Nella miriade di possibilità di spettacoli da vedere un sabato sera a Manhattan, andare ad uno spettacolo nella ‘palestra’ di una chiesa sembrerebbe sfidare la sorte. Tranne poi scoprire che: la chiesa in questione è la Judson Church, uno dei fulcri della vita culturale e sociale del Greenwich Village e lo spettacolo, Beyond Babel, è uno degli show teatro-danza più belli degli ultimi mesi.
“Beyond Babel” è una storia d’amore alla Romeo e Giulietta ma in un tessuto contemporaneo ed iper-realistico dove ci sono muri che dividono, abusi di potere e violenze a cui tutti devono continuamente resistere e ribellarsi, a ritmo di musica, ovvio.
Eppure lo spettacolo è ottimista come lo è il “Romeo” della storia che non si fa piegare dal il tragico epilogo ma si appella al mantra “Love endures”- “L’amore vince”.
Lo show è stato creato nel 2016 da Hideaway Circus e dalla coppia di ballerini Keone e Mari Madrid, marito e moglie già resi famosi dal clip musicale “Love yourself” di Justin Bieber (un video che ha un miliardo e mezzo di visualizzazioni e una coreografia creata in 24 ore) e da show come “So You Think You Can Dance,” “World of Dance” e “Dancing with the Stars.”
Il corpo di ballo è formato da dodici ballerini dall’energia coinvolgente, impossibile stare seduti e immobili, le gambe, i piedi, la testa tra le spalle vogliono muoversi e seguire il ritmo della loro danza ‘di strada’. Il coinvolgimento non è solo fisico ma anche emotivo perché lo storytelling è eccezionale, sembra di assistere ad un dramma recitato, anche se di parlato ce n’è pochissimo.
Le tecniche usate sono l’hip hop e il ‘locking’, la variante dell’hip-hop originaria di Los Angeles che vede i ballerini muoversi prima velocemente e poi congelarsi in una posizione in particolare, per qualche secondo, per poi riprendere la sequenza iniziale.
La scenografia è essenziale e di effetto, ci sono dei pannelli mobili accomodati per consentire lo zoom su alcuni dettagli della storia e per diventare “muro”. I pannelli e tutto il perimetro del palcoscenico sono abbelliti dai lavori ad uncinetto dell’artista London Kaye.
I ballerini sono tutti coordinatissimi, delicati nei movimenti ma anche fortissimi nelle loro rotazioni sulle gambe o sulla testa. Molto bello da vedersi quando si muovono in gruppo creando delle coreografie ad effetto. A spezzare la coralità e l’armonia arriverà ad un certo punto un’autorità del male che dividerà il corpo di ballo in due gruppi… e poi gli innalzerà un muro in mezzo.
Il capo di questi cattivi (potrebbero essere i guardiani di una frontiera) è il talentuoso ballerino Fabian Tucker che si copre il volto con una maschera di metallo ogni volta che deve infliggere “il male”.
La forza che divide ritorna spesso sul palco, porta violenza e separazione (il suo trucco è forzare dei braccialetti di due colori diversi ai polsi di ogni componente del gruppo, una volta coeso). Il gruppo si ribella, cerca di sfidare il male ma sulle note di “Babel” dei Mumford & Sons, i pannelli colorati di London Kaye diventano un muro unico ed impenetrabile.
La seconda parte dello spettacolo vede così due gruppi di ballerini che danzano ai due lati del muro, la parete però è mobile e le scene avanzano e retrocedono nascondendo di volta in volta l’uno o l’altro gruppo.
Quando Mercuzio (Mikey Ruiz) viene messo in prigione, la parete separatoria diventa una cella e poi una superficie verticale dove assistiamo alla danza acrobatica di Ruiz, Madrid e Tucker che sembrano degli uomini ragno.
Sulle note di “I will wait for you” ancora dei Mumford & Sons, Mari Madrid (Giulietta) compone una lettera d’amore al suo Romeo mentre i ballerini le danzano intorno e mimano il suo scrivere.
Lo storytelling è così efficace da regalarci momenti di flashback, pur trattandosi di uno spettacolo di danza. Ci sono scene in cui l’azione si ferma, qualcos’altro accade e poi quello del punto di partenza si ripete per evocare una regressione. Capita per esempio quando la bravissima Selene Haro trova l’amica (Giulietta) davanti al muro e si cimenta in un assolo sulle note di “I wanna know what love feels like” abbracciandosi una giacca appesa ad un attaccapanni…e poi la scena ritorna alle due donne di fronte al ‘confine’.
Come in una vera tragedia shakespeariana, l’epilogo non è felice, ma non si va a vedere questo spettacolo per l’happy ending, si va per appurare che uno storytelling emozionante si può fare anche con la danza.
Le luci sono di Jeff Croiter e Sean Beach, i ballerini in ordine alfabetico: Olivia Battista, Melissa De Jesus, Noelle Franco, Selene Haro, Shannon Kelly, Samuel Moore, Mikey Ruiz, Julian “Juju” Sena, and Fabian Tucker, Dylan Mayoral, Mari e Keone Madrid.
Lo spettacolo chiude mercoledì 30 aprile e i biglietti si comprano qui
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