E se la cartina geografica politica non fosse più la stessa? Se, cioè, quella mappatura che abbiamo imparato fin dai primi anni di scuola con gli Stati colorati, i confini tracciati da linee nere, le capitali e le altre città più importanti evidenziate come un grande puzzle, non fosse più in grado di raccontarci il mondo così come lo viviamo?
Il perché di questo cambiamento ce lo descrive un libro assolutamente indispensabile per comprendere i processi culturali e globali contemporanei. Si tratta di Connectography. Le Mappe del futuro ordine mondiale, scritto da Parag Khanna, considerato dalla rivista Esquire uno degli intellettuali tra i più influenti al mondo. L’autore, che non ha ancora compiuto quarant’anni, si definisce uno stratega politico, un grande viaggiatore e anche un autore di best seller. Dal punto di vista accademico è senior research fellow al Centre on Asia Globalisation (Lee Kuan Yew School of Public Policy, Università nazionale di Singapore) oltreché collaboratore della CNN.
Il libro si inserisce in una trilogia iniziata con I tre Imperi, dove si delineavano le relazioni tra le superpotenze e le zone instabili attraverso nuovi e imprevedibili equilibri. Il trittico prosegue poi con il seguente Come si governa il mondo, dove Khanna definisce il tempo presente come neomedioevalismo, in quanto gli Stati nazioni perdono parte del loro potere a favore di altri attori sociali: aziende, società civile, ma soprattutto le nuove megacities, grandi agglomerati urbani in relazione con altri nel mondo.
Khanna decostruisce l’idea che “la geografia sia una destino”. È l’idea di un futuro già scritto, determinato dalle condizioni ambientali e territoriali che contraddistinguono un singolo o un gruppo determinati. Qualcosa che ormai sta diventando obsoleto: “«La geografia è destino» è una massima ben nota in tutto il mondo – scrive – Peccato che stia diventando obsoleta. Argomenti vecchi di secoli su come clima e cultura condannino alcune società al fallimento, o su come le piccole nazioni siano destinate a essere intrappolate e soggette ai capricci di quelle grandi, si stanno ribaltando. Grazie ai trasporti, alle comunicazioni e alle infrastrutture energetiche globali-autostrade, ferrovie, aeroporti, pipeline, reti elettriche, connessioni Internet e tanto altro, il futuro ci riserva una nuova massima: «La connettività è destino»…”.
Il paradigma è cambiato. Dobbiamo rendercene conto. Stiamo costruendo un nuovo ordine mondiale. Il percorso si muove da una struttura territoriale ad una relazionale caratterizzata dalla connettività. Nello specifico l’autore definisce il passaggio da un’organizzazione del mondo secondo lo spazio politico (cioè l’idea di come suddividiamo il mondo) ad un’organizzazione di tipo funzionale (cioè nel modo in cui lo usiamo attraverso connessioni). Stiamo passando dalla geografia politica a quella funzionale dei processi di scambio commerciali, comunicativi, simbolici, di persone, finanziari, architettonici, ingegneristici.
Già la spessa annuale per infrastrutture stradali, telecomunicazioni, reti elettriche e sistemi fognari è di circa 3.000 miliardi di dollari, quasi il doppio di quella militare di 1.750 miliardi di dollari. La forbice tende ancora ad aumentare. E siamo solo all’inizio di una grande rivoluzione dove le linee invece di separare le persone le connetteranno. Oggi abbiamo approssimativamente 64 milioni di chilometri di autostrade, 2 milioni di chilometri tra oleodotti e gasdotti, 1,2 milioni di chilometri di ferrovie, 750.000 milioni di chilometri di cavi Internet sottomarini e solo 250.000 di chilometri di confini internazionali. Le stime ci raccontano che nei prossimi quarant’anni si costruirà di più che nei quattromila anni precedenti. E’ un mondo che assomiglia sempre più ad un social network con i suoi difetti e pregi. È l’eta della Iperglobalizzazione.
Il libro ha una grande dote, quella di costruire una via sensata, tangibile dei processi postmoderni. In qualche modo traccia ciò che c’è oltre la modernità e oltre quel post che l’affianca. Stiamo entrando in una nuova epoca dove tutto è da giocare, “ci stiamo muovendo verso un’era in cui le città avranno più peso degli Stati e le supply chain costituiranno una fonte di potere più importante delle forze armate – il cui obiettivo principale, del resto, sarà sempre più proteggere quelle anziché le frontiere. La competizione per la connettività sarà la corsa agli armamenti del XXI secolo”.
Questo libro traccia, come pochi ne ho trovati, il cosa ci sarà, il cosa sarà di noi. Siamo consapevoli che gli eventi possono prendere strade insensate e anche insperate ma la strada che traccia Khanna, oltre a far guardare le cose con maggiore ottimismo, che non guasta, viene suffragata da un’attenta valutazione dei fatti e delle statistiche; cosa che la rende, almeno ai miei occhi, attendibile e perseguibile.
Qualcuno come Chuck Hagel, ex segretario della Difesa degli USA lo consiglia come lettura al prossimo presidente degli Stati Uniti. Kevin Kelly di Wired lo definisce “il libro più globale mai scritto”.
Questo libro segna una svolta. Perderselo significa restare indietro. Buona lettura per le prossime vacanze natalizie.
Parag Khanna, Connectography: Le mappe del futuro ordine mondiale, Fazi Editore, 2016.