Una piccola mostra alla Morgan Library, divertente e inusuale: siamo nel ‘700, a Parigi, e i soggetti dei disegni e dei quadri non sono nobili o regnanti, santi e madonne, ma poveri cristi che si arrabattano, litigano e ridono, maschere teatrali, satiri e soldati, gente comune che in quei giorni popolava la capitale, si godeva la vita fra teatri e concerti, ignorando le stranezze di un re arroccato con la corte fra gli specchi di Versailles. L’autore è Claude Gillot, (1673–1722) artista ‘eretico’ che non frequentava l’Accademia e disegnava tappezzerie, costumi di scena, baccanali in cui la vita reale si confondeva con l’immaginazione in una satira della società del tempo che avrebbe anticipato l’età della ragione, l’illuminismo. Finora considerato non abbastanza importante da dedicargli una mostra, ha trovato nella curatrice Jennifer Tonkovich la sua paladina e la mostra “Satire in the Age of Reason”, 70 opere fra stampe, disegni e olii, rimarrà ala Morgan fino al 28 maggio.
“Ho scritto la mia tesi su Gillot – ci ha spiegato – quindi era da tempo nel mio cuore, ma vedevo che non suscitava interesse, quando però alla Morgan è arrivato Colin B. Bailey come direttore nel 2015 mi ha subito chiesto: come mai non hai ancora fatto una mostra su Gillot? Ha capito l’importanza di questo artista, sullo sfondo di una Parigi in grande cambiamento, fra il 1700 e il 1720, che ha poi determinato il resto del secolo in Francia. Con il suo sostegno abbiamo cominciato a lavorare, è arrivata la pandemia, abbiamo aspettato ed ora presentiamo la rassegna prima alla Morgan Library poi al Louvre a novembre. Per 300 anni non se ne è occupato quasi nessuno e ora nello stesso anno due mostre e due cataloghi dedicati a Gillot!”

Era l’inizio del secolo che avrebbe portato alla rivoluzione, Luigi XIV viveva gli ultimi 15 anni del suo lungo regno circondato dai suoi ammiratori devoti lontano dai problemi del paese. A Parigi nasceva una nuova classe di commercianti, si aprivano negozi, i teatri erano pieni, le maschere della commedia dell’arte, Arlecchino e Scaramouche, avevano grande successo. Gillot racconta tutto questo, scene di strada, scene di teatro, invenzioni satiriche, con grande umorismo e demistificazione.

Passato alla storia principalmente come insegnante del più famoso Antoine Watteau e Nicolas Lancret, Gillot trova alla Morgan una riabilitazione che ha il suo culmine nel grande dipinto al centro della sala. Rappresenta due carrozze ferme in posizione frontale in una strada piccola: una deve cedere spazio all’altra, ma le dame all’interno non intendono retrocedere perché di pari lignaggio, i cocchieri litigano in modo acceso. Il dipinto racconta un episodio realmente accaduto, ma non il fatto reale, avvenuto anni prima, ma la sua rappresentazione teatrale. Il pavimento della scena infatti non è selciato, ma travi di legno e la scena è tratta da “La foire Saint-German,” una commedia in tre atti di François Regnard e Charles Rivière Dufresny allestita per la prima volta nel 1695 poi replicata per anni. Tanto da attrarre l’attenzione di Gillot che pone al posto dei cocchieri Arlecchino e Scaramouche.
“Il ruolo di Gillot è quello dell’innovatore – spiega ancora Tonkovich – ricco di idee nuove, con una mente fertile, fuori dai dogmi accademici, usa l’umorismo, lo slapstick. L’idea che accomuna le opere esposte è il divertimento, qualcosa cui non siamo preparati perché consideriamo l’arte una cosa seria, invece quello che dipingeva Gillot diventerà comune nelle generazioni successive. E’ all’avanguardia con una sensibilità decisamente moderna.”