Nei giorni scorsi, sono stati resi noti i risultati dell’ultima edizione del World Happiness Report (il Rapporto sulla Felicità nel mondo) realizzato dal Programma di sviluppo sostenibile dell’Onu. Un modo di valutare lo stato di un Paese nato dall’idea di alcuni ricercatori quando, qualche anno fa, sono emersi in tutta la loro evidenza i limiti del Pil, il Prodotto interno lordo. Un dato, quello del Pil, che più volte è stato dimostrato essere insufficiente, se non addirittura errato nella valutazione delle reali condizioni di un Paese. Situazione che di recente è peggiorata dopo la decisione di alcuni Paesi (tra cui quelli europei) di considerare non il Pil “reale” ma il Pil “potenziale”.
Per questo, quasi in modo provocatorio, ma scientificamente ineccepibile (e forse anche più funzionale) alcuni ricercatori hanno deciso di misurare la "Felicità interna lorda" e hanno invitato i Paesi dell'Onu ad adottare il proprio indice di felicità come guida per migliorare le politiche interne. Il rapporto, realizzato con la collaborazione di John Helliwell della University of British Columbia, Richard Layard della London School of Economics e di Jeffrey D. Sachs, direttore dell’Earth Institute della Columbia University, intende “misurare” la felicità di 158 Paesi prendendo in considerazione parametri come l'aspettativa di vita, la salute, il Pil, il sostegno sociale, la fiducia, la libertà di scelta per il futuro, ma anche numeri reali come il reddito pro capite.
È la terza volta che gli studiosi delle Nazioni unite raccolgono ed elaborano questi dati (le prime edizioni del Rapporto sono state pubblicate rispettivamente nel 2012 e nel 2013). Interessanti i risultati e, soprattutto, l’evoluzione di questi “numeri” nei vari Paesi: prova concreta e incontestabile dei risultati raggiunti dai governi che si sono succeduti in questi anni. Quasi scontate le prime posizioni: secondo il rapporto, è la Svizzera il Paese con il più alto tasso di “felicità” al mondo, seguito dall’Islanda e dalla Danimarca. Seguono Norvegia, Canada, Finlandia, Olanda e Svezia. Una conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, che oggi nel Nord si vive meglio che al Sud.
Solo 15esimi gli Usa, ma ancora più sorprendenti le performance di altri Paesi considerati “felici” nell’immaginario comune: solo 21esimo il Regno Unito, 26esima la Germania e 29esima la Francia.
Prevedibili, invece, altri risultati come quello della Grecia (102esima tra Swaziland e Libano). E, a dimostrazione del fatto che i soldi non fanno la felicità, le posizioni della Cina (84esima) e dell’India, tra gli ultimi Paesi, al 117esimo posto. Paesi in forte crescita e il cui Pil è esploso negli ultimi anni, ma dove la popolazione è palesemente “infelice”. Non sulla base di una sensazione, ma di dati certi e misurabili.
E l’Italia? In base ai risultati della ricerca, anche gli abitanti del Belpaese sono “abbastanza infelici”: l’Italia non è riuscita ad andare oltre la 50esima posizione. Ma il dato più interessante è che la sua performance peggiora costantemente anno dopo anno. Nel rapporto pubblicato nel 2013 l’Italia si era “piazzata” al 45esimo posto, risultato deludente e peggiore rispetto a quello dell’anno precedente. Segno che le politiche adottate, o imposte, da tutti gli ultimi governi nazionali dietro al giustificazione dello stato di crisi economica e finanziaria (“Ce lo chiede l’Europa”, dicevano nel 2012 Napolitano e Monti…), non sono servite a niente: anzi hanno reso gli italiani sempre più ‘infelici’.
Un dato importante, specie dopo il commento dei ricercatori sui dati ottenuti per un altro Paese: la Grecia. Ebbene, secondo gli autori del rapporto, il crollo dell’indice di “felicità” di questo Paese va oltre le ragioni ben note a tutti dell’attuale crisi geopolitica. Il motivo di questa “infelicità” sarebbe dovuto soprattutto al fatto che gli ultimi anni di imposizioni da parte della Triade, di governi poco trasparenti, di scelte politiche sbagliate e di costrizioni di ogni genere, hanno intaccato “la struttura sociale” del Paese. “Se le istituzioni si rivelano inadeguate di fronte alle sfide poste dalla crisi, l’impatto sulla felicità è ancora maggiore” di quanto dicano le statistiche economiche.
A ben guardare è proprio per questo motivo che al vertice della graduatoria si sono piazzati Paesi come la Svizzera o l’Islanda. Paesi nei quali, a dispetto di condizioni ambientali molto spesso avverse, il clima economico è sereno e le istituzioni hanno dimostrato di saper governare con i fatti e non solo con promesse e performance da teatrino. Tesi confermata dal fatto che, al polo opposto, tra i Paesi in cui il livello di “felicità” è più basso si trovano otto Paesi dell’Africa subsahariana, oltre a Siria e Afghanistan: Paesi spesso vittime di guerre non volute, ma imposte dall’esterno e dove i governi degli ultimi anni non hanno saputo gestire la cosa comune.
Una classifica, quella contenuta nell’ultimo World Happiness Report, che forse non avrà peso geopolitico sulle prossime decisioni prese dal governo italiano, ma che forse dovrebbe far riflettere gli italiani: quanto tempo dovrà passare prima che l’Italia diventi “infelice” come la Grecia?
Foto tratta dal secolo XIX.it