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Sheer Mag, il punk-rock sopravvive a Philadelphia

I cinque rivivono senza vergogna i fasti del rock più abrasivo degli anni '70

Piero MerolabyPiero Merola
sheer mag
Time: 3 mins read

È uscito a fine marzo il terzo capitolo della giovane carriera degli Sheer Mag e la band inizia a confermarsi come uno dei progetti americani in grado di far sopravvivere il rock nella sua accezione classica. Nei tempi in cui lo strapotere indie rock, anch’esso un po’ in crisi rispetto ai fasti dello scorso decennio, offusca i revivalist della tradizione classic rock, il quintetto offre una proposta musicale che senza vergogna guarda all’epoca dei grandi anthem della tradizione americana, ma non solo.

Per intendersi quello di storiche formazioni come i Lynyrd Skynyrd, ma con un’attitudine figlia di chi è cresciuto con la testa e il cuore al punk a stelle e strisce che rende il prodotto molto appetibile anche per i meno avvezzi alla tradizione.

Ad eccezione del primo batterista, la band si è conosciuta tra i banchi del SUNY Purchase College, nel Nord dello Stato di New York. Chi più chi meno, si fa le ossa nei molteplici gruppi di diversa estrazione musicale del variegato underground della città universitaria. La corpulenta vocalist Tina Hallaway, che in molti accostano a Beth Ditto (The Gossip) per la voce graffiante oltre che per l’attitudine da palco, si forma nel progetto punk-rock The Shakes, grazie al quale riesce ad affermarsi come una delle frontwoman più promettenti dell’area.

Nel 2014 decidono di mettere in piedi una band, accomunati dalla passione per il garage rock, il punk e gli anni Settanta. A New York preferiscono Philadelphia e vanno a vivere nel Sud della metropoli. Il nome sta per sheer magnitude, magnitudo assoluta, la stessa che cercano di mettere in musica nei loro live monolitici e travolgenti. Il logo, dal gusto piuttosto vintage, è disegnato dallo stesso chitarrista solista, Kyle Seely, il fratello Hart, con il quale condivideva il progetto D’s Licks, oltre a suonare tutto, ma in particolare il basso, si occupa della registrazione e dei mix. A The Nuthouse si trovano per registrare il loro disco d’esordio, un 7” autoprodotto e senza titolo, in pieno stile do it yourself. I brani sono figli di registrazioni casalinghe dei due fratelli e si sposano benissimo con le linee vocali di Tina.

Assenti sui social media e contrari alle nuove logiche promozionali, accrescono la loro popolarità grazie a performance memorabili che dall’East Coast li proiettano subito nel resto del Paese. Il secondo album è sempre un 7”, si intitola molto semplicemente II e segna una svolta nella maturità del suono e nelle tematiche dei testi, dai contenuti più sociali e politicamente radicali, con un focus sulla gentrification che negli ultimi anni ha rapito lo spirito underground del loro quartiere di residenza. Ancora autoprodotto, ma distribuito dall’etichetta di culto di Brooklyn Katorga Works, incuriosisce un numero sempre più ampio di inguaribili nostalgici punk-rock.

Pur ancorati a degli scenari e a un’estetica da punk-rocker degli albori, tuttavia, le chitarre non disdegnano riff e assoloni da nipoti dei Thin Lizzy, in chiave più marcia e a bassa fedeltà. E grazie all’efficace scrittura della Hallaway, i ritornelli sono sempre molto corali e immediati. Sul palco si trasformano in degli inni cantati a squarciagola soprattutto nelle venue più intime dove sono cresciuti. Alla fine dello scorso anno sono passati anche dall’Italia, al Freak Out di Bologna, e hanno convinto gli avventori più casuali. Assistere a un loro spettacolo è un tuffo indietro nel tempo, al sudore di quei live senza compromessi tipici del rock’n’roll e del power pop d’altri tempi.

Persino Rolling Stone li segnala tra le band rivelazione del 2015 e ne lancia il nome a un pubblico più ampio. A loro sembra importare poco. A inizio anno si mettono subito a registrare il terzo album, ancora una volta un EP  in quattro tracce.

Impegnati in questi mesi in un lungo tour nordamericano, ad aprile suoneranno al prestigioso Coachella. Alla fine di maggio torneranno in Europa dove sono stati convocati a un altro d

Al momento giusto arriverà un vero e proprio LP, ma sono bastati 3 EP e dodici tracce per creare il culto degli Sheer Mag. Finalmente potete trovarli anche su Facebook  e su Twitter, ma come potete prevedere, i profili sono tutt’altro che aggiornati.

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Piero Merola

Piero Merola

Laureato in Relazioni Internazionali, lavoro come consulente di comunicazione, pubbliche relazioni e nuovi media. All'interesse per la storia e la politica americana, ho sempre unito quello per la musica. Dopo uno stage in Ambasciata Italiana a Washington, ho seguito per America 24 le presidenziali del 2012, e oggi scrivo per Rivista - Il Mulino. Editor del magazine online Kalporz, dal 2006 scrivo recensioni, interviste e report da ogni dove. Collaboro come ufficio stampa e copywriter con etichette, agenzie di booking, eventi e festival. In passato ho lavorato per festival estivi come Beaches Brew e Ortigia Sound System, oggi per la comunicazione del Diagonal Loft Club e di Deposito Zero Studios dove sono responsabile della direzione artistica del video format Live Zero. In questa rubrica vi presento nomi emergenti della scena americana, alcuni dei quali, intanto, sono diventati grandi.

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