
Leopoldo Mucci è il fondatore “missionario” di Taci, il caffè newyorchese che questo 25 luglio compie 25 anni di attività. Un luogo magico, dove generazioni di giovani cantanti d’opera si sono esibiti per la prima volta davanti ad un pubblico per riceverne l’applauso. Pubblico variegato, dai new yorker a quello arrivato apposta da qualche angolo del mondo per ascoltare l’incanto che avveniva tutti i venerdì e sabato sera al Taci. Leopoldo è un nostro caro amico, chi scrive queste righe fu l’autore del primo articolo uscito in italiano sul Taci (era il 1997 e che vi ripresentiamo più sotto). Già allora chiamammo il ristoratore di origini modenesi “Leopoldo il Magnifico”.
Il primo caffé Taci opera nights avvenne venticinque anni fa nel locale su Broadway e 110 street, nella Upper West Side, a due passi dalla Columbia University. Negli anni poi cambiò il luogo (prima Downtown, nel West Village a due passi da Washington Square e la NYU, per poi risalire su Midtown, al 22 East 54 e anche di nuovo uptown, da Serafina sulla 105 St and Broadway). Abbiamo fatto delle domande a Leopoldo Mucci alla vigilia del grande anniversario del Taci che si può seguire da domani on line nella pagina FB del caffè.

Come ti venne l’idea?
“Comincio nel 1995, quando un mio amico mi chiese se volevo diventare partner in un nuovo ristorante a Manhattan. Accettai ad una condizione: io sono appassionato di opera lirica e avevo in mente un’idea. Accettò. Comprai subito un pianoforte, trovai i cantanti (la prima Noelle Barbera che chiamai subito Piccola Callas) la pianista russa Iya Fetova e così con bella sorpresa dei clienti cantammo tutta la notte con soprano tenore e baritono! Quella fu la prima Taci Opera night, era il 25 luglio 1995!!!”
Quali sono le tre serate al Taci che ricordi in questi 25 anni di più e perchè? E la persona che in tutti questi anni ti ricorda più lo spirito del Taci?
“Durante questi anni ci sono alcune notti da ricordare. Nel ‘97 la visita improvvisa della leggenda dell’opera, il maestro Franco Corelli. Una trentina di cantanti dei tre conservatori di New York City arrivarono per salutare il grande tenore. Un’altra volta fu la visita di Andrea Bocelli, con il suo seguito e la TV italiana. Bocelli cantò tutta la sera e tre giorni dopo invitò uno dei miei cantanti a cantare in TV in Italia, M. Kavaluna andò per una settimana. Altra notte speciale quando venne a celebrare il suo compleanno la Signora Matilda Cuomo con il gruppo del Lions Club: la first lady volle cantare con noi la famosa canzone ‘Vivere’ (1938 ) fu una bellissima festa!!! Dopo quella sera Matilda Cuomo venne altre volte.

La pandemia da Covid-19: cosa comporta per Taci?
“Naturalmente la pandemia ci ha forzato a chiudere. Come sappiamo un tragedia mondiale per tutti e il mondo della musica”.

New York: si sarebbe potuto fare Taci in un’altra città?
“Certo, New York è l’ideale per un posto come Taci così pieno di amanti dell’Opera e di turisti europei molti dei quali sono fanatici dell’ Opera!”
Se trovassi dietro al pianoforte di Taci la lampada di Aladino e ne uscisse il genio con un desiderio da esprimere… quale sarebbe?
“Il mio desiderio che Taci potesse continuare anche dopo di me, senza essere dipendente dal “Missionario dell’Opera” come qualcuno mi ha chiamato. Per il bene dei giovani cantanti appena fuori dal conservatorio alle prime armi e per la gioia degli spettatori!!! Happy Anniversary a tutti!!!”
Qui sotto vi presentiamo l’articolo scritto da Stefano Vaccara e apparso sul domenicale del quotidiano “America Oggi”, nell’estate del 1997.
Taci! C’è la piccola Callas

New York, quando sembra averti consumato, prosciugato quell’energia che ti aveva permesso di viverci, trova sempre il modo di farti riaccendere la passione per la città che “never sleeps”. Manhattan come la Parigi del primi del secolo, come la Firenze del Rinascimento. Dove? Ovviamente sulla Broadway, l’arteria che fa battere il cuore della Grande Mela, ma questa volta non fra i teatri di Times Square, né nei templi del Lincoln Center, ma nell’elitario isolamento culturale della Columbia University.
Ogni venerdì e sabato, dopo le dieci, sull’angolo North-West della Broadway e la 110, in un locale italiano, avviene una magia: taci e ascolta l’incantesimo creato da Leopoldo “il Magnifico”, proprietario appunto del “Caffe Taci”. Leopoldo Mucci, da un paio d’anni, coltiva la passione di una vita, l’opera, nutrendo giovani voci della lirica. Quando si arriva al Taci, il magnifico Leopoldo di Modena ti sommerge di lodi e di informazioni sul suoi cantanti, voci che fanno vibrare pareti brillanti di mosaici e mattonelle colorate. “Sono tutti bravi, ma proprio tutti” ci dice Leopoldo consigliandoci i ravioli della casa accompagnati dal Chianti giusto, e aggiunge: “Quando uno di loro canterà al Metropolitan, perché dl questo ne sono certo, sarò l’uomo più felice del mondo”.
“Taci!” grida Leopoldo ai suoi clienti fino ad un minuto prima di coccolarli, “ascoltate, c’è la piccola Callas”. Noelle Barbera, siculo-calabrese del New Jersey, assomiglia proprio alla “divina”: Grandi occhi scuri su un viso limpido circondato da lunghi, lisci capelli corvini. “Che brava, che brava” sussurro al “Magnifico” a cui ad ogni nota brilla la barba argentata e che subito ammorbidisce, con un largo sorriso, il viso teso dal “taci” di prima.
Noelle canta l”Ave Maria” di Schubert, accompagnata al pianoforte da Iya Valentinovna, russa della Siberia baciata da ogni cantante alla fine di ogni aria. Quella magica sera di venerdì, la mia prima al Taci, con la “piccola Callas” Noelle si alternano, accompagnati dalla “babusca” Valentinovna (a cui i devoti nipotini possono chiedere di suonare qualunque cosa), Pedro Rosales, giovanissimo tenore lirico nato in Florida da genitori cubani e che Leopoldo chiama “El nino de oro”; il “torero” Michele Corvino, baritono di New Rochelle di origini napoletane ormai ad un passo dal grande teatro; il “tenore spinto” Vassili Romani, “zingaro” russo di Mosca già dell’Armata Rossa, chiamato Casanova perché quando canta deve sempre puntare lo sguardo gitano sugli occhi di una fanciulla del pubblico.
Quando ritorno, sabato, a loro si unirà anche Alexandra Hrabova, stupendo soprano dell’Ucraina, dalla voce e dagli occhi di fata che darà l’ultimo tocco magico all’incantesimo vissuto al Taci.
Tutti cantanti con esperienze distinte, con voci diverse ma con in comune una passione così forte per l’opera che contagia il variegato pubblico del Taci composto da professori universitari, studenti, scrittori, artisti, turisti (che prenotano tavoli soprattutto dalla Germania dopo che il giornale tedesco “Die Zeit” ha dedicato al Taci un articolo a sei colonne con Umberto Eco, uno dei suoi famosi frequentatori, raffigurato in un disegno mentre “dirige” un piatto di fettuccine) e dai numerosi newyorkesi di Downtown che ai locali del Village e di Soho preferiscono la corte del mecenate modenese.
Leopoldo il Magnifico, appunto, perché dopo due serate al Taci si ha la netta sensazione che il suo locale sia pensato, organizzato in funzione dell’opera, e che i suoi ragazzi vengano prima del guadagno, l’arte prima del business.
Anche se il menù del Taci offre ottimi piatti e vini italiani, trai tavoli si nota gente che per ore, con una sola consumazione, si gode l’atmosfera incantata senza mai avvertire l’incombenza dell’arrivo del conto.

Al tavolo degli artisti ovviamente la cena è gratis. Non c’è “cover charge”, solo a metà serata c’è un momento dove ognuno, se vuole, può mettere un’offerta in un cestino, per i cantanti. “Quello che conta” ci dice Leopoldo, “è che questi giovani abbiano un posto di ritrovo per cantare e soprattutto dove poter rompere il ghiaccio con il pubblico, sbloccarsi insomma”.
Taci! Questa volta lo grido io a quelli del bar, sempre i più rumorosi, c’è di nuovo la “piccola Callas” con uno dei suoi pezzi forti, l’aria di Musetta nella “Bohème”. E dopo di lei il “bambino di Leopoldo”, Pedro Rosales, con “questa o quella” del’ “Rigoletto” di Verdi. Tutti e due sono studenti alla vicina Manhattan School of Music.
Che soprannome importante ti ha dato Leopoldo, diciamo a Noelle. “Sono lusingata, Leopoldo è il mio grande sponsor, mi dà tanta carica. Quello che mi piace della Callas è il carattere, la sua completa dedizione alla perfezione. Quello che cerco non è il suo successo, ma la possibilità di poter sempre fare, come lei, quello che amo di più, cantare”.
Noelle tiene molto alle sue origini italiane. “I miei nonni sono nati in Sicilia e in Calabria. Loro mi hanno incoraggiato sempre. Quando canto per loro in italiano piangono”.
Anche Pedro ha da dire qualcosa: “La mia forza è quella di mia madre, che ha dedicato tutte le sue energie affinché potessi perseguire il mio sogno. Da bambino la ricordo, dopo il lavoro, esausta, che mi accompagna dal maestro di piano e lì, sorridente, sul divano ad ascoltarmi felice. Questa è una carriera dove le probabilità di farcela sono contro di te. Mia madre mi ha insegnato che puoi vincere, ma solo se sai amare e ascoltare sempre il tuo sogno”.
II locale è stracolmo di giovani, ma Pedro non si sorprende: “L’opera sta diventando sempre più popolare anche grazie ai tre tenori (Pavarotti, Domingo, Carrera) che con i loro concerti hanno contribuito moltissimo”.
La “‘piccola Callas” torna a cantare, un’aria della Tosca. “E’ difficilissima”, ci avverte subito Leopoldo, “ma lei è così, le piace rischiare e si butta”. Tra i tavoli, il manager di Taci, John Hicks, si ferma per ascoltare e ha lo sguardo di chi ha l’orecchio preparato. “Sono un tenore” ci conferma, “studio alla Suny Purchase. Leopoldo ha creato un paradiso e a me dà anche la possiblità di pagarmi gli studi. L’inizio è il momento più duro. Hai sempre una vetta da raggiungere, e quando ci sei riuscito ne spunta subito un’altra. Cominci a cantare bene quando ti accorgi che ti viene dall’anima e la fatica sparisce”.
Vassily Romani, il gitano di Mosca, è il primo che ha cantato al Caffe Taci. La canzone napoletana è la sua specialità: “Torna a Surriento”; “Comm’è bella a muntagna stanotte”, “Oi Marì, Oi Marì”… Gli chiedono di cantare in russo e lul lo farà ma soltanto dopo aver esaurito tutto il suo repertorio partenopeo.
Ma come è nata questa passione per il genere? “Le parole delle canzoni napoletane” risponde Vassily, “dicono sempre la verità, come quelle russe”.
Vassily chiama Leopoldo “il maestro”.”Per me lo sarà sempre, mi ha dato la possibilità di poter tare quello che amo. In Russia tu puoi essere un grande cantante soltanto in teatro. A New York sei artista anche quando canti per la strada”.

Michele Corvino, che prima ha cantato l’aria de l”Torero” nella “Carmen”, adesso esplode con “Il Barbiere di Siviglia” di Rossini: “Figaroooo, Figaro, Figaro, Figarooo”. La gente si spella le mani e la barba di Leopoldo davanti al quel barbiere luccica sempre di più. Corvino, ormai pronto per il palcoscenico, riceve ancora una valanga di applausi nell’aria del baritono della “Traviata”.
Sabato sera tutti davanti ad Alexandra Hrabova, anche lei già pronta per il grande salto, che ipnotizza con il “Faust” di Gounod e con le arie dalla “Traviata” di Verdi. Si avvicina Leopoldo e all’orecchio sussurra: “Questa qui non ce l’hanno neanche al Metropolitan”.
Quando gli parliamo, Alexandra, arrivata da poco dall’Ucraina, deve farsi aiutare da un interprete: “Ho iniziato a due anni, quando mi nascondevo sotto il letto e cantavo. Un giorno i miei genitori mi scoprirono e mi portarono al conservatorio”.

Al mio tavolo si siede il baritono modenese Bruno Pola con la moglie, il soprano colombiano Zorayda Salazar, la coppia di professionisti che in questi giorni ha cantato al Met i “Pagliacci”. Arrivano quando canta Alexandra. “Brava, deve però studiare un po’ la lingua, bene nella coloratura”. Poi Pola, il baritono di Pavarotti, ascoltando ancora Alexandra, ha come un sussulto: “Quando senti certe voci ti dici: ma che fa qui, perché non canta a teatro?”.
Pola e la moglie vengono spesso da Taci, “per rilassarsi ma anche per ricaricarsi, perché è bello vedere quanto la lirica sia sempre più popolare tra i giovani”.

Fausto Holban (suo il disegno sopra fatto per questo articolo), pittore modenese ormai di casa a Manhattan, è un cliente abituale del suo concittadino Leopoldo: “Da Taci ti sembra di essere nel caffè parigini frequentati e immortalati da Toulouse-Lautrec” ci dice mentre comincia a immaginare come immortalare il “suo” cafe.
Vorremmo registrare tutte le impressioni raccolte dal calorosissimo pubblico, ma lo spazio non lo concede.
Scegliamo quella della professoressa Lisa Carbone, australiana di Melbourne di origine italiana, Ph.D. in matematica preso alla Columbia e che da quest’anno, giovanissima, insegnerà alla Harvard University. E qui con tutta la sua famiglia che orgogliosa è venuta a trovarla dall’Australia. Che cosa in comune tra la matematica e l’opera? “La stessa bellezza naturale, tutte e due sono alla ricerca della perfezione dello spirito”.
Alcuni filosofi greci credevano che con la contemplazione del “bello” ci si avvicinasse a Dio. Se l’arte è il culto del bello, allora anche il Caffe Taci è un piccolo grande tempio di Manhattan.