Si parla di disegno, frottage, intaglio, riciclo, vetrate, conversazioni agli intarsi e alle lavagne. Sullo schermo scorrono immagini di opere, le più diverse, per materiali, genere, colori, forme. Siamo al Rizzoli Bookstore e Laura Mattioli, la fondatrice di Cima, conversa con Andrea Mastrovito, artista eclettico, autore di To Draw is to know, e già suo studente all’Accademia d’Arte di Bergamo.
Mastrovito viene da lì, “una città con un’etica del lavoro pazzesca – ci dice Mattioli – non ho mai visto tanti artigiani lavorare così tanto”. E Mastrovito dice che quella città gli manca, gli manca vivere circondato dalla bellezza di Bergamo alta – sono cresciuto fra le opere di Lorenzo Lotto e Tiepolo – gli mancano i suoi amici artigiani, dal vetraio che lavora di fronte al suo studio e tutti gli altri che lo circondano, ma New York è un’altra cosa. New York è la città dove, checché ne dicano i detrattori, succede tutto, dice, dove l’arte accade e ci devi essere per imparare, crescere e ripartire. Andrea Mastrovito ci è arrivato nel 2008 con una borsa di studio del Ministero degli Esteri e ci è rimasto. E nel frattempo è diventato un’artista di fama internazionale che fa opere incredibili, le più diverse fra loro. L’ultima è questo libro, To Draw is to know, edito da Magonza – “quando vado a trovarli ad Arezzo rimango incantato per la cura che mettono nel loro lavoro” confida – con il titolo scritto in uno stampato grande e colorato a mano. Di colori diversi perché ogni libro sia unico. E perché il tratto di una matita sulla carta è la base di tutto.

“Io disegno e cerco di stare in equilibrio sulla linea del disegno – ci dice – il disegno può prendere tutte le forme che vuole può essere performance, un film, un quadro, tutto, io utilizzo il disegno come metodo di studio del reale” Già durante la presentazione del libro aveva spiegato come tutto nasca dal tratto della mano. Come il punto di contatto fra il piano del pensiero e quello della realtà corrisponda sempre alla punta di una matita, come l’essere umano arrivi al pensiero attraverso il disegno, che permette la conoscenza del mondo e di se stessi.
Il disegno lo hai studiato in Accademia?
“Non abbiamo mai fatto una lezione di disegno. Ho avuto dei grandissimi maestri, artisti straordinari Marco Cingolani, Stefano Arienti, Alessandro Pessoli, mi hanno insegnato a utilizzare qualsiasi cosa e farla diventare arte. Da allora ho cominciato ad abbinare alla pittura il disegno, l’incisione, la performance, l’installazione e il video, lasciando libera la mente di associare lavorando con qualsiasi materiale.”

Una delle ultime sue creazioni è un film animato realizzato con 35.000 disegni. Un Nosferatu che si muove fra le strade di New York, libero adattamento del capolavoro di Friedrich Wilhelm Murnau del 1922 che si intitola propriamente NYsferatu.
“Ho fatto questo film fra il 2014 e il 2017, ho fermato tutti i lavori per realizzarlo, pensavo mi avrebbe dato maggiore risonanza qui in America, invece mi ha fatto lavorare di più ovunque nel mondo, ma non qui. La mia attenzione allora si è spostata, poi è arrivata la pandemia, siamo tornati in Italia un anno, e quando siamo tornati qua la città non era più quella di prima, noi eravamo diversi, gli amici non c’erano, tutti via, sia americani che italiani, è stato difficile. Ora dobbiamo tornare in sintonia con New York e spero che questo libro sia una buona occasione per iniziare.”

New York però ha significato tanto…
New York mi ha insegnato cose che non avrei mai capito, stare qui significa avere una visione su quello che è l’arte oggi perché tutto succede qua, non c’è niente da fare, potranno dire che Shangai è più figa, che Buenos Aires questo, Los Angeles quello, la realtà è che bisogna stare qui. Per esempio l’assemblaggio di quello che trovi per strada l’ho imparato qui, ce l’avevo già in mente, ma l’ho cominciato qui, quando all’inizio non avevo niente e ho trovato una sedia e un tavolino per strada e li ho presi: a Bergamo non lo avrei mai fatto. Questa città mi ha insegnato tantissimo, il mio lavoro è cambiato da quando sono qui, e poi sono arrivato che avevo 30 anni ne ho 45 se fossi rimasto lo stesso non sarei cresciuto. Qui è tutto molto faticoso, ma ogni volta che vedo una mostra, che vado da Strand, vengo in Rizzoli, vado a trovare un amico qua, sempre qualcosa mi colpisce, mi fa venire una idea: anche una pallonata sul muro che mi ha portato a creare una performance con i bambini e le pallonate.
