Chi ancora non conoscesse la poetica dei Peeping Tom di Gabriela Carrizo e Franck Chartier, – gli autori di Diptych, voluta diminutio di Triptych, – avrà modo di rimediare grazie ai molti appuntamenti riservati dal Bel Paese a questo gruppo belga di danza contemporanea tra i più amati e richiesti nel mondo. La loro originale ricerca, messa a fuoco a partire dal 2000 dopo la comune formazione chez Alain Platel, il guru belga dei Ballets C. de la B., converge sempre nella creazione di universi narrativi spiazzanti, paesaggi umani instabili che sconfiggono la logica di causa-effetto e spazio-tempo mentre trionfa un iperrealismo trasfigurato e onirico.

Gabriela e Franck amano i trittici, come Triptych, una compatta rielaborazione di tre distinti e brevi lavori (The Missing Door, The Lost Room, The Hidden Floor), creati tra il 2013 e il 2017, per e con il Nederlands Dans Theatre 1, prestigiosa compagnia olandese di cui il coreografo Kiří Kylián fu insigne direttore. Per maggiore agilità e adattamento alle tournée, Diptych omette The Hidden Floor . Idealmente siamo su di una nave traballante come la danza talvolta sovraeccitata, talaltra rigida di otto eccezionali interpreti sempre guardinghi, pronti a spiare dagli oblò (Peeping Tom in inglese sta per “guardone”) e riconoscibili dai costumi quotidiani che indossano. Gli ambienti invece cambiano, e sono pieni di oggetti: lampade, tavoli, letti, sedie e poltrone. Il loro mutare a vista è parte della performance. La porta mancante (The Missing Door) è una stanza di passaggio, tutta rivestita di usci grigiastri che restano chiusi nonostante vengano forzati, oppure sbattono con gran fragore. La stanza perduta (The Lost Room),una sorta di cabina-letto, è rivestita solo di armadi: una volta aperti mostrano vestiti ma anche uomini e donne ammassati come dentro ad un rifugio.
Non si approda al Pavimento Nascosto (The Hidden Floor) di Triptych : su quest’accogliente cabina-ristorante si abbatte un fragoroso temporale e il palcoscenico viene invaso dall’acqua che distrugge ogni cosa e atterra gli interpreti. Diptych come Triptych finisce “male” anche se la nave non sta per affondare: lo anticipa il sangue sulla camicia di un protagonista morto e poi vivo; la verticalità iniziale dei corpi che si spappola a terra già in The Lost Room. Tuttavia, la narrazione, come pensiero e atto, non ha vera fine perché non è mai davvero cominciata; è orfana dalla sua nascita: è stata volutamente abbandonata dai suoi autori ed è alla deriva e sempre errante.

Ovvero: per quanto i due spazi/contesti di Diptych sfoderino altrettanti mood, essi cedono subito allo spettatore la chance di imbastire ipotesi su ciò a cui assiste. Come? Marcando l’impossibilità per ogni loro segno espressivo, o gesto, di offrirsi in scena nella sua unità di significato e significante. L’iperrealismo dei Peeping Tom, premiato con una seconda nomination al londinese “Oliver Award” per Triptych, “miglior produzione dell’anno” (il 2 aprile il possibile premio, identico all’Award già ottenuto nel 2015 per 32 rue Vandenbranden) lascia dietro di sé una scia di enigmi umanistici, di quesiti sul futuro del pianeta che abbiamo in parte già fiaccato, ma anche aliti di misterioso desiderio e profumi di un nonsense aperto a ogni fantasticheria.
Tournée italiana: Teatro Fraschini, Pavia 15 marzo; Comunale di Vicenza 18 marzo; Teatro delle Muse, Ancona (22-23 marzo);Triennale Teatro, Milano(5-6 maggio), Teatro Ponchielli, Cremona( 9 maggio).
Discussion about this post