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December 13, 2018
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Cinema italiano a New York: bello, ma anche troppo e non sempre “Easy”

Nel vedere alla Casa Italiana NYU il bel film di Andrea Magnani "Easy" premiato dal N.I.C.E., alcune riflessioni sul cinema italiano d'esportazione

Chiara BarbobyChiara Barbo
Cinema italiano a New York: bello, ma anche troppo e non sempre “Easy”

Nicola Nocella in una immagine dal film "Easy", diretto da Andrea Magnani

Time: 5 mins read

Mi è capitato molte volte di andare a vedere un film italiano a New York. Ma è la prima volta che mi è capitato di andare a vedere un film che è anche un po’ mio.

Lunedì 10 dicembre, alla Casa Italiana Zerilli Marimò della New York University è stato presentato Easy – Un viaggio facile facile, film di chiusura del N.I.C.E. – New Italian Cinema Events, storico festival di cinema italiano negli Stati Uniti. Anzi, è stato il primo festival di cinema italiano negli Stati Uniti, sono infatti 28 anni che la direttrice Viviana Del Bianco con il suo N.I.C.E. porta in America il meglio del cinema italiano contemporaneo (solitamente accompagnato da un classico, quest’anno è stata la volta di Un tè con Mussolini di Franco Zeffirelli).

Ora, lunedì sera sono andata a vedere il film da spettatrice, ma Easy non è per me un film qualunque e non è stata una serata qualunque: Easy è il film che (con altri) ho prodotto, e il film alla cui sceneggiatura ho collaborato ed è il film che Andrea Magnani, che tra le altre cose è anche mio marito, ha scritto e diretto (e ha anche prodotto).

E’ stata una bellissima, lunga avventura durata oltre sette anni, dal momento della prima sceneggiatura alle riprese del film, una produzione italo – ucraina non esattamente facile facile, a differenza del titolo, un viaggio iniziato per me a Trieste, dalla prima idea del film, e arrivato fino ad oggi a New York, passando per Nisyros, in Grecia, dove il film è stato sviluppato, e poi Roma, Kiev e i Carpazi, il Festival di Locarno e cento e più festival in giro per il mondo, fino ad arrivare qui, dove è stata per me forse la serata più bella, non solo perché la sala era piena, il Q&A con Andrea Magnani e Stefano Albertini è stato un bel momento di cabaret (!), ma soprattutto perché c’erano tutti i miei, i nostri amici qui a New York, che hanno seguito e sostenuto il film per tanto tempo, alcuni di loro hanno collaborato a Easy, tutti con il pensiero e molti con treni, aerei o macchine a noleggio hanno sempre accompagnato Easy e soprattutto Andrea e me. Tra i tanti giri di Easy mancava New York e finalmente è arrivata grazie al N.I.C.E, a cui non posso che essere grata dal profondo del cuore per aver selezionato il nostro film. E, detto tra noi, Easy ha pure vinto! La premiazione si è tenuta a San Francisco il 2 dicembre scorso, è un premio del pubblico, e per chi un film lo fa il riconoscimento del pubblico vuol dire tanto.

Il regista Andrea Magnani col direttore della Casa Italiana Zerilli Marimò Stefano Albertini durante la presentazione di “Easy”

Finito quindi questo selfie verbale (mi dispiace, ma in fondo anche no, non potevo non farlo!), vorrei  fare una piccola annotazione, un pensiero sul cinema italiano a New York. Checchè se ne dica, in generale purtroppo il cinema italiano contemporaneo non ha grande visibilità degli Stati Uniti. Ci sono festival e rassegne che si occupano appunto di far conoscere film e autori italiani in un circuito che va dalle grandi città a centri più piccolini, più o meno legati agli Istituti Italiani di Cultura e ai Consolati, e spesso supportati dal Ministero per i Beni Artistici e Culturali. Purtroppo però i tagli a eventi e rassegne sono sempre maggiori, e quando non sono i tagli sono le ragnatele burocratiche e amministrative a rendere il tutto molto difficile, e il “Governo del cambiamento” sembra non fare eccezione. Gli sponsor privati si fa fatica a trovarli, in Italia non c’è l’abitudine a supportare arte e cultura e gli incentivi fiscali non sono abbastanza forti o abbastanza ben comunicati. La verità è che quindi rassegne e festival fanno sempre più fatica ad andare avanti con le sole risorse ministeriali (e dintorni) italiane.

Potremmo discutere a lungo sull’opportunità o meno per il cinema di affidarsi quasi totalmente al finanziamento pubblico, questo vale in Italia e in Europa in generale. Ma la realtà è che senza sostegno pubblico purtroppo il cinema italiano andrebbe poco lontano fuori dai confini nazionali. Non perché sia più brutto di altre cinematografie (anche se personalmente penso che sia spesso troppo autoreferenziale, chiuso in se stesso, e non ci provi nemmeno a confrontarsi con il resto del mondo, e questo sì che è un problema) ma perché non riusciamo a proporci come CINEMA ITALIANO. Non riusciamo a creare un sistema cinema unito e che soprattutto si presenti come tale, a creare un’idea di cinema italiano, un’immagine di cinema nazionale (sembra una brutta parola di questi tempi ma in questo caso dovrebbe avere un’accezione positiva…) che possiamo poi promuovere, non siamo bravi come i francesi che brandizzano tutto sotto un’unica etichetta di Cinema Francese che vuol dire: europeo, raffinato, glam. Anche quando è brutto. Questo per dire che vuoi per questa ragione, vuoi per ragioni linguistiche (ahimè non siamo anglofoni), vuoi per ragioni esclusivamente economiche in senso di investimenti il cinema italiano non viene distribuito all’estero. Tranne poche, rare, rarissime eccezioni. Viene selezionato abbastanza ai grandi festival internazionali, vince abbastanza spesso premi importanti ma dovremmo fare molto, molto di più. I tagli non aiutano, e non aiuta nemmeno organizzare festival, eventi e rassegne di cinema italiano tutti nello stesso momento. E qui vengo all’annotazione.

Nella stessa settimana o poco più a New York la stampa e gli spettatori interessati al cinema italiano si sono ritrovati a dividersi tra il N.I.C.E., Italy on Screen Today, l‘Italian Movie Award e la retrospettiva sul grande Ugo Tognazzi al MoMA, oltre a proiezioni ricorrenti organizzate durante tutto l’anno (e quindi anche in questi giorni) da varie sale, scuole e centri culturali in giro per la città. Immagino che ci siano state delle necessità organizzative o amministrative, e avendo lavorato anch’io per molto tempo nell’organizzazione di un festival so bene che le difficoltà sono tantissime e non si è quasi mai liberi di scegliere tempi e modalità. Però, ecco, questo sistema cinema, quest’immagine bella e unita del cinema italiano, pur conservando stili e individualità, questo brand CINEMA ITALIANO, servirebbero proprio, oggi più che mai.

Insomma, cara Italia e cari Italiani, dobbiamo imparare a promuoverci!

Ma per finire, per concludere imparzialmente questo mio breve scritto, grazie al N.I.C.E, e viva Easy!

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Chiara Barbo

Chiara Barbo

Scrivere di cinema o scrivere il cinema? Possibilmente tutti e due. Dalla critica cinematografica alla sceneggiatura passando per la produzione, al di qua e al di là dell'oceano, collaboro con La VOCE di New York e con Vivilcinema, con la Pilgrim Film e con Plan 9 Projects. E anche con altri. Ma per lo più penso, immagino, ricerco, scrivo, organizzo in modalità freelance. Insieme a tanti altri, faccio parte della giuria del David di Donatello. New York è stata una scelta. New York è intensa, vitale, profonda e leggera, pacchiana e intellettuale, libera, creativa, è difficile, è bellissima, ed è la città più cinematografica del mondo.

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