Stefano Albertini la presenta come la prima donna italiana a dirigere l’orchestra della Scala di Milano e la prima a dirigere quella del Metropolitan di New York, ma Speranza Scappucci, alla Casa Italiana Zerilli Marimò per una conversazione sulla lirica con Fred Plotkin, non ama soffermarsi sul primato di genere, “si finisce sempre per parlare di questo, parliamo di musica piuttosto” ha detto ad una giornalista in passato. E di musica si è parlato, ascoltando persino diverse interpretazioni di tenori in uno stesso brano diretto da lei in tempi e teatri diversi e commentandole insieme. “Mi fa piacere sentire che a distanza di tanti anni ho mantenuto lo stesso tempo” ha detto sorridendo soddisfatta soffermandosi poi su particolari tecnici.
Soddisfatta di sé Speranza Scappucci deve essere certamente. Al Met è arrivata dopo un lungo percorso: è stata assistente di Muti per 8 anni a Salisburgo, ha diretto la Staatsoper viennese, l’Opera di Roma, e orchestre a Chicago, Glyndebourne e New York, dal 2017 fino allo scorso anno ha diretto la Royal Opéra de Wallonie a Liegi. “Maestra Scappucci” è ora a New York per dirigere il Rigoletto. Il New York Times ha scritto che “ha scolpito la musica con contrasti dinamici e ha dato sostegno ai suoi cantanti con attenzione ai cambiamenti di tempo. …..ha portato a galla un vuoto desolante nei fiati e negli archi che ha sottolineato la futilità delle battaglie di Rigoletto.” Le cronache ci dicono che il suo arrivo sul podio ha scatenato grandi applausi: era il suo debutto al Met, ma a New York è di casa.

“Sono nata a Roma e ho studiato all’Accademia di Santa Cecilia – ha detto al pubblico della Casa Italiana – Mio padre era il responsabile del notiziario pomeridiano di Radio Vaticana e noi dopo la scuola spesso andavamo da lui. A quei tempi l’Accademia di Santa Cecilia era a Via della Conciliazione, davanti a San Pietro, nello stesso palazzo della radio. Sempre lì c’erano i concerti e ne andavo a sentire tantissimi perché mio padre aveva i biglietti scontati e io ne approfittavo. Un giorno ho sentito un famoso pianista ungherese, György Sándor, era stato studente di Bela Bartok e si era trasferito negli Stati Uniti dopo la guerra. Dopo il concerto sono andata a salutarlo, gli ho spiegato che ero una pianista e lui mi ha detto perché non vieni a farmi sentire qualcosa. Emozionata l’indomani ho suonato la 109 di Beethoven che stavo studiando in quel periodo per il mio concerto di diploma e lui mi ha detto: insegno alla Julliard School, vieni a fare la prova, non è facile, ci sono 500 pianisti che concorrono per 20 posti. Sono andata, e la mia vita è cambiata.” L’impatto con la Julliard school è stato difficile e facile al tempo stesso, “avevamo studiato molta armonia e storia della musica all’Accademia e dopo 6 mesi l’insegnante di quel corso mi ha chiesto di farle da assistente, ma tecnicamente non mi sentivo così brava come certi miei colleghi che mi sembravano eccezionali” conclude con modestia aggiungendo che per mantenersi lavorava nella libreria della scuola piegando magliette e solo dopo le è stato affidato l’incarico di responsabilità …di stare alla cassa!
Speranza Scappucci parla di sè con ironia, ma traspare la sua assoluta sicurezza, è sorridente, ma determinata. Ha frequentato la scuola americana a Roma, parla perfettamente l’inglese ma anche il francese e ha perfezionato di recente il tedesco e studiato il russo. “conoscere la lingua del libretto permette di comprendere meglio la drammaturgia.” La passione per la lirica è iniziata da bambina perché il padre la ascoltava a casa, ma è aumentata accompagnando al pianoforte i cantanti per mantenersi agli studi. “L’opera è complessa perché hai a che fare con tanti artisti, tu gli dai la tua visione ma poi è una collaborazione e quindi io posso avere un tempo in testa, ma se il soprano ha una voce più leggera di quello che immaginavo la mia idea finisce lì. La stessa cosa succede con il coro e l’orchestra. Tu crei l’energia, ma senza di loro sei niente.” Quando era giovane Speranza Scappucci con un gruppo da camera andava a suonare negli ospedali e nelle case per anziani ora a chi le chiede qual è il suo sogno risponde che oltre a dirigere le grandi opere le piacerebbe fare un concerto su una grande piazza, di solidarietà, per i migranti e per la pace.
Il Rigoletto diretto da Speranza Scappucci al Metropolitan si replica fino al 29 dicembre.
