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March 14, 2021
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Judas and the Black Messiah: un film che rende giustizia alla morte di Fred Hampton

La prima regia di Shaka King racconta il “giuda” William O’Neal infiltrato FBI nelle Pantere Nere e il suo ruolo nell'uccisione del giovane leader nel 1969

Danila GiancipolibyDanila Giancipoli
Judas and the Black Messiah: un film che rende giustizia alla morte di Fred Hampton

Fred Hampton and the Black Panthers in a scene from "Judas and the Black Messiah" (frame, Warner Bros)

Time: 4 mins read

È il 1989, la PBS sta producendo un documentario sui diritti civili chiamato “Eyes on the Prize II: American at the Racial Crossroads 1965-1985“. La testimonianza di William O’Neal rimarrà la sua unica intervista integrale riguardo le Pantere Nere e la sua opinione sui movimenti per i diritti civili. Le prime scene del film Judas and the Black Messiah (produzione Warner Bros) ricostruiscono il footage durante le riprese del documentario presentandoci il co-protagonista di questa storia: William O’Neal, infiltrato pagato dall’FBI e responsabile della morte di Fred Hampton nel 1969 a Chicago. Alla regia Shaka King, che si prende carico di rendere giustizia alla storia di Hampton e del suo carnefice. Il terzo protagonista è l’FBI, da J. Edgar Hoover ai suoi agenti, convinto di dover sterminare gli estremisti negri perchè considerati la più grande minaccia per la sicurezza nazionale. Il finale lo conosciamo già: all’età di soli 21 anni Fred Hampton viene ucciso durante una retata organizzata dall’FBI, con l’intento di indebolire massivamente e una volta per tutte il partito.

“Quando è un povero a chiedere gli stessi diritti non è più democrazia, diventa socialismo”, Fred Hampton (Daniel Kaluuya) è in piedi accanto ad una lavagna. Sigaretta tra le dita, si sta dedicando ad una delle tante attività del partito: formare ed educare i membri. Lo fa con un tono di voce che sembra una musica rivoluzionaria, accento marcato, fisicità scandita di chi è abituato a parlare alle masse. E’ difficile non appassionarsi al giovane Hampton, ritroviamo in lui la dedizione dei grandi rivoluzionari mentre riascolta a notte fonda i discorsi di Malcom X su nastro. Come una medicina o un’iniezione di speranza, le parole “oppressione politica”, “sfruttamento economico” e “degrado sociale” entrano anche nella mente dello spettatore. Ed è questa musica che fa da vera colonna sonora all’intero film.

Fred Hampton in una scena di Judas and the Black Messiah (frame, Warner Bros)

Hampton costruisce un’alleanza con altre organizzazioni tra cui The Crowns, i Young Patriots, i Young Lords e addirittura una parte di estremisti bianchi rednecks. Il risultato è la famosa Coalizione Arcobaleno, il calderone di chi si ispirava al marxismo-leninismo, al socialismo rivoluzionario, all’anti-capitalismo, tutti sotto lo stesso tetto con l’unico obiettivo del riscatto sociale. Nel frattempo, William O’Neal (Lakeith Lee Stanfield) consolida il suo personaggio di attivista e infiltrato perfetto ingraziandosi lo stesso leader. Il suo contatto è un agente che con un abile ricatto non gli dà altra scelta che diventare informatore, se non andare in galera. O’Neal comunica prontamente l’FBI dell’ipotetica coalizione con i Crowns, ma fallisce nel tentativo di mettere contro i rispettivi leader, cosa che accadde per King o Malcom X.

William O’Neal in una scena di Judas and the Black Messiah (frame, Warner Bros)

Il rapporto tra William O’Neal e l’agente dell’FBI che lo manipola, Roy Martin Mitchell (Jesse Lon Plemons) ci serve per capire la natura del “giuda”, indifferente alla lotta perché privo di coscienza politica. Sarà proprio lui, costretto dall’FBI, a facilitare l’organizzazione dell’omicidio del “messia”. All’alba del 4 dicembre 1969, quattordici agenti di polizia di Chicago (con un mandato per detenzione illegale di armi) fanno irruzione in un appartamento al primo piano in Monroe Street di Chicago. Dentro ci sono nove membri del partito delle Pantere Nere, Illinois. Quattro Pantere rimangono ferite, due di loro muoiono: Fred Hampton e Mark Clark. Le performance di Kaluuya nell’interpretare Fred Hampton gli è appena valsa un Golden Globe come migliore attore non protagonista.

L’agente FBI Roy Mitchell in una scena di Judas and the Black Messiah (frame, Warner Bros)

Il partito delle Pantere Nere arriva a definirsi tale dopo una stratificazione di consapevolezza, perdite fisiche e morali, fallimenti, vittorie parziali e necessità di difendersi. Il potere nero comprende la necessità di educazione, azione e militarizzazione. La rivoluzione arriva dove le condizioni non sono più sostenibili, e la lotta armata si pone come l’unica evoluzione possibile. Come spiega l’attivista afroamericana Angela Davis in un frame iniziale del film, l’utilizzo delle armi ad Oakland come forma di difesa rispecchia la necessità di difendersi dalle molestie e dalle intimidazioni da parte della polizia locale. A seguire ascoltiamo la voce di Bobby Seal, intento nell’elencare la realtà del partito: distribuzione gratuita della colazione a un certo numero di bambini nei ghetti, distribuzione di vestiti, lotta contro lo spaccio nei quartieri negri, istituzione di ambulatori gratuiti.

Fred Hampton in una scena di Judas and the Black Messiah (frame, Warner Bros)

La letteratura delle Pantere Nere veniva distribuita angoli delle strade, circolava tra le truppe di colore nelle caserme americane dal Vietnam all’Europa. “Un’avanguardia e non un’organizzazione di massa”, come disse Masai Hewitt ministro dell’Educazione del partito. Nel 1969 la polizia è in lotta con l’organizzazione nel senso più ampio di ideologia e formazione politica, e l’unica soluzione è la cancellazione dell’opposizione: il regista ce lo dimostra ricostruendo un feroce assalto al quartier generale del partito durante i giorni di carcere di Hampton.

Fred Hampton in una scena di Judas and the Black Messiah (frame da materiale di repertorio del film, Warner Bros)

Ovunque ci sono persone, c’è potere, il partito ne è convinto. Nell’assurda contraddizione politica delle lotte e delle violenze esercitate dalla polizia, Judas and the Black Messiah si posiziona ufficialmente tra le pellicole da vedere. Quelle che ogni esperto, tra American History X, Selma, Malcom X, dovrebbe consigliare. Come riporta il claim del film: puoi uccidere un rivoluzionario ma non puoi uccidere una rivoluzione. Eyes On The Prize II debutta il 15 gennaio del 1990, in concomitanza con il Marthin Luther King Day. Nella stessa sera, William O’Neal si uccide. Così titolano i cartelli finali del film, alla ricerca di una profonda connessione con la verità storica.

 

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Danila Giancipoli

Danila Giancipoli

Nata a Roma, mi sono specializzata in cinema e arte contemporanea a Bologna. Durante la gavetta sui set romani ho cominciato a collaborare con riviste di moda, arte e cinema. Mi sono poi trasferita a Torino dove ho collaborato con musei, festival e brand nel ruolo di Editor e Content Producer. Ad oggi lavoro come creativo, giornalista, curo un blog su Medium e sono ossessionata da Stephen King. Born in Rome, I specialized in Cinema and Contemporary Art in Bologna. While gaining experience in the entertainment industry in Rome, I started writing for fashion, art, and cinema magazines. Later I moved to Turin, where I worked with museums, festivals, and brands as an Editor and Content Producer. Currently, I work as a Content Creator and Journalist, I have a blog on Medium and I'm obsessed with Stephen King.

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