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Il Forteto, scandalo della giustizia italiana durato oltre trent’anni

La cooperativa a cui venivano affidati bambini disabili, nonostante i fondatori fossero stati condannati per abusi

Fabio CammalleribyFabio Cammalleri
Il Forteto, scandalo della giustizia italiana durato oltre trent’anni

Una immagine degli anni Settanta della Cooperativa Il Forteto

Time: 6 mins read

Qualche giorno fa, due persone, Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi, sono state condannate, in via definitiva per maltrattamenti e violenze sessuali su minorenni: 15 anni e 10 mesi di reclusione, l’uno, 8 anni e 6 mesi, l’altro.  Insieme a loro, a minori pene, altri 16 imputati.

Dov’è la notizia? Vediamo. I due sono stati a lungo “capi carismatici” della Cooperativa Agricola Il Forteto, con sede a Barberino del Mugello: a cui, nel corso di oltre trent’anni, sono stati affidati numerosissimi bambini, provenienti da condizioni familiari disagiate.

Molti anni prima, erano già stati condannati entrambi a due anni di reclusione, per maltrattamenti, atti di libidine violenta e corruzione di minorenne, nei confronti di una ragazza affidata alla struttura. Da quella prima sentenza (irrevocabile l’8 Maggio 1985) emergeva una “istigazione, da parte dei responsabili del Forteto, alla rottura dei rapporti tra i bambini che erano loro affidati e i genitori biologici”; e, inoltre, “una pratica diffusa di omosessualità”. Già 32 anni fa. Tuttavia, gli affidamenti di minorenni alla “comunità” proseguiranno: come se i due allora avessero preso una multa per divieto di sosta. Perchè, Il Forteto, non è un nome qualsiasi.

Tanto che la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, ancora il 13 Luglio 2000, è chiamata a decidere un ricorso che li riguarda. A Strasburgo, piuttosto sbigottiti, rilevarono che Goffredo e Fiesoli erano stati condannati, quindici anni prima, proprio “per maltrattamenti e abusi”, commessi su persone all’epoca loro affidate. E che, ciónonostante, costoro seguitavano a svolgere “un ruolo attivo” nella Cooperativa: rimasta destinataria, “da parte dei pubblici poteri”, di bambini in affidamento. Come prima. Si interromperanno soltanto nel 2012, in seguito al nuovo arresto di Fiesoli. Il fatto è che a Il Forteto ci sono stati “orrori autorizzati”.

“Il punto d’origine”, così definito nella Relazione conclusiva della Commissione d’inchiesta della Regione Toscana, (approvata all’unanimità, il 22 Giugno 2016), è situato alla data del 1 giugno 1979. 38 anni fa.

Dopo essere stato tratto in arresto, nel novembre dell’anno prima, Rodolfo Fiesoli veniva rimesso in libertà. A seguire, il Presidente del Tribunale per i Minorenni, Gian Paolo Meucci, dispone l’affidamento, proprio a Fiesoli, di un bambino di tre anni, affetto da sindrome di Down. È l’investitura “giusta”: perché deliberatamente assunta nell’inosservanza “contestatrice” della coeva vicenda giudiziaria, che qualche cautela, almeno gestoria, avrebbe potuto indurre .

Questa decisione renderà Il Forteto, legibus solutus; in questi precisi termini, nel Maggio 2015, il PM, a sostegno delle richieste di condanna, ha osservato:  “Per alcuni decenni in Toscana si è verificato un fenomeno rispetto al quale le leggi dello Stato hanno subìto una sospensione“.

Nella sentenza poi divenuta definitiva, e per cui Fiesoli è da qualche giorno recluso,  il Tribunale di Firenze, conseguentemente, confermerà “…l’incomprensibile sostegno dei vertici del tribunale dei minorenni, che per decenni hanno avallato l’assurda teoria del ‘complotto’…” (pag. 148). Quella prima condanna fu fatta passare “per un clamoroso errore giudiziario, motivato dalla reazione delle forze conservatrici della società, per distruggere un’iniziativa progressista e di rottura come il Forteto” (pagg. 148-149)

Certo. Perché Meucci era considerato, dalla maggioritaria intelligentija giuridica, il padre del diritto minorile più “avanzato”; nonché, particolarmente al Tribunale per i Minorenni di Firenze, punto di riferimento per quanti gli succederanno. Il provvedimento-sfida del 1979 ha forte valore simbolico: e ne feconda “la giurisprudenza” per i decenni successivi.

Nel 1995, sotto la presidenza del successore di Meucci, verranno affidate direttamente a Goffredi due sorelle (a dieci anni da quella prima condanna definitiva, pronunciata anche a carico di quest’ultimo).

Un altro Presidente post-Meucci, concorrerà, nientemeno, alla difesa dello “Stato italiano” innanzi la CEDU. In una sua lettera del luglio 1998, destinata a quel Consesso (che deciderà, come detto, nel 2000), in primo luogo, contesta, anche lui, la condanna del 1985 a carico di Fiesoli e Goffredi: “procedimento di venti anni fa”; non manca un elenco di frequentazioni eccellenti, a garantire l’onore della comunità; sottolineando, infine, che il Forteto “ha la fiducia degli enti locali della Regione Toscana, dei servizi territoriali”. Complimenti.

Un terzo Presidente “successore” del Tribunale, che pure risulta avere espresso “perplessità” sulla struttura, poi vi si conduceva una “vita artificiale”, spiegherà, a proposito di quell’ìniziale, insuperabile anomalia, costituita dalla prima condanna (e per quei reati), che le parole di Meucci lo avevano rassicurato: “…è una montatura, tutto andrà via…”

Ma da dove viene Meucci? 

Vicino alla Democrazia Cristiana, tra la fine degli anni ‘40 e la metà degli anni ‘60 è a fianco di Giorgio La Pira, come collaboratore e consulente giuridico. Nel 1963, venne considerata una sua candidatura alla Camera. Peró, il comitato provinciale della Dc fiorentina ne bocciò la candidatura, preferendogli un altro. Da questo momento in poi, Meucci prese progressivamente le distanze dal mondo democratico cristiano. E approda all’area comunista: insieme, fra gli altri, a padre Ernesto Balducci (fra i maggiori “teologi del dissenso” italiani), divenendo, così, un punto di riferimento del PCI, sia in ambito fiorentino che nazionale.

Sicchè, alla fine degli anni ‘70, Il Forteto nasce in un contesto politico-culturale, il cd cattolicesimo comunista, che di quella “Cooperativa Agricola” fa un simbolo. Essa veniva percepita (Relazione cit.) “come esperienza di convivenza sociale, dedicata all’interiorità e al lavoro”, che si opponeva “alla società tradizionale, considerata invece impedimento alla piena libertà personale. In Toscana, negli ambienti che contano, Il Forteto diviene un totem; accostarvisi con senso critico, un tabù”.

Meucci, potente magistrato, che, di fatto, “assolve d’autorità” Fiesoli e Goffredi, rende quella struttura “intangibile, posta su un piedistallo di inarrivabilità.”  Solo grazie all’intervento di questo “contesto”, potrà accadere che un’esperienza “battezzata” nel 1979 dalla vile lascivia dei suoi fondatori, già ad un anno dalla sua apertura, “si trasformerà nell’incarnazione luminosa dell’anticonformismo: della liberazione dalle sovrastrutture e dalle gabbie sociali costituite.”

Da allora, mai nessuno ha voluto indugiare su quelle premesse politico-culturali. Nè sulle loro conseguenze “concentrazionarie”. Sulle quali, anzi, prosegue la Commissione Regionale, nel Giugno 2016, “i membri del Tribunale per i Minorenni e dei servizi sociali, basano ancora oggi le proprie giustificazioni, dichiarandosi ‘incolpevoli’”: in una reazione a catena, nella quale ciascuno si accredita sulla base dell’opinione dell’altro. “Alla fine della catena: Meucci.” “…un autentico corto circuito istituzionale”.

E anche la CEDU, vanamente, aveva ribadito che il “Tribunale per i Minorenni di Firenze…tenuto in principio a controllare la attuazione delle sue decisioni, ha confermato il modo di procedere dei servizi sociali, senza tuttavia sottoporlo ad una verifica approfondita”. Fra Magistratura e Servizi Sociali, però, comanda la prima. A Strasburgo, dove si considerano “gli stati” in quanto tali, forse certe sfumature possono anche perdersi.

Di un Sostituto Procuratore presso quel Tribunale, la sentenza di condanna addirittura scriverà: “…non vede, non sa, non controlla, non approfondisce, non chiede, e se chiede, si accontenta di risposte puerili” (sent. cit., pag. 880).

Il magistrato Meucci è mancato nel Marzo 1986: stava per essere nominato Procuratore Generale di Firenze, dopo 44 anni in magistratura, dalla quale ricevette solo promozioni e plausi. Gli altri numerosi suoi colleghi, nei decenni successivi, pur tenuti “a controllare”, non risulta abbiano granchè controllato. Secondo il dott. Vittorio Borraccetti, già Procuratore di Venezia, coautore di un saggio sulla vicenda (Aberrazioni Comunitarie, Antigone Edizioni, 2017) “bastava leggere la sentenza dell’85, e non parliamo poi di quella del 2000 della Corte Europea, per comprendere l’errore”. 

Non risulta che il CSM, né nel 1985, né nel 2000, né fino ad oggi, abbia inarcato un sopracciglio, nemmeno per occhio di mondo. Avanti un altro.

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Fabio Cammalleri

Fabio Cammalleri

Il potere di giudicare e condannare una persona è, semplicemente, il potere. Niente può eguagliare la forza ambigua di un uomo che chiude in galera un altro uomo. E niente come questa forza tende ad esorbitare. Così, il potere sulla pena, nata parte di un tutto, si fa tutto. Per tutti. Da avvocato, negli anni, temo di aver capito che, per fronteggiare un simile disordine, in Italia non basti più la buona volontà: i penalisti, i garantisti, cioè, una parte. Forse bisognerebbe spogliarsi di ogni parzialità, rendendosi semplicemente uomini. Memore del fatto che Gesù e Socrate, imputati e giudicati rei, si compirono senza scrivere una riga, mi rivolgo alla pagina con cautela. Con me c’è Silvia e, con noi, Francesco e Armida, i nostri gemelli.

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