Quest’anno i Conti tornano. Il Festival di Sanremo 2016 funziona, cattura, attira. Ci si addormenta sempre prima della fine, ma questo ormai non fa nemmeno più notizia. La fanno invece i numeri dello spettacolo targato Carlo Conti che è riuscito nella prima sera a esordire con uno share superiore a quello del 2015: 49.48%, con 11.134.000 spettatori, diventati 10.748.000 la seconda serata e 10.462.000 la terza sera, dedicata alle cover. È un risultato inaspettato persino per lo stesso Conti che è riuscito a battere il se stesso dell’anno scorso. Conti Secondo, Principe del Festival, deve il suo successo a un ben riuscito mix di canzoni nazional-popolari, senza eccellenze né melodrammi, ma soprattutto al suo savoir faire democristiano pieno di gentilezza vera, che si vede soprattutto a fari spenti. Il Festival ha già un primo vincitore per la sezione giovani: si tratta di Francesco Gabbani che con il suo pezzo Amen si è confermato essere un cantautore in grado di catturare le attenzioni del pubblico.
Visto che di Festival di Conti si tratta, andiamo a vedere chi sono i Conti e le Contesse in gara.

Giovanni Caccamo e Debora Iurato, Conti della tradizione
Il brano scritto dal cantante dei Negramaro, Via da qui, è una ballad a doppia voce che ricorda i duetti che tanto piacciono al Festival. Peccato che tutti poi ricordiamo come sono andati a finire i Jalisse…
Noemi, Contessa incompresa
Il pezzo La borsa di una donna partiva come favorito, ma una scarsa interpretazione da parte di Noemi l’ha declassata nel corso delle serate. Il testo rimane uno dei più densi del Festival, non a caso l’autore è Marco Masini. Poteva essere la nuova Quello che le donne non dicono. Un’ottima occasione sprecata.
Alessio Bernabei, Conte Talent de Plagi
Era il frontman dei Dear Jack, gruppo uscito dai talent e osannato dalle ragazzine. Quest’anno concorre da solista con Noi siamo infinito. Peccato che si tratti se non di plagio di somiglianza vivacissima, e imbarazzante, con la oltreoceanica One Last Time di Ariana Grande. E c’è chi dice potrebbe non essere un caso.
Enrico Ruggeri, Conte del ritmo
Il primo amore non si scorda mai, canta, ed evidentemente non si scorda mai nemmeno il Ruggeri degli esordi, frizzante, punk friendly. Lui tiene il palco come solo un vero big sa fare e il pezzo ha il giusto ritmo accattivante. Se dovesse vincere sarebbe una bella sorpresa.
Arisa, Contessa del meteo
Se due anni fa vinse Controvento, quest’anno ci vorrebbe riprovare Guardando il cielo. Peccato che, pur essendo la canzone molto bella e ben calibrata, lei assomigli un po’ troppo severamente a se stessa. In tanti la acclamano, e non certo per il look. Ma una sua doppia vittoria così ravvicinata, pur essendo una cosa non deplorevole appare improbabile.
Rocco Hunt, Conte dei guagliò
Vinse Sanremo giovani due anni fa, ora con Wake up, invita i guaglioni napoletani a svegliarsi amando la propria terra. Ogni bravo autore che si rispetti ha dei temi cari, Hunt però corre il rischio di venire schiacciato tra l’hip hop e un unico tema.

Dear Jack, Conti Talent de Talent
La band cambia il pelo, ma non il vizio. Via Bernabei, arriva il diciottenne Leiner Riflessi a cantare Mezzo Respiro, ma manca la sostanza. Non la pensano così le fan adolescenti dei talent che potrebbero stravolgere il risultato del Festival a suon di televoto.
Stadio, Conti del gusto
Se Un giorno mi dirai fosse stata portata a Sanremo da Vasco Rossi avrebbe sbaragliato la concorrenza a mani basse. Invece agli Stadio tocca faticare un po’ di più, ma forse non poi così tanto. Via il ritornello che diventa un gorgheggio, il brano dedicato al figlio rischia il podio o almeno il premio della critica.
Lorenzo Fragola, Conte intrepido
Bene l’anno scorso, male quest’anno. Infinite volte è un brano che richiede doti vocali che il siciliano Fragola non possiede ancora. Potrebbe funzionare in radio, ma non come vincitore del Festival, sempre che dio Televoto-fan-talent non ribalti il buon senso comune.
Annalisa, Contessa del gossip
La volevano a tutti i costi incinta e invece Annalisa, se il gossip dovesse essere smentito, potrebbe solo essersi addolcita nelle forme e nel suono. Il diluvio universale è uno dei brani più belli del festival, maturo, intenso, con qualche buona occasione sprecata dal punto di vista dell’arrangiamento. Il risultato finale tuttavia convince sia dal vivo che in diretta su Rai 1. Potrebbe essere un buon avvio di una carriera che stenta a stabilizzarsi.
Irene Fornaciari, Contessa blu de profughi
La Fornaciari è Blu come la canzone che canta, malinconica e triste anche per la poca eco che il suo brano ha avuto. Il tema dei profughi sarebbe stato perfetto per un qualcosa di impegnato sul serio e invece il testo rischia di essere troppo criptico. Peccato.
Neffa, Conte intelligente
La sua Sogni e nostalgia pare non essere nulla di che, ma basta ascoltarlo in conferenza stampa per capire che il ragazzo ci sa fare e anche una canzonetta può nascondere un significato non scontato. Il suo atteggiamento sembra sempre quello di chi ti vuole prendere in giro e invece Neffa ha un atteggiamento vero. A lui non interessa vincere, meglio così visto che non succederà.
Zero Assoluto, Conti inutili
Non aggiungono nulla al Festival, non tolgono nulla al Festival. La loro Di me e te tende allo zero assoluto, perdibile e scontata. Quasi quasi ci manca il loro motivetto più famoso dove l’unica parola era tuturuturututtu.
Dolcenera, Contessa della trasformazione
L’abbiamo sempre conosciuta come una ragazzaccia del rock e invece Dolcenera con Ora o mai più (le cose cambiano) dimostra che, appunto, le cose cambiano. Strizza l’occhio alle sonorità del soul e vorrebbe tanto assomigliare ad Alicia Keys. Il brano non è male, ma il problema è la credibilità. Se fai la pantera per anni, quando poi ti mostri micia ti crederanno?
Clementino, Conte dell’inaspettato
Portare l’hip hop a Sanremo è sempre un azzardo, ma Clementino con la sua Quando sono lontano azzecca il tema e prima di iniziare a cantare dedica la canzone a chi è lontano da casa. Avremmo voluto saperne di più, ma forse è meglio così.

Patty Pravo, Contessa eleganza
Con una bocca così rifatta che fatica a parlare, con un lifting talmente evidente da aver trasformato i suoi tratti del viso in quelli di un felino, la signora della musica italiana è a forte rischio vittoria. La sua Cieli immensi è intensa senza essere nulla di che. In caso di podio vincerebbe lei e non il brano, un’icona gay in un festival arcobaleno.
Valerio Scanu, Conte scontato
Si chiama Finalmente piove ed è già scontata nel titolo. Non migliora nel testo e nell’interpretazione. Ma il successo di Scanu si nasconde nello zoccolo duro dei suoi fan, social addicted e pericolosissimi.
Bluvertigo, Conti dei conti
Sono i conti dei conti per eccellenza capitanati dal damerino Morgan. Ma Semplicemente scritta proprio da lui, Marco Castoldi, rischia di essere troppo alta per la plebe risultando così quasi incomprensibile. E pensare che aveva dichiarato che la vera sfida era essere così sperimentali da non essere sperimentali.
Francesca Michielin, Contessa Freschezza
Ricorda Elisa nelle sonorità e nel timbro, ma non ha nulla da invidiare a nessuno. Sentiremo a lungo la sua Nessun grado di separazione, con sonorità che in radio sono ancora più elettroniche. Da tenere attentamente sott’occhio e lo faremo sicuramente se dovesse vincere.
Elio e le Storie Tese, Conti Geniali
Vincere l’odio è il contrario del titolo Perdere l’amore di Massimo Ranieri e il brano è costruito esattamente così, ricantando tanti ritornelli della musica italiana. Gli Elii però preferiscono chiamarli andarelli “perché poi non ritornano più”. Geniali e comici.
Ma il Festival di Sanremo 2016 non è popolato solo da Conti. Tra le principesse, Madalina Ghenea e Gabriel Garko, in netto recupero nelle ultime serate da quando i suoi autori hanno scoperto l’arma dell’autoironia, spiccano il re e la regina.
Proclamiamo regina di Sanremo 2016 Virginia Raffaele, cinque sere per cinque imitazioni diverse: esilarante la sua versione di Carla Fracci, divertente quella di Belen e Sabrina Ferilli, ben studiata e tutta da ridere la sua Donatella Versace.
Proclamiamo re Ezio Bosso, un colpo di scena, una sorpresa, un’elegante sottolineatura di come di fronte alla materia dell’intelligenza, l’esteriorità evapori. Di fronte ad un corpo rifatto, a un fascino stupido e seducente, Bosso, compositore affetto da Sla, vince non tanto per le parole che dice, ma per quello che dice, senza parole, suonando.