Se si sa ben osservare, c’è arte in ogni angolo della Capitale. Anche al di fuori del circuito mainstream, il cuore pulsante di Roma nasconde luoghi inconsueti e affascinanti in cui è possibile scorgere sprazzi di irriverente creatività, capaci di squarciare le trame del reale per aprire nuovi varchi. È in uno di questi spazi, Quintessenza Caffè Gourmet, un locale tappezzato di mattoni rossi a vista in New York style che propone un concept all’insegna della convivialità culturale, che si svela l’universo artistico di Natali Ferrary.
Nella mostra dal titolo evocativo War&Love, l’artista ucraina dal cuore napoletano – come ama definirsi – presenta una serie di quadri animati da un dinamismo parossistico e da un’esplosione di colori e forme ispirati all’Olimpo dei supereroi e alle icone della contemporaneità, con un occhio ai personaggi della Walt Disney, icasticamente ridefinita War Dirty. È con un’ironia sferzante e provocatoria che l’artista esorcizza la guerra e gli altri mali che affliggono il mondo attuale, e con essi le paure inconsce e le debolezze dell’uomo moderno, logorato dalle ambiguità e dalle contraddizioni di una civiltà impietosa e vacua.
Come all’epoca della folgorante genesi fumettistica dei supereroi, personaggi salvifici in un’America appena uscita dalla grande depressione, l’uomo moderno spera di essere salvato dai miti contemporanei – da Superman dalla S spuntata a Wonder Woman, figlia dello psicologo statunitense William Moulton Marston, che da paladina di emancipazione femminile viene accostata a una giovane donna in atteggiamento sadomaso, simbolo di sottomissione – eroi che mostrano segni di consunzione, rivelando le crepe di un’epoca decadente e generando nello spettatore sconcerto e straniamento.

Una pop art dunque al servizio della riflessione, intesa non solo come esercizio consapevole del pensiero, ma anche come rispecchiamento della propria coscienza e di riconoscimento nei simboli che offuscano, nell’istante della fruizione, l’analisi razionale in favore di un’immersione nel rassicurante limbo dell’immaginazione. L’artista Natali Ferrary e il curatore della mostra, il critico d’arte Giuseppe Ussani d’Escobar descrivono la mostra, che sarà visitabile a Roma sino al 24 giugno, a La Voce di New York.
Nataly, esistono ancora dei supereroi che possano salvare il mondo dall’Apocalisse?
Natali Ferrary – “I supereroi vivono in ognuno di noi, ma non tutti hanno la capacità di tirarli fuori. Siamo molto più coraggiosi di quanto crediamo di essere. Provengo da un piccolissimo paese dell’Ucraina, difficile anche da individuare sulle mappe, ma compiendo tutto il mio percorso artistico e lavorativo, ho capito che nella vita niente è impossibile, e che i supereroi in fondo siamo noi”.
I suoi dipinti sono ricchi di simboli. Per esempio vi aleggiano molte farfalle. Che significato hanno?
Natali Ferrary – “I simboli che attraversano i miei quadri corrispondono al mio stato emotivo del momento, ma anche al mio passato o a qualche particolare episodio della mia vita che mi ha particolarmente segnato. Le farfalle rappresentano l’esito del mio percorso artistico, e indicano il cambiamento, l’evoluzione umana, la metamorfosi, la possibilità di una vita rinnovata, il bruco che si trasforma in farfalla, il fatto che dal niente può nascere sempre qualcosa di bello”.
Nei suoi quadri vengono esaltati gli archetipi femminili. Che ruolo possono giocare le donne nel mondo di oggi?
Natali Ferrary – “Le donne sono spesso protagoniste dei miei quadri perché esprimono una parte di me. Sono nata e cresciuta in una famiglia comunista, in un paese di stampo paternalistico, dove la donna era sempre seconda all’uomo. Ho sentito il bisogno di esprimere il concetto che la donna è invece il principio di tutto, della vita stessa, e che è una vera Wonder Woman, capace di fare qualsiasi cosa, spesso ben più di un uomo. Il ruolo delle donne attualmente è molto più forte di quello che poteva essere cent’anni fa, e abbiamo fatto tutto da sole, con le nostre forze, grazie alle donne che hanno lottato in passato e per quelle che verranno”.

La guerra prorompe nel suo universo immaginifico. L’arte può contribuire a fermare le guerre?
Natali Ferrary – “Molti miei amici sostengono che non è il tempo dell’arte, perché a casa mia c’è la guerra. Io credo invece che sia questo il momento di dimostrare al mondo l’importanza della cultura e della denuncia, fornendo una prospettiva diversa anche rispetto a tutte le menzogne che ruotano intorno alla guerra. Il messaggio che voglio dare è soprattutto che l’Ucraina ha bisogno di aiuto adesso. Non si tratta solo dei profughi, donne e bambini in particolare, che hanno bisogno di essere accolti, ma anche dei militari e del popolo che è coraggiosamente rimasto a difendersi e lottare per la sua libertà”.
Giuseppe, cosa l’ha affascinata dei dipinti di Natali tanto da indurla a curare una mostra?
Giuseppe Ussani d’Escobar – “I dipinti di Natali rientrano a pieno titolo nel movimento della Lowbrow Art o Pop Surrealism, sorto negli Stati Uniti sul finire degli anni ’70; le prime esposizioni furono organizzate in gallerie alternative a New York e Los Angeles. Il pop è rappresentato attraverso i personaggi dei fumetti, ma allo stesso tempo è un’arte surrealista perché crea quel senso di straniamento che era proprio del Surrealismo allorché accostava immagini o parole appartenenti a mondi diversi, creando una contraddizione. Allo stesso tempo si tratta di un’arte concettuale, come è d’altra parte il Surrealismo. Quando Duchamp riproduce la “Gioconda” di Leonardo Da Vinci con i baffi, oppure l’orinatoio intitolato “Fontana”, già effettua una concettualità e, in questo senso, può essere considerato un precursore della pop art”.
Che tipo di concettualità si nasconde dietro i supereroi di Natali Ferrary?
Giuseppe Ussani d’Escobar – “In un periodo storico di grande sconvolgimento quale quello in cui ci troviamo, avremmo più che mai bisogno di ancorarci a delle certezze, che offrono questi paladini della giustizia e della difesa dei deboli. Oggi abbiamo bisogno di riesplorare i supereroi attraverso la fantasia e l’immaginazione, ma questi miti non bastano più; nei quadri della Ferrary sono gli stessi supereroi a chiamarsi fuori dalla scena. Ciò che succede per esempio nel dipinto di Superman è che scompare dal costume blu la S iniziale e compaiono delle labbra rosse che sono un richiamo all’erotismo, ma sono anche una finestra che si affaccia, come in uno sfondamento della tela, su un altro universo, alla ricerca di nuove dimensioni. In fondo Superman non è che un uomo normale che si trasforma in supereroe. Noi tutti potremmo trasformarci in supereroi per salvare questo mondo da ciò che stiamo subendo, fra pandemie e guerre”.
Qual è invece il significato delle icone pop come Madonna o Johnny Depp?
Giuseppe Ussani d’Escobar – “Le icone pop sono un po’ come i santini. In passato ci si rivolgeva ai santi per cercare conforto e sostegno al fine di fronteggiare le avversità. Nelle opere dell’artista Natali Ferrary questi personaggi si stagliano sulle tele come dei simboli mistici. Una traslazione che ha origine con Andy Warhol, che nel 1962 dipinse la famosa Gold Marilyn conservata al MoMA di New York: all’interno di una grande tela dorata si affaccia una finestrella con l’immagine di Marilyn, richiamando chiaramente il mondo delle icone cristiane. Ricordiamo che anche Warhol era di origine ucraina. Esiste dunque una corrente di misticismo surrealista nell’arte ucraina che arriva fino a Natali. Di sacralità è ammantato anche Johnny Depp, che vediamo rappresentato con un’aureola dorata, e così la cantante Madonna, che da star patinata diventa la Vergine che piange lacrime di sangue preconizzando gli orrori del mondo attuale. Questa a mio parere è la grande forza di innovazione del linguaggio dell’artista”.

Perché il titolo War&Love?
Giuseppe Ussani d’Escobar – “La mostra era già in programma ben prima che la guerra scoppiasse. Ma quando la Russia ha invaso l’Ucraina abbiamo pensato che fosse giusto rendere onore alla sofferenza di un intero popolo che ha il diritto di autodeterminarsi. Negare l’autodeterminazione è un sacrilegio, ed ecco che torniamo al concetto di sacralità della vita. In tal senso la mostra vuole essere anche una netta condanna di ciò che sta accadendo, ma anche della violenza insita in ogni guerra, perché in fondo ogni guerra è una guerra tra fratelli. Abbiamo avuto come ospite all’inaugurazione l’addetta culturale dell’ambasciata del’Ucraina, e attualmente l’artista sta portando a termine un trittico in cui è anche raffigurato il presidente Zelensky, che possiamo considerare un supereroe della patria che incarna un desiderio di vittoria e di liberazione dallo strapotere russo, che verrà donato all’ambasciata dell’Ucraina in Italia”.
Chiedo anche a lei come critico d’arte: l’arte che ruolo può avere a questo riguardo?
Giuseppe Ussani d’Escobar – “L’arte è un momento di riflessione sulla condizione umana. L’arte militante poi non si accontenta della riflessione, ma compie atti di denuncia, mentre un altro tipo di arte si nasconde, preferisce fare l’occhiolino al mercato, piuttosto che prendere posizione nei confronti delle ingiustizie e delle storture del mondo, favorendo un mercato della falsità. L’arte dovrebbe sempre denunciare in modo deciso e non essere schiava delle quotazioni, che vengono stabilite come se fossero delle azioni in borsa. L’arte militante oggi latita alquanto, ma questa mostra vuole esserne un esempio”.
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