Le dinamiche di coppia sono un misterioso ginepraio di meccanismi inconsci. Da sempre. Fin dai tempi della coppia ancestrale, dei progenitori di tutte le coppie: Adamo ed Eva. Dai tempi del paradiso perduto a oggi, lo spettacolo Adam & Eve, diretto da Mauro Santopietro e presentato a New York per la quarta edizione di In Scena! esplora con umorismo e poesia i sentimenti e i comportamenti che definiscono i rapporti d’amore. Lo spettacolo, interpretato da Mauro Santopietro e Alessia Giangiuliani e prodotto dal Teatro Stabile d’Abruzzo, ha vinto il bando di produzione della Regione Lazio per gli emergenti.
Con che obiettivo arrivate a New York?
“È la mia seconda volta a New York. La prima volta mi fu fatta la stessa domanda. Allora non sapevo bene cosa rispondere, ma ora tutto è più chiaro. L’obiettivo per me ed Alessia è quello di ricaricare bene le pile. Qui a New York c’è un energia propositiva, una spinta emotiva pazzesca. Si ha modo di dare spazio alla fantasia pensando che tutto possa realizzarsi. Ecco questo è l’alimento del quale nutrirsi: potersi proiettare in uno scenario che, anche solo per un momento, ti permette di allontanarti dalle logiche nazionali.
Che cosa potrà vedere il pubblico attraverso il vostro spettacolo?
“Ostinazione nel voler mettere in scena uno spettacolo partendo dal nulla. Ricerca nella parola e nel tentativo di rendere la regia il più possibile poetica. Sofferenza nel veder procedere Adamo ed Eva nel loro tragitto verso il contemporaneo. Attrazione tra Adamo ed Eva al di là di ogni logica. Incomprensioni tra un uomo ed una donna. Oserei dire che vedrà il percorso naturale di una coppia. E tutto questo susciterà divertimento e tenerezza”.
Come mai avete scelto questo tema?
“Per capire. Trovo sempre più incomprensibile la parola ‘amore’. Attraverso il teatro abbiamo voluto indagare questa parola indossando i panni della prima coppia conosciuta al mondo”.
Qual è lo stato del teatro italiano? È difficile oggi fare teatro in Italia, perché?
“In Italia dobbiamo inventarci assolutamente un nuovo sistema culturale. Funzionava male il vecchio dicevano. Intendo quello prima della riforma fatta. Ma perché con la nuova riforma dei numeri stiamo perdendo pubblico allora? Ci stiamo trasformando in “politici” senza arte né parte, convinti che per emergere dalla palude serva vincere un bando, riempire di like il profilo Facebook della compagnia, essere stimati da chissà chi…. e chi ci riesce si ritrova però sale piene di amici, operatori, critici…. ma senza pubblico vero! L’unico terreno che stiamo coltivando è quello della sterilità. Dobbiamo tornare a un concetto esperienziale della cultura. Far fare un’esperienza oggi credo sia l’unica arma per ristabilire una comunione tra artisti e spettatori. Dobbiamo tornare a far credere nelle favole. Sperando di raccontare favole utili. Una poesia di Bertolt Brecht recita così:
Dici:
per noi va male. Il buio
cresce. Le forze scemano.
Dopo che si è lavorato tanti anni
Noi siamo ancora in una condizione
più difficile di quando
si era appena cominciato.
E il nemico ci sta innanzi
più potente che mai.
Sembra gli siano cresciute le forze. Ha preso
una apparenza invincibile.
E noi abbiamo commesso degli errori,
non si può negarlo.
Siamo sempre di meno. Le nostre
parole d’ordine sono confuse. Una parte
delle nostre parole
le ha stravolte il nemico fino a renderle
irriconoscibili.
Che cosa è errato ora, falso, di quel che abbiamo detto?
Qualcosa o tutto? Su chi
contiamo ancora? Siamo dei sopravvissuti, respinti
Via dalla corrente? Resteremo indietro, senza
comprendere più nessuno e da nessuno compresi?
O contare sulla buona sorte?
Questo tu chiedi. Non aspettarti
Nessuna risposta
Oltre la tua.
Ritieni che il teatro italiano sia esportabile? Quali caratteristiche lo rendono più o meno esportabile?
“Assolutamente sì. Il teatro è senza una casa. Non appartiene a nessuna lingua o cultura se non all’uomo stesso. Altrimenti non sarebbe sopravvissuto in tutti questi secoli. E non lo si ritroverebbe ovunque, in ogni dove. Certo deve avere delle caratteristiche: saper coinvolgere e raccontare delle storie. Divertenti. Tristi. Non ha importanza. Con parole. Con una sola drammaturgia di azioni o di immagini. Deve però trascinare in qualche modo lo spettatore, e la bravura dell’attore al di là della drammaturgia o della regia diventa quindi fondamentale. Ecco, il requisito fondamentale è avere degli attori bravi. E in Italia è pieno di bravi attori”.
Che accoglienza vi aspettate dal pubblico americano? Cosa volete lasciare con questo spettacolo alle persone che verranno a seguirlo?
“Ci aspettiamo un pubblico curioso. Desteremo curiosità e lasceremo dei ricordi. Spero belli”.
Date ai nostri lettori una ragione per venire a vedere il vostro spettacolo.
“È difficile dare ragioni. Abbiamo avuto tra il pubblico persone commosse, altre divertite. Hanno provato emozioni ecco. Potrebbe essere questa una ragione sufficiente?”.
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