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Andreotti, Craxi e Moro “silurati” dalla CIA? Un libro ritorna sui misteri d’Italia

Intervista con Raffaele Romano, autore di un saggio in cui seguendo il "filo rosso" nei rapporti tra diplomatici USA e il PCI si revisiona la storia di Mani Pulite

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Andreotti, Craxi e Moro “silurati” dalla CIA? Un libro ritorna sui misteri d’Italia

L'immagine della copertina del libro con Moro, Craxi e Andreotti

Time: 8 mins read

Andreotti, Craxi e Moro visti dalla Cia: un libro che mette insieme i pezzi di un grande puzzle, citando saggi, inchieste e interviste giornalistiche uscite in anni più o meno recenti. Così Raffaele Romano riannoda quello che lui chiama il “filo rosso” che lo porta a delle conclusioni forti e, in parte, inedite. La tesi del libro? Moro, Andreotti e Craxi erano degli statisti che lottavano per preservare gli interessi e l’indipendenza dell’Italia, solito “vaso di coccio” tra grandi potenze; la loro eliminazione politica e fisica avvenne dopo che un “detonatore” fu acceso dalla “convergenza di interessi” tra diversi centri di potere: alcune fazioni nel governo USA e britannico, da settori finanziari e industriali italiani, ma anche servizi segreti e oligarchi russi, la mafia e, dulcis in fundo, il Partito comunista italiano “trasformato” in nuova spalla proprio dagli USA in cerca di nuovi riferimenti nel Bel Paese a “sovranità limitata”…   Tutto questo a partire dagli anni del terrorismo degli anni settanta e poi la “Tangentopoli” e la “Mafiopoli” degli anni Ottanta e primi anni Novanta.

Bolle forse troppo nella pentola del libro di Romano?

Raffaele Romano

Lasciamo in questa intervista all’autore, collaboratore della Voce di New York e già giornalista del quotidiano socialista L’Avanti ai tempi in cui Bettino Craxi era il leader politico, insieme a Giulio Andreotti, più potente d’Italia, spiegarci a come arriva a certe conclusioni.

“In premessa vorrei evidenziare che il fatto più sorprendente che mi ha colpito in questa ricerca storica” ci dice prima delle domande Romano “è stato lo stesso che ti dichiarò Maurizio Molinari quando lo intervistasti per l’uscita del suo libro pubblicato nel 2012 “Governo Ombra”. Ovvero sugli stretti rapporti fra il Pci e l’ambasciata USA a Roma sin dagli anni ’70 quando tutti sapevano, invece, del rapporto privilegiato ed esclusivo con la Dc dai tempi di Alcide De Gasperi e una precisazione vorrei farla a te e ai lettori de La Voce di New York: “Ad una lettura poco attenta questo può apparire un libro anti USA, non è così! Personalmente sono sempre stato e sempre sarò filo americano per averci innestato una democrazia che non avevamo mai conosciuto oltre agli aiuti economici del piano Marshall. Vuole, invece, criticare la sedicente italica classe dirigente che da 30 anni governa, si fa per dire, il Bel Paese e che non fa più quella che si chiama geopolitica o forse non ne conoscono nemmeno il significato”.

9 maggio 1978, il ritrovamento del corpo di Aldo Moro nella Renault 4. (Foto ANSA)

Partiamo con Aldo Moro. Nel libro si descrive un “inedito scritto di Craxi” ormai in esilio, per arrivare alla conclusione che Moro non voleva più il “compromesso storico con i comunisti” e si capisce nella scelta dei ministri del governo a guida Andreotti che si doveva varare il giorno del suo rapimento: Scrivi:

“…come se ciò non bastasse rifiutò l’inserimento nel nascente gabinetto anche di ministri cosiddetti “tecnici” graditi ai comunisti e imponendo nel Governo uomini come Toni Bisaglia e Carlo Donat Cattin, che erano stati messi in una sorta “di lista di proscrizione” da parte dei comunisti. Se si inquadra bene la vicenda della Lockheed del 1977, del governo di marzo 1978, del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro, con una cronologia attenta e precisa, si possono valutare un bel po’ diversamente tutti i comportamenti, le omissioni, le contorsioni e le ambiguità delle indagini, della ricerca della prigione e della genesi del “partito della fermezza” nei drammatici 55 giorni. L’inedito scritto di Craxi parte da questa lettura della realtà, non trascurando certamente il quadro internazionale dove, molto verosimilmente, le infiltrazioni probabilmente ci furono anche nel livello militare dell’operazione di via Fani”.

Chi ha voluto la morte di Moro? Il libro lancia tanti sospetti, ma le certezze? Dove sono?

“A parte l’inedito di Bettino Craxi, il mio libro non lancia sospetti o illazioni ma cita fatti e documenti: primo, la rottura politica con Berlinguer avvenne sul caso Lockheed, proprio mentre era in corso il tentativo del compromesso storico. Dagli atti parlamentari si legge degli attacchi dei comunisti che accusavano i DC di essere dei “tangentari”. A questo attacco Aldo Moro, molto verosimilmente, si dovette sentire tradito pensando alle minacce che era costretto a subire per tentare di tenere buono Henry Kissinger e, quindi, fu costretto ad intervenire in aula dove, contro il suo solito pacato stile, si rivolse verso i comunisti concludendo con: “Non ci faremo processare nelle piazze!” sancendo in tal modo la rottura. Subito dopo, Eugenio Scalfari palafreniere del Pci e di Berlinguer, esce in prima pagina con La Repubblica accusando Aldo Moro di essere lui quello che aveva intascato le tangenti e nel mio libro accludo le foto che lo testimoniano. Quindi fatti. Che Moro morisse serviva a tanti ed è lì, come testimonia una sua struggente lettera, che inizia la fine dell’ascesa italiana”.   

Gli ultimi giorni di Bettino Craxi ad Hammamet nell’illustrazione di Antonella Martino

Passiamo a Craxi e Tangentopoli: riprendi molto le interviste dei giornalisti Maurizio Molinari e Paolo Mastrolilli, che rispettivamente e a tanti anni di distanza, intervistano l’ambasciatore USA Reginald Bartholomew, il console generale USA a Milano Peter Semler e, per quanto riguarda Mastrolilli, l’incaricato di affari a Roma Daniel Serwer.  Da qui cosa dovremmo dedurre, che gli americani manovravano i magistrati di Milano? Ma non è il lavoro dei diplomatici incontrare chiunque possa informarli su quello che sta avvenendo nel paese dove operano, compresi dei magistrati?

“Peter Semler non era un “vero” diplomatico altrimenti l’ambasciatore Reginald Bartholomew, in sostituzione di Peter Secchia, non avrebbe rivelato a Molinari di aver fermato il “console” Semler in quanto non gli quadrava qualcosa che avveniva al consolato di Milano in stretto rapporto con la procura milanese. Come se non bastasse sempre Bartholomew, nell’intervista a Maurizio Molinari, rivela di aver “convocato” in ambasciata, senza rivelarne l’identità a tutt’oggi, 7 alti magistrati italiani e facendo loro spiegare da Antony Scalia (membro della suprema Corte USA) che con tangentopoli avevano violato i diritti della difesa degli imputati. Anche qui fatti! E se non bastasse ti riporto quanto scrisse al Dipartimento di Stato in un dispaccio top secret Allen Holmes all’epoca il diplomatico più alto in grado a Villa Taverna:

“per quanto ben intenzionati nel perseguire i nostri obiettivi dobbiamo chiederci in base a quale diritto presumiamo di avere tale ruolo e pensiamo di sapere cosa è meglio per l’Italia rispetto agli italiani stessi………..Questo tipo di approccio spesso è giustificato con la tesi che le questioni in ballo sono eccezionalmente gravi, che simili interferenze sarebbero inefficaci altrove in Europa e che sono gli italiani stessi che ci chiedono tali comportamenti. Ma quali che siano le motivazioni politiche e morali, il risultato di tale approccio è che noi americani trattiamo l’Italia come un Paese a sovranità limitata…………… assumendoci la guida degli sviluppi politici scegliamo in ultima analisi di essere corresponsabili dei destini politici dell’Italia e al tempo stesso indeboliamo i leader politici italiani – e la nazione nel suo insieme – spingendoli a mantenere un complesso di dipendenza psicologica da noi………… ma riguardo all’ultimo punto l’attuale crisi politica italiana suggerisce che l’Italia sta emancipandosi da tale dipendenza perché la maggioranza dei leader politici tende a dimostrare un grado di autonomia che noi ancora non le riconosciamo”. “A dissenting View of American politicy in Italyera il titolo del dispaccio.”

Penso che dica tutto!”

Ad un certo punto, parli della lettera “anonima” ma con timbro del Consolato USA di Milano, che Stefania Craxi, figlia dell’ex premier, riceve al momento di entrare alla Farnesina come sottosegretario agli Esteri nel 2006. Nella lettera si indica il nome di Richard Stolz, della Cia… Cosa proverebbe secondo te questa lettera a cui dai tanta enfasi nel libro?

“L’enfasi è un’esagerata sottolineatura di un’espressione l’anonima lettera, invece, è un fatto, e lo cita da Marcello Sorgi della Stampa di Torino nel suo libro “Presunto colpevole” a pag. 49 e se dopo circa tre anni nessuno lo ha smentito o querelato vuol dire che è vero. Cerco di dare evidenza storica ad un fatto accertato e che la stampa statunitense fra cui il Boston Globe riportò che era stato richiamato in servizio nel 1987 per gestire le operazioni di spionaggio della CIA e ripulirne l’immagine dopo lo scandalo Iran-contra e sostituire Clair E. George, che era stato costretto a dimettersi da capo delle operazioni segrete e ripeto, capo delle operazioni segrete della CIA. Stolz, alla sua morte, venne anche ricordato da Denise Grady del New York Times il 15 giugno del 2012 dove l’autrice evidenziò che William H. Webster, non solo lo convinse a tornare ma a prendere addirittura il posto di Clair E. George, che era il capo delle operazioni segrete, settore delicato e strategico. Questa lettera anonima dimostrerebbe che gli USA non sono il monolite che sembrano per dirla con Andreotti: “La CIA è una cosa, il dipartimento di Stato un’altra, la DIA un’altra ancora e la Casa Bianca sta per proprio conto”.

George Bush e Giulio Andreotti
George Bush e Giulio Andreotti

Per Andreotti, dobbiamo andare alla sua “fine” decretata con i processi di mafia di magistrati che indichi vicini al PCI… Sulla morte di Giovanni Falcone (e Paolo Borsellino?), riprendi  le tesi già fatte dai giornalisti Guzzanti e Lenher: c’entrano i soldi del KGB e del PCUS “riciclati” dalla mafia in Italia alla fine dopo la caduta del muro di Berlino. Quindi l’indagine che Falcone stava conducendo con il procuratore russo Stepanenkov… Scrivi: 

“Un ulteriore elemento che rafforza i legittimi dubbi sulla mancata inchiesta sul movente della strage di Capaci in relazione con quella di Mosca sui soldi del Kgb nella quale Falcone, su richiesta di Cossiga e di Andreotti, stava indagando li confermano alcuni passaggi dell’articolo di Guzzanti laddove Giancarlo Lehner ricevuto da Andreotti nel suo studio privato gli disse che: “Sono stato io a far preparare i documenti che servivano a Falcone per la sua inchiesta. Io potrei chiederne copia alla Farnesina (il ministero degli Esteri) per contribuire alla sua ricostruzione. Lehner ringraziò ma fu richiamato qualche giorno dopo: “Senta Lehner, disse Andreotti, lasci perdere. Vede: alla Farnesina non si perde neanche una cartolina illustrata e quando ho chiesto il dossier su Falcone, mi hanno risposto che l’hanno perso. Poiché questo è impossibile, disse ancora Andreotti, questo è un messaggio: c’è qualcuno che non vuole questa sua inchiesta e per la mia esperienza con gente di questo calibro è meglio lasciar perdere”.

Sono tutte testimonianze che erano state già pubblicate eppure non è successo nulla riguardo alle indagini: cosa ti aspetti adesso possa accadere? 

“Non sono io ad indicarli vicino al Pci, bensì il fatto che come fecero in tanti si candidavano e venivano eletti nelle liste del Pci come Luciano Violante solo per citare il più famoso. Come ti dicevo io ho pensato a rimettere i fatti tutti insieme per farli conoscere ai lettori visto e considerato che erano stati trattati separatamente ed in modo disorganico. Alla tua domanda posso solo rispondere con un altro fatto ovvero che  l’eliminazione sistematica dei leader e degli statisti italiani che in 45 anni avevano portato l’Italia dal quarto mondo dove l’aveva lasciata Mussolini a diventare la quarta potenza mondiale, per PIL e reddito pro capite, la loro eliminazione aveva lasciato il passo alle famiglie politiche che, nel XX secolo, erano state totalmente cancellate dalla storia mondiale: i discendenti diretti del comunismo e del fascismo. Per cui aspettarsi che ricevendo tale incredibile dono queste due fazioni che si alternano al potere da 30 anni è come attendersi un miracolo. Primo perché non gli converrebbe e secondo perchè, molto verosimilmente, sfugge alle loro ottiche intellettive. E, per finire, non tralascerei l’applicazione del verbo di Machiavelli per la politica solo ad alcuni e cioè che “il fine giustifica i mezzi” come fecero gli USA che si accordarono con le mafie americane per vincere la seconda guerra mondiale e che documento nel mio testo”.

L’immagine della copertina del libro con Moro, Craxi e Andreotti

Leggendo il tuo libro, dove in Italia, dal dopoguerra fino al 1992, accadono fatti “indicibili” nell’intreccio tra guerra fredda, contenimento dei comunisti, mafia e stragi, sembra che una classe politica “contaminata” che sapeva troppo di colpo diventi un peso e quindi “vittima” di chi la vuole sostituire con un’altra. Ci spieghi come sarebbe avvenuto che tre “pezzi da novanta”, Moro, Craxi e Andreotti, si siano lasciati fregare così? 

“Faccio mia la tesi di Eric Salerno che nel suo libro “Mossad base Italia. Le azioni, gli intrighi, le verità nascoste” conclude che i nostri servizi sono “penetrati” da altre intelligence”.

Cosa vorresti accadesse nella coscienza di un giovane italiano, che non ha mai vissuto con Moro, Craxi e Andreotti a Palazzo Chigi, dopo aver letto il tuo libro? 

“L’unica mia speranza è che questi pezzetti di storia penetrino nelle coscienze dei giovani perché se non si conosce la Storia, il nostro passato, non si può comprendere quello che siamo oggi, il presente, e né, tantomeno, pensare di costruire il futuro ovvero il domani”.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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