la doccia, o quando guido la macchina, canto pop e rock, però ormai lo faccio con l’impostazione lirica…
Che significa che nel rock non avresti lasciato il segno?
Non voglio peccare di presunzione però ho capito che nella mia natura avrei potuto dare molto di più a livello artistico nell’opera rispetto alla musica pop perché la lirica la studiavo mentre tutto quello che avevo fatto con il pop e il rock era naturale, non ero mai andata a lezione di canto, facevo quello che mi veniva, forse se avessi trovato un insegnante di pop le cose sarebbero andate in modo diverso, chissà.
Quando hai capito che saresti stata una brava cantante lirica?
Non l’ho mica capito subito, ci ho messo un po’, anzi, e non lo dico in modo offensivo, ma quando mi sono iscritta al conservatorio pensavo di imparare un mestiere, per andare a fare la corista in Arena, lavorare cantando, ma non lo dico per sminuire chi lo fa, io ci credevo veramente tanto. Poi hanno cominciato a dirmi: puoi cantare, almeno provaci. E io ho detto: si, ci provo, ma era un mondo totalmente sconosciuto e l’ho scoperto lentamente, di anno in anno, esperienza dopo esperienza. Anzi, facevo anche l’università e ho lasciato farmacia al terzo anno. Mi sono detta: gli esami rimangono validi per 9 anni, ho tempo per capire se ritornare al vecchio corso o continuare su questa strada.
Poi l’incontro con Pavarotti: è stato decisivo?
Assolutamente sì, lì c’è stato un bel click nella mia testa perché trovarmi di fronte una persona di quella levatura artistica che fin dal primo momento ha creduto in me, lì veramente… ti dirò, quando riascolto le mie registrazioni giovanili mi dico: devo veramente ringraziare queste persone che hanno creduto in me, chissà cosa avevano visto! Perché a me quelle registrazioni non piacciono, però c’era evidentemente un quid, ma molto acerbo, hanno avuto una lungimiranza incredibile. E’ una cosa che devo acquisire visto che in futuro vorrei diventare un’insegnante.
C’è ancora molto tempo e molto canto prima di questo futuro…
Ma va costruito adesso!

Repliche de La Bohème al Met con Eleonora Buratto: 28 Aprile, 2,6,11,14,17,20 Maggio