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June 15, 2014
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June 15, 2014
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R.a.e.P.: la parola si fa spettacolo per raccontare le morti sul lavoro

Maurita CardonebyMaurita Cardone
Time: 3 mins read

Il delicato e drammaticamente attuale tema delle morti sul lavoro raccontato attraverso un dialogo tra un operaio e uno studente, entrambi schiacciati da un sistema che non sembra dare chance né all’uno né all’altro. All’interno del festival di teatro italiano In Scena!, il 16 e 18 giugno arriva R.a.e.P., già finalista al premio scenario 2011. Uno spettacolo che è esplorazione del linguaggio, di un linguaggio capace di creare musicalità che a sua volta si trasforma in significato nella drammaturgia, nel corpo, nella parola, nella luce e nella scenografia. Tutto diventa scrittura scenica.

R.a.e.P. è scritto Mauro Santopietro ed è diretto e interpretato dallo stesso Santopietro e da Tiziano Panici .

Ci siamo fatti raccontare la genesi, i significati e i valori dello spettacolo da Santopietro, autore ed attore teatrale e televisivo, formatosi con nomi come Anton Milenin, Saverio La Ruina, Nicolaj Karpov, Juri Alschitz e con Vincenzo Cerami e Ruggero Cappuccio per la drammaturgia. Come attore Santopietro ha lavorato con Giles Smith, Luca Ronconi e Giancarlo Sepe, fra gli altri. A Roma collabora con il Globe Theater, diretto da Gigi Proietti, con la cattedra di teatro dell’Università La Sapienza e dal 2012 gestisce il Teatro della Dodicesima a Roma.

Cosa significa il titolo dello spettacolo?

RaeP è l’acronimo di “racconto del presente”. Il titolo gioca però anche sulla musicalità del testo, lo studente parla infatti in versi reppati… mentre l’operaio parla in dialetto, ma anche lui in versi. Il linguaggio quindi è estremamente poetico.

mauroUna storia, quella raccontata nel tuo spettacolo, dolorosamente attuale. Quanto c’è dell’Italia di oggi nei tuoi due personaggi e nella sceneggiatura?

Tutto. La drammaturgia prende spunto da due fatti di cronaca italiana. Un suicidio, quello di uno studente; ed un omicidio, quello dell’operaio. Vittime del Paese Italia in cui i problemi non si affrontano, ma si consumano, si risolvono per sfinimento o per svilimento di molte vite. I personaggi sono per me due facce di una stessa medaglia. Entrambe sono “morti bianche”.

Perché hai deciso di affrontare il tema del lavoro? 

Perché noi siamo il nostro lavoro. La nostra identità è data dalla funzione che rappresentiamo nella società. Molti italiani oggi soffrono il non riuscire a sentirsi utili a qualcosa o qualcuno, come anche il rappresentare qualcosa ma essere impossibilitati a dimostrarlo.

Definiresti il tuo spettacolo teatro di impegno civile? Credi che il teatro possa o debba raccontare l’attualità e far riflettere sulla società contemporanea? 

Questa domanda me la sono posta seriamente molte volte… in un tempo in cui il teatro diventa difficile da fare per mancanza di economie, di opportunità per valorizzare la propria ricerca, in un tempo in cui la gente non va più a teatro… che storie si possono raccontare? Come raccontarle? A quale organo dello spettatore è giusto parlare perché abbia voglia di tornare a frequentare il teatro? Quella dell’impegno civile è una possibilità. Perché anche se non è l’arte che risolve i problemi della società, la può interrogare. Come il teatro interroga l’uomo senza voler dare delle risposte.

Autore, regista, interprete: hai fatto tutto in questo spettacolo. Quale il ruolo che ha presentato maggiori sfide per te e quale invece quello più naturale? 

scenaVivo facendo l’attore. Questo solo mi è naturale. Da qualche anno scrivo perché la scrittura rappresenta per me una sfida ancora più affascinante. Sogno di diventare drammaturgo. La regia potrebbe essere un punto di arrivo.. In questo spettacolo la regia non è solo mia, ma anche di Tiziano Panici, in scena con me. Oserei dire che è stata una regia collettiva… fatta anche dalle proiezioni di Andrea Giansanti, dalle musiche di Gabriele Rendina e dalle luci di Alessandro Calabrese. Tiziano è ad oggi un professionista molto giovane ma con un potenziale enorme sia come regista che come attore ed è stato per me molto importante condividere con lui questo lavoro.

È la prima volta che vieni con uno spettacolo a New York? Come ci si sente? Pensi che il tipo di teatro che fai tu (o in generale il teatro italiano) sia esportabile? 

Sì, è la prima volta. New York è fantastica. Ringrazio ancora Laura Caparrotti e Donatella Codonesu, tutta l’organizzazione del festival per questa opportunità. Il teatro è confronto, e come tale è esportabile ovunque. Il dialogo lo si costruisce su un linguaggio comune e se si parla con le emozioni allora si parla con lo stesso alfabeto.
ÔÇï


RaeP

 

Testo e regia di Mauro Santopietro, con Mauro Santopietro e Tiziano Panici

Proiezioni di Andrea Giansanti

Musiche di Gabriele Rendina

Luci di Alessandro Calabrese

Presentato da Produzione Ar.T.è Teatro Stabile d’Innovazione di Orvieto

Lunedì 16 giugno, 8.00 pm, TheaterLab, 357 W 36th St, New York

Mercoledì 18 giugno, 8.00 pm, Triskelion Arts, 118 N 11th St, Brooklyn 

 

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Maurita Cardone

Maurita Cardone

Giornalista freelance, abruzzese di nascita e di carattere, eterna esploratrice, scrivo per passione e compulsione da quando ho memoria di me. Ho lavorato per Il Tempo, Il Sole 24 Ore, La Nuova Ecologia, QualEnergia, L'Indro, senza che mai mi sia capitato di incappare in un contratto stabile. Nel 2011 la vita da precaria mi ha aperto una porta, quella di New York: una città che nutre senza sosta la mia curiosità. Appassionata di temi ambientali e sociali, faccio questo mestiere perché penso che il mondo sia pieno di storie che meritano di essere raccontate e di lettori che meritano buone storie. Ma non ditelo ai venditori di notizie.

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