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June 23, 2015
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Il ‘caso’ del boss della camorra Cuccaro: perché nel Sud lo Stato vale meno dell’immondizia

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
Time: 5 mins read

In un Paese di conformisti sempre pronti, come i farisei, a soffermarsi sulla pagliuzza, facendo finta di non vedere la trave conficcata nell’occhio, c’è anche chi ha il coraggio di porsi e porre alcune domande sul rapporto tra lo Stato italiano e gli abitanti del Sud Italia. Tema: l’arresto del boss della camorra, Luigi Cuccaro. Come hanno raccontato le cronache di questi giorni, la gente del quartiere Barra, a Ponticelli di Napoli, quando ha visto che gli uomini delle forze dell’ordine stavano arrestando il boss, è scesa in piazza nel cuore della notte per cercare di difenderlo. E lui, il boss, ha mandato un bacio alla folla che lo difendeva. Subito i farisei italici sono intervenuti per criticare la gente di Napoli che difende i delinquenti. Che orrore! Il solito Sud di incivili e bla bla bla. 

Ma le cose stanno veramente così? Sono incivili i napoletani o è lo Stato italiano che, da Napoli in giù, nell’immaginario di tanta gente, vale meno dell’immondizia che lo stesso Stato italiano, in combutta con mafia e camorra, sotterra nelle discariche, avvelenando l’ambiente e la vita di milioni di persone? Riguardo a questo tema – cioè a quanto vale l’immagine dello Stato italiano tra le genti del Sud – ci sembra molto interessante una riflessione che l’ex segretario della CGIL siciliana, Pietro Ancona, ha postato su facebook. “I pennivendoli italiani – scrive Ancona, che è rimasto un uomo di sinistra – si scandalizzano per il tentativo di una sessantina di persone di impedire ai carabinieri di portare via ammanettato il boss del quartiere di Barra. Saviano ha commentato sgomento che la lotta alla camorra non è stata vinta e si dovrà ancora combattere molto. Bisognerebbe cercare di capire le ragioni per le quali parte della popolazione napoletana difende, quando è il caso, i boss mafiosi. L'episodio dell'altro giorno relativo al boss Cuccaro ha avuto dei precedenti. Il camorrista gode di un prestigio e di un consenso nel quartiere che viene negato alle figure istituzionali dello Stato. E' anche successo che ci siano state manifestazioni di segno apposto. Condomini che si sono ribellati all'affitto di appartamenti a magistrati o funzionari di polizia particolarmente esposti”.

“Bisognerebbe indagare – prosegue Ancona – sui sentimenti e sulle ragioni che hanno indetto i manifestanti di Barra a difendere il capo mafioso. Forse scopriremmo che la mafia ha riempito un vuoto lasciato dallo Stato e dalla politica. Nell'era post-ideologica del pensiero unico nella quale lo Stato agisce per ridurre i diritti delle persone e per togliere ogni dignità al lavoro, facendone un mezzo di asservimento, la gente trova nell'ordine mafioso del quartiere punti di riferimento e certezze di cui ha bisogno per sopravvivere. Inoltre la giustizia è di difficile accesso per la povera gente. Oggi il processo penale è fatto su misura per coloro che hanno soldi per sostenerne lo svolgimento. Bossetti e Veronica sono in galera perché non hanno i mezzi per pagarsi le costosissime perizie di parte di cui ha hanno bisogno. Mentre la Procura ha mezzi quasi illimitati forniti dallo Stato, l'imputato deve pagarsi tutto di tasca e se non ha i soldi non è in grado di smontare la tesi accusatoria”. 

“Inoltre – scrive sempre l’ex segretario della CGIL siciliana – la popolazione carceraria fatta da gente povera e poverissima trova una qualche forma di assistenza e di protezione nei boss. La gratitudine dei carcerati si estende ai loro parenti del quartiere. Osservo che, per quanto importanti, i boss catturati non sono di grande calibro. Matteo Messina Denaro continua ad essere latitante e questa è la prova lampante di un accordo Stato-mafia tuttora in vigore. Insomma ci sono molte cose oscure che bisognerà illuminare per capire fino in fondo che cosa realmente succede nella realtà dell'Italia abbandonata oramai da anni a se stessa nella quale trovare un posto di lavoro è diventato difficilissimo e quando si trova le condizioni non sono sempre rispettose della dignità delle persone”.

A noi la vicenda di Barra ricorda una novella di Guy de Maupassant. E’ la storia di una comitiva di benpensanti – sul modello di quelli che si sono stracciati le vesti per i napoletani che cercavano di difendere il boss Cuccaro – che si ritrova in una carrozza. Tra i viaggiatori c’è anche una donna di facili costumi. La carrozza viene bloccata da un brigante. Il quale pretende che la donna si conceda a lui, altrimenti, fa sapere, la carrozza non ripartirà. La donna, che ha molta più dignità dei benpensanti che sono con lei nella carrozza, si rifiuta. Inizia la lunga attesa. Fino a quando i benpensanti fanno capire alla donna che è bene che lei si ‘sacrifichi’ per la libertà e l’incolumità di tutti. Così avverrà e poi, ‘ovviamente’, la donna, che alla fine ha salvato la vita a tutti concedendo le proprie grazie al brigante, verrà guardata con sufficienza e trattata da sgualdrina…

Ora, fatti salvi i carabinieri che a Ponticelli di Napoli hanno arrestato il boss Cuccaro – che hanno solo il torto, loro malgrado, di rappresentare uno Stato italiano che fa ogni giorno sempre più schifo (si pensi ai tagli alla sanità per fare contenta l’Europa della banche a cura di Renzi e compagni, che sarebbero in prima fila tra i benpensanti nella carrozza del racconto di Maupassant…) – lo Stato italiano, nel Sud Italia, merita questo ed altro. Basti pensare a quella faccia di Coca Cola del Ministro Graziano Delrio che, dopo due mesi e mezzo dalla frana che ha travolto il viadotto Imera lungo l’autostrada Palermo-Catania, ha lasciato la Sicilia in brache di tela, con migliaia di siciliani che, ogni giorno, per recarsi dal capoluogo dell’Isola nella Città Etnea sono costretti ad arrampicarsi sui pizzi di montagna delle Madonie, impiegando da 4 a 5 ore di tempo.

Il problema non riguarda soltanto la gente normale, che ormai prende il treno (che le Ferrovie hanno potenziato in pochi giorni, dopo aver abbandonato la tratta Palermo-Catania per oltre cinquant'anni!), quanto il trasporto delle merci che la follia degli anni passati ha impostato tutto sui mezzi gommati invece che sul potenziamento del trasporto sulle rotaie. Qualche volta il destino gioca brutti scherzi agli uomini di malafede. Il signor Delrio, oltre che l’attuale Ministro che sta lasciando la Sicilia con l’autostrada interrotta, è lo stesso che, da Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio – sempre del governo Renzi – ha tagliato al Sud tutte le risorse destinate al potenziamento delle reti ferroviarie meridionali, dicendo che nel Meridione ci sono troppe rocce…

Delrio è lo stesso personaggio che, nel dicembre dello scorso anno, in occasione dell’esame e dell’approvazione, da parte del Parlamento nazionale, della legge nazionale di Stabilità (in pratica, il Bilancio e la Finanziaria dello Stato), ha tagliato al Sud 5 miliardi di fondi Pac (Piano di azione e coesione) per finanziare gli sgravi fiscali alle imprese che, nel 90 per cento dei casi, hanno sede nel Centro Nord Italia! Ed erano soldi del Sud che l’ex Ministro Fabrizio Barca – governo Letta – aveva riprogrammato l’anno precedente per il Mezzogiorno. Fondi che la Sicilia avrebbe in parte utilizzato per gli anziani poveri e malati, per l'infanzia e per i minori a rischio. Ma al signor Delrio e al suo capo Renzi e al PD i soldi servivano per finanziare i cazzi loro nel Centro Nord Italia. Che grande Stato italiano! Che serietà! Che grande politica! Che grande partito ‘meridionalista’, l’attuale PD, no?

Perché noi, nel Sud, dovremmo avere stima per personaggi come il signor Delrio e Renzi? Perché gli abitanti del Sud dovrebbero votare per il PD di Renzi e Delrio? Perché dovremmo avere stima per questo Stato di predoni e ladri? Chi rappresentano? La verità sull’attuale Stato italiano – sempre a proposito di camorra – l’ha raccontata il grande Fabrizio De Andrè nella canzone Don Raffaè: uno Stato che “si costerna, s’indigna, s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità…”.

 

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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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