In Italia la pubblica Sellerio, in traduzione, in America fra gli altri Bitter Lemon Press e St.Martin’s Press, eppure lei è italiana, ma scrive da sempre in inglese. E con successo. Ben Pastor, ‘nom de plume’ di Maria Verbena Volpi è famosa per le sue serie di gialli storici ambientati nel dopo guerra fra Germania, Polonia e Ucraina o nella Roma antica. Nata a Roma, laureata in archeologia, si è poi trasferita negli Stati Uniti dove ha vissuto trent’anni insegnando scienze sociali nelle università dell’Ohio, Texas, Illinois e Vermont. Sposata con un ufficiale americano di origine basca ne ha assunto il cognome, Pastor, Ben invece è il diminutivo di Verbena che in America nessuno riusciva a pronunciare. Ha cominciato a pubblicare nel 2000, Lumen, il primo della serie che ha come protagonista Bora, “l’uomo giusto nell’uniforme sbagliata, eroico, ironico, erotico” lo definisce la stessa autrice. Ufficiale della Wehrmacht, Bora è liberamente ispirato alla figura di Claus von Stauffenberg, autore del fallito attentato a Hitler. Raccontare la storia per Ben Pastor è importante, fa parte della sua vicenda familiare, con i nonni ebrei convertiti per sfuggire alle leggi razziali, e quei giorni ricordati a casa da genitori e familiari.
Dopo Lumen Ben Pastor non si è più fermata, ha scritto Luna bugiarda, Kaputt Mundi, La canzone del cavaliere, Il morto in piazza, La Morte, il Diavolo e Martin Bora, La Venere di Salò, Il Signore delle cento ossa, Il cielo di stagno, La strada per Itaca, e altri, ha vinto numerosi premi fra cui il Flaiano nel 2018, e ora vive fra una casa a Rovescala, nell’Oltrepo e gli Stati Uniti dove torna appena può.
Nel dodicesimo romanzo della serie, La Venere di Salò, (The Venus of Salò 2005) in Italia appena uscito per i tipi Sellerio, Bora si trova nei pressi di Brescia quando, in una notte di ottobre del 1944 viene prelevato dalla Ghestapo. Bora è un aristocratico, colto, conoscitore e amante dell’arte italiana, dotato di grandi capacità diplomatiche oltre che di acume investigativo. Non è stato mai un nazista, per sensibilità e cultura nulla ha da spartire con le SS, ma è comunque un militare del terzo Reich. Viene da sempre guardato con sospetto dalle gerarchie naziste e lui da sempre teme per la sua vita. In questo episodio della serie pensa che sia veramente arrivata la sua fine, quando la Ghestapo lo preleva e invece viene condotto a Salò, sede della Repubblica Sociale Italiana dove ciò che resta del Fascismo, dopo l’8 settembre, si è costituito in governo italiano alleato della Germania. Qui viene incaricato di recuperare un quadro di Tiziano che era nella villa di proprietà della ricca famiglia Pozzi, villa che un generale del Reich ha requisito e dove vive. La sua ricerca della Venere si mescola con eventi molteplici: azioni partigiane nella Val d’Ossola, tre donne apparentemente suicide ma molto probabilmente assassinate, una breve e intensa relazione con Anna Maria Pozzi, figlia dell’industriale. Ma un agente della Ghestapo che ha sempre avuto dubbi sulla adesione all’ideologia nazista di Bora, ha costruito su di lui un pesante dossier da cui emerge la documentazione di molteplici aiuti che ha prestato a ebrei, oltre a tentativi di contrastare la razzia che Goering ha fatto di innumerevoli opere d’arte in Italia. Arrestato, sottoposto a interrogatori, torturato, Martin Bora non cede.
L’abilità dell’autrice sta nell’aver ricreato una perfetta ricostruzione degli ultimi mesi di guerra in Italia, in un autunno, quello del ’44, che sa tanto di malinconico crepuscolo della Storia del Reich, della creazione dello Stato fantoccio della RSI, nell’aver mescolato con sapienza vero e verosimile, personaggi frutto della sua fantasia ad altri storicamente esistiti, come il generale Graziani e il colonnello Dollmann. Intensa e affascinante l’analisi psicologica di Bora, un uomo consapevole della fine imminente del Terzo Reich, che prova un senso di ripulsa per l’odio, la violenza, la guerra.