Sono settimane, queste, in cui la Costituzione Italiana è la protagonista del confronto politico. Un dibattito molte volte di non eccelso livello, bisogna ammetterlo, ma che ha per lo meno il merito di ricordarci che questo Stato, cioè noi, nasce proprio con quel documento. Don Sturzo la definì non a caso “il fondamento della Repubblica. [Al punto che] se non rispettata [..] e difesa [..] verrà a mancare il terreno sul quale sono fabbricate le nostre istituzioni e ancorate le nostre libertà. È per questo che è affascinate pensare che per custodirla sia stato simbolicamente scelto uno splendido edificio attorno – e grazie – al quale si “muove” la piazza più bella di tutta Roma.
Sindrome di Stendhal alla romana
Si chiamava Marie-Henri Beyle, e se il nome non vi dice niente la cosa è abbastanza normale. Fu un intellettuale francese vissuto a cavallo tra Settecento e Ottocento letteralmente innamorato della bellezza di questa terra; lo era al punto da esserne quasi sopraffatto e visto che amava farsi chiamare Stendhal è con questo nome che da allora si indica la sindrome omonima che affligge chi di fronte alle opere d’arte più sbalorditive si sente quasi mancare.
Ebbene Stendhal al termine del consueto Grand Tour in Italia giunse finalmente a Roma dove si stabilì per diverso tempo. Era una città che amava e più di ogni altro ammirava un luogo in particolare, piazza Monte Cavallo. Sembra assurdo perché questo nome non evoca nessuna delle meraviglie più note e a questo aggiungiamo che all’epoca di Stendhal si trattava ancora di un grande slargo sterrato nel quale si concludeva il rettilineo della Strada Pia. Sì, da lassù si ammirava una dei più straordinari panorami di Roma ma nonostante vi si affacciassero alcuni sontuosi palazzi, si faticava persino a definirla una piazza tanto appariva casuale la loro disposizione. Nulla, insomma, che si avvicinasse nemmeno lontanamente ai canoni di bellezza classici. Eppure lui, Stendhal, aveva colto, per primo, quale fosse il vero fascino di quel luogo letteralmente unico e così singolarmente romano.
Urbanistica di Stato
Quando quel colle iniziò a trasformarsi in ciò che oggi conosciamo con il nome di Quirinale eravamo nel Seicento ed era il periodo in cui, di lì a poco, in tutta Europa, si sarebbe affermata una nuova idea, per così dire moderna, di Stato. Il rinnovato spirito era talmente rivoluzionario che persino l’urbanistica risentì dei cambiamenti; il potere, che necessitava ora di una macchina più complessa, trovava una sua rappresentazione architettonica nell’inedito concetto di place royale. Il nuovo centro della vita politica era dunque una piazza monumentale i cui quattro lati erano solitamente occupati dagli edifici più simbolici e in cui avevano sede le istituzioni fondanti dello Stato.
Ne nasceranno molte in questo periodo tutte più o meno simili, ma non a Roma. Nella Città Eterna una simile semplificazione era impossibile. Certo, in parte dipendeva dalla struttura stessa del potere – che qui coincideva con la figura del Papa – ma era anche la storia stessa di una città millenaria a rendere impossibile l’adozione di un modello tanto astratto quanto simbolico.
Il colle più alto era divenuto sin dall’antichità una delle zone ideali in cui ricchi patrizi romani sceglievano di costruire le proprie ville e, nel IV Secolo dopo Cristo, Costantino, il primo imperatore cristiano, fece erigere proprio qui le maestose terme che portavano il suo nome. Esattamente di fronte a questo edificio si trovavano in origine le imponenti sculture dei Dioscuri, oggi al centro della piazza che valsero a questo luogo l’appellativo appunto di Monte Cavallo.
Senza dubbio la posizione panoramica rendeva il colle un luogo privilegiato e, ci si accorgerà presto, anche più salubre. Fu infatti, già nel Cinquecento, Sisto V ad affidare a Domenico Fontana, tra i tanti incarichi, anche quello di progettare lassù una residenza estiva al posto dell’esistente villa del cardinale d’Este. Sarà poi dal pontificato di Paolo V Borghese che il Quirinale, ampliato e completato, diventerà la residenza principale del Papa che lo preferì al meno salubre Vaticano. Nascerà ironicamente così quella contrapposizione che ancora oggi caratterizza Roma, tra la sede politica sul colle e quella religiosa oltre Tevere.
Una piazza in movimento
Il nuovo Palazzo del Quirinale, tuttavia, sostituendosi ad una pre-esistenza dovrà adeguarsi al sito assecondando da una parte il percorso della Strada Pia (l’odierna via XX Settembre) e dall’altro il ripido declivio di via della Dataria, assumendo per questo quell’insolita conformazione che tutt’oggi lo caratterizza e che potremmo definire “a trequarti”.
Questo primigenio slittamento prospettico dei fronti darà luogo, negli anni a seguire, a tutta una serie di interventi che, inserendosi in uno spazio così dinamico, finiranno per rendere questa piazza così singolare rispetto a tutte le altre, non solo a Roma.
Tale caratteristica verrà non solo ribadita ma addirittura sublimata, allorché, nel 1737, Papa Clemente XII incaricò l’architetto Ferdinando Fuga di edificare la nuova Consulta che sarebbe dovuta sorgere proprio di fronte al Quirinale, sull’altro lato della Strada Pia. Il sito, come nel caso del palazzo pontificio, era caratterizzato dall’antica pre-esistenza delle terme e così l’architetto fiorentino dovette inventare un edificio singolare che diverrà il vero, imprescindibile, baricentro attorno al quale si svilupperà tutto il dinamico vortice prospettico della piazza.
Mi rendo conto che definire una piazza “dinamica” possa giustamente sembrare una forzatura ma non lo è certo di più che ammettere che alcuni affreschi si muovano. In effetti, come i dipinti di Tiepolo nel Salone delle Feste della veneta Villa Pisani danno l’illusione di muoversi, così anche questa piazza, che poi è dello stesso periodo, sottintende un’idea di movimento.
Immaginate la più famosa delle place royale di questo periodo, la parigina Place de Voges su tutte: si tratta di uno spazio meraviglioso ma assolutamente statico, in cui lo sguardo si muove solo in una direzione. Ebbene ora confrontatelo con piazza Monte Cavallo e vi sarà chiara la differenza. Nella “scena” romana non esiste un solo asse prospettico principale, lo sguardo qua traguarda di volta in volta diversi cannocchiali prospettici, quello di via XX Settembre, quello panoramico sulla città ma anche naturalmente quello che inquadra la facciata del Quirinale e ciascuno di questi movimenti visivi avviene mantenendo come ideale centro di rotazione proprio il Palazzo della Consulta.
La parola “scena” in effetti è stata tutt’altro che casuale. In un’epoca come quella barocca, in cui la teatralità fece irruzione nell’architettura, lo spazio urbano diviene a Roma un luogo immaginato per incantare lo spettatore ed è proprio ciò che Fuga si prefigge di fare qui. In particolare è proprio il palazzo che, con la sua posizione, diviene una rivoluzionaria quinta prospettica. Una scenografica facciata, inclinata rispetto all’andamento della piazza per essere vista “di sguincio” piuttosto che frontalmente (caratteristica quanto mai evidente se si osserva il lungo rettifilo di via XX Settembre posizionandosi alle spalle dell’obelisco).
Multifunzionalità ante litteram
Il palazzo in questione, commissionato da Clemente XII, doveva essere assolutamente funzionale all’amministrazione, ribadendo quindi il ruolo della piazza come nuovo centro amministrativo e politico dello Stato. Incastonato in un lotto piuttosto angusto, di forma trapezoidale se osservato sulla famosa mappa del Nolli del 1748, sembra essere quasi la chiave di volta dell’arco urbano prospiciente. All’interno dovevano essere ospitate due importanti istituzioni come il Supremo Tribunale Pontificio e la Segreteria di Stato dei Brevi. Non solo, il Papa chiese che nello stesso edificio, trovassero posto anche le caserme delle Guardie Pontificie delle Corazze e dei Cavalleggeri. Un palazzo dunque “multifunzionale”, come lo definiremmo oggi, al quale era richiesto nondimeno un aspetto solenne ed istituzionale.
Finanziato con i proventi della lotteria, questo splendido esempio di architettura Settecentesca si impone, con il suo Baracco quasi razionale, conquistando il ruolo di (inaspettato) protagonista di piazza Monte Cavallo in cui il Quirinale, l’obelisco, la Strada Pia e persino l’edificio elegantissimo delle Scuderie sembrano occupare una posizione ben più rilevante ma che è in realtà permessa loro proprio dall’invenzione di Fuga.
Il cuore della Nazione
Il Palazzo manterrà questo ruolo centrale, non solo per quanto riguarda l’urbanistica, anche in epoca più recente fino ad essere custode quasi defilato di importanti eventi della storia. Fu al suo interno, ad esempio, che si insedierà lo storico triumvirato di Mazzini, Armellini e Saffi, alla guida della Repubblica Romana nel 1849 e sarà sempre qui che, dopo l’annessione di Roma al Regno d’Italia, risiederà il principe ereditario Umberto I con sua moglie Margherita di Savoia. Infine, negli anni del regime, vi sarà invece ospitato prima il Ministero degli Esteri e quindi quello delle Colonie fino alla tragedia della guerra e al successivo referendum che trasformerà l’Italia in una Repubblica.
Finalmente, il 22 dicembre 1947, l’Assemblea Costituente approvò la nuova Costituzione che tra i tanti articoli, al numero 134, prevedeva l’istituzione della Corte Costituzionale quale organo di garanzia a cui veniva demandato il compito di giudicare la legittimità degli atti dello Stato. Un ruolo solenne e fondamentale che incredibilmente dovrà però attendere diversi anni per trovare un’effettiva attuazione; sarà infatti solo nel 1956 – sessant’anni fa esatti – che la Corte si riunirà per la prima volta e lo farà appunto nel Palazzo della Consulta. Da allora questo splendido edificio che Fuga progettò nel Settecento, oltre a rappresentare il cardine di una sbalorditiva scenografia urbana, è divenuto, simbolicamente, il centro di uno Stato che nella propria Costituzione si identifica.