Anna Magnani si era imbarcata sull’Andrea Doria a Napoli, nell’aprile del 1953. Era il suo primo viaggio a New York, lei che non amava l’aereo, lei che non amava viaggiare, era arrivata in una città che, come tutti in quegli anni, aveva visto al cinema, di cui conosceva le strade e i grattacieli per i tanti film visti, e trovò una città che non si sarebbe aspettata, lei così legata a Roma, profondamente mediterranea, come gli americani la vedevano e come in effetti era.
L’attrice arrivò a New York nel maggio del 1953 per presentare Bellissima, di Luchino Visconti, al cinema Trans-Lux 60th.Quella proiezione decretò il successo mondiale del film (dopo i tiepidi inizi italiani e il trionfo francese) e consacrò Anna Magnani diva internazionale, una diva anomala rispetto al panorama hollywoodiano: intensa, difficile, irregolare, autentica, niente a che vedere con le star a cui il mondo era abituato.
Anna Magnani conquistò l’America, e New York, a modo suo, conquistò lei. “New York è una città che non si dimentica – raccontò in una breve intervista radiofonica con Gianni Granzotto in quell’occasione – la trovo vera, la trovo umana, umana veramente… Senza diminuire Parigi o Londra, trovo New York personalissima, ha una grandissima personalità, come Roma […] Non ci sono due città simili a New York e a Roma”. L’impressione più forte? “La violenza, l’aggressività spontanea, sincera della gente… sono persone autentiche”.
Altre cose vengono dette durante quella breve intervista, come anche nei libri e nei capitoli scritti negli anni sulla Magnani e l’America, rapporto breve ma fondamentale, discontinuo, non facile. Ma è stata quest’impressione immediata di autenticità, di verità intensa e violenta di New York a rimanere impressa perché reale, ed è proprio quest’impressione che viene riprodotta e restituita in ogni grande film che parli di New York.
L’accoglienza ricevuta a New York in quell’occasione fu straordinaria, “ha superato le mie aspettative – commentava una Magnani insolitamente a disagio a quel microfono, quasi imbarazzata da quell’improvviso ruolo di star internazionale, inaspettato seppur tenacemente voluto – sono commossa per quello che ho visto, per quello che ho ricevuto, veramente…. non pensavo che si sarebbero ricordati così di me”, dopo soli due film da lei interpretati distribuiti in America, l’amatissimo Roma città aperta (Open City) e Il miracolo (The Miracle, la seconda parte del film L’amore di Rossellini, uscito con un certo scalpore a New York nel 1950 e poi censurato fra mille controversie), e adesso Bellissima.
Quello fu il primo viaggio a New York, ne seguirà un altro, l’anno successivo. Era l’ottobre del 1954, ancora l’Andrea Doria, questa volta la traversata Anna Magnani la fa con Tennessee Williams, diventato ben presto un amico, due volte premio Pulitzer, uno dei commediografi più noti in quel momento, autore di quella Rosa tatuata che l’attrice girerà con Burt Lancaster, diretta da Daniel Mann, un ruolo scritto da Williams apposta per lei e che le farà vincere l’Oscar come miglior attrice il 21 marzo del 1956, la prima volta per un’attrice italiana e tanto più un’attrice italiana che recita in inglese.
In occasione della prima di The Rose Tattoo all’Astor Theater (storico cinema di New York che aveva visto le prime di film come Via col vento), il 12 dicembre del 1955, prima che le nomination all’Oscar venissero annunciate, Time Magazine dedicava tre colonne ad Anna Magnani definendola “la miglior attrice del mondo”. E così è stato. La Magnani non era presente a Los Angeles per ritirare l’Oscar, né lo era stata alla trionfale prima newyorchese del film, ma quella notte fra il 12 e il 13 dicembre la svegliò alle 5.25 del mattino la telefonata del suo produttore e amico Hal Wallis che le annunciava lo straordinario successo della prima a New York (i cui incassi, tra l’altro, vennero destinati a supportare l’Actors’ Studio). L’emozione di Anna Magnani era grandissima, come scrive in un telegramma pochi giorni dopo, lei così fiera, diretta, spigolosa, passionale, lei così lontana dall’America e da Hollywood…
Ci saranno altri due film americani per la Magnani: Wild is the Wind (Selvaggio è il vento) diretto da George Cukor, accanto a Anthony Quinn e Anthony Franciosa, e The Fugitive Kind (Pelle di serpente) diretto da Sidney Lumet, accanto a Marlon Brando e Joanne Woodward.
Ci saranno in seguito anche altri progetti americani, mai realizzati.
La terza volta di Anna Magnani a New York sarà in occasione della conferenza stampa, prima di partire per Hollywood e il Nevada per girare appunto Wild is the Wind. Era il 27 febbraio del 1957, la Cristoforo Colombo era attraccata al Pier 84 del West Side (la gloriosa Andrea Doria era affondata a largo di Nantucket l’anno prima). Con Wild is the Wind verrà candidata all’Oscar nel 1958, e vincerà come miglior attrice al Festival di Berlino, oltre che il suo primo David di Donatello. E poi c’è la storia d’amore con Anthony Franciosa.
La quarta volta di Anna a New York è stata invece per girare (non lontano da qui) il suo terzo film americano: The Fugitive Kind è un film che arriva da lontano, scritto anche questo dall’amico Ten Williams, che aveva già scritto una versione dell’Orpheus Descending nel 1940, dal titolo Battle of Angels (che a Broadway fu un colossale fallimento, per usare le sue stesse parole) e poi l’aveva ripreso nel 1957, a interpretarlo voleva la Magnani, ma lei a Broadway per un anno non ci voleva andare, suo figlio era malato e voleva stargli vicino, e poi aveva altri impegni cinematografici in Italia, non era convinta. A Broadway avrebbe dovuto dirigerla Elia Kazan, e al suo fianco doveva esserci Marlon Brando, con cui lei stessa voleva recitare da tempo. Ma Brando non era convinto, o era troppo impegnato (al suo posto forse Franciosa, che all’epoca la Magnani non conosceva, o un altro attore, a proposito del quale scriveva all’amico Hal: “Volevo chiederti un giudizio su un altro attore che si chiama Paul Newman. Com’è secondo te? Sappimi dire qualcosa”.), e anche Kazan a un certo punto si tira indietro, proprio quando la Magnani sembrava aperta a una possibilità. La commedia di Williams va in scena comunque, senza di loro, ma è tutt’altro che un successo, e il progetto di farne un film rimane, e di farlo con Anna. Nel 1959 arriva la possibilità, arriva Sidney Lumet, e anche Marlon Brando accetta. Il profondo sud del film è in realtà girato a Milton, Upstate New York, dove durante le riprese del film al piccolo ufficio postale vedevano spesso capitare la Magnani a spedire lettere e telegrammi a Roma… Ma Brando e la Magnani sono troppo uguali, due attori grandissimi, spiriti forti, passionali, a modo loro assoluti, e i due si scontrano spesso, durante e dopo le riprese del film. Qualcosa è stato scritto da biografi e commentatori vari, qualcosa di spiacevole anche, se sia vero o meno poco importa. Anna Magnani non fu mai contenta di quel film, troppo manierato, troppo hollywoodiano, e ricorda che Lumet “non si curava di noi attori”, non era come Daniel Mann, che un giorno si era seduto accanto a lei e le aveva chiesto di tirare fuori se stessa per il ruolo di Serafina nella Rosa tatuata.
Quando era a New York (o almeno nelle vicinanze) per le riprese di Pelle di serpente appunto, fu lei a premiare con il David di Donatello Marilyn Monroe (v. video a fondo pagina), per la sua interpretazione l’anno precedente in The Prince and the Showgirl (Il principe e la ballerina). Un breve filmato testimonia quel momento, una Marilyn sinceramente emozionata, una Magnani padrona di casa all’Istituto Italiano di Cultura di New York, e al microfono “vi parla Ruggero Orlando”, voce indimenticabile.
Altre cose forse ci sarebbero da dire su Anna Magnani a New York, sulle sue corrispondenze americane (si può leggere a proposito l’interessante libro di Cristina e Luigi Vaccarella), sui suoi film americani, quelli fatti e quelli tentati. Ma in verità l’unica cosa da fare è vedere, e rivedere, i suoi film: in quelli c’è tutta la Magnani.
Ed è una straordinaria opportunità quella offerta dal Lincoln Center, in collaborazione con Istituto Luce Cinecittà: dal 18 maggio al 1 giugno verranno infatti proiettati, in 35mm e in 16mm, 24 film di Anna Magnani. Una grande retrospettiva che da New York viaggerà poi in diverse città americane e canadesi, che propone film che vanno da Tempo massimo (Full Speed) di Mario Mattioli (1934, era il terzo film da lei interpretato) fino a Roma di Federico Fellini: con quel portone chiuso, addio simbolico di Anna Magnani al cinema e, pochi mesi dopo, alla vita. E in mezzo ci sono stati Roma città aperta (Rome Open City), L’onorevole Angelina (Angelina), Bellissima, The Rose Tattoo (La rosa tatuata), Mamma Roma, Teresa venerdì (Doctor, Beware), Vulcano (Volcano), Risate di gioia (The Passionate Thief), La carrosse d’or (La carrozza d’oro), Wild is the Wind (Selvaggio è il vento), The Fugitive Kind (Pelle di serpente), Nella città l’inferno, e tanti altri.
Ci sono stati Rossellini, Visconti, Camerini, De Sica, Pasolini, Monicelli, Renoir, Cukor, Lumet, Fellini, c’è tutta la storia del cinema nel cinema di Anna Magnani.
Guarda il video del collegamento TV per la consegna del David di Donatello a Marilyn Monroe: