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La Sicilia generosa con la Grecia, chiede di rinegoziare con gli USA

Oltre alle trattative per la restituzione del frammento del Partenone, c'è anche la revisione di altri accordi, come quello col Met di NY sugli Argenti di Morgantina

Silvia MazzabySilvia Mazza
La Sicilia generosa con la Grecia, chiede di rinegoziare con gli USA

Argenti di eupolemos (www2.regione.sicilia.it)

Time: 4 mins read

La Sicilia fa parlare di sé in politica culturale estera. L’accordo con la Grecia per il prestito del frammento di una lastra appartenente al fregio orientale del Partenone, custodito al museo Salinas di Palermo, è stato definito “di straordinaria importanza internazionale”. Ma è proprio così?

Chiariamo subito, intanto, che la notizia non sta nel prestito temporaneo alla Grecia già avvenuto in diverse occasioni in passato, ma nella sua propedeuticità alla definitiva restituzione del reperto e nel fatto che quest’ultima sarebbe la prima nella storia della “diaspora” dei frammenti del Partenone.

Il cosiddetto “Reperto Fagan”, infatti, volò in Grecia nel 2003, per la visita di Stato del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, poi per le Olimpiadi ad Atene del 2004 e ancora per l’inaugurazione del Nuovo Museo dell’Acropoli di Atene nel 2008. L’Italia è in buona compagnia. Anche la Francia, l’anno scorso, per il bicentenario dell’inizio della guerra d’indipendenza greca, ha prestato una metopa dal Louvre.

Insomma, ciò che farebbe la differenza questa volta è che l’accordo tra la Sicilia e la Grecia dovrebbe addirittura fare “da apripista sul tema del ritorno in Grecia dei reperti del Partenone, dando il proprio contributo al dibattito in corso da tempo a livello mondiale”, come battuto dall’Ansa. Tra i precedenti, nel 2007 la Santa Sede ribadì il suo no ad un’ipotesi di restituzione avanzata dai greci: “restituire un’opera d’arte può creare precedenti pericolosi – si precisava in una nota -. Oltretutto, è vero che esiste una proprietà territoriale, ma esiste anche una proprietà culturale ormai acquisita”.

Partenone

“È l’amatissima sorella Sicilia ad aprire la strada ed a indicare la via per la restituzione alla Grecia anche per gli altri Fregi partenonici custoditi oggi presso altre città europee e soprattutto a Londra ed al British Museum”, ha dichiarato il direttore del Museo dell’Acropoli di Atene, Nikolaos Stampolidis. In realtà, il gesto siciliano non fa affatto da apripista. La prima restituzione ufficiale di un frammento del Partenone si ebbe, infatti, l’11 gennaio 2006 con un atto di “donazione permanente” da parte della Germania. Si è trattato di un frammento molto piccolo, il rilievo di un tallone, conservato dal 1871 nel Museo di antichità dell’Università di Heidelberg. All’epoca il Rettore dell’ateneo tedesco, Angelos Chaniotis, si affrettò, però, a precisare che il gesto non voleva costituire un precedente: “Il nostro frammento combacia con una lastra conservata ad Atene e ci è parso doveroso riunire le parti”.

Chiariamo, se davvero si concretizzasse l’intenzione siciliana, rinunciare al diritto di proprietà in favore dei greci sarebbe un gesto di alto valore civico all’insegna delle comuni radici culturali. Ma oltre è difficile andare. Sembra davvero arduo pensare che il precedente siciliano (se e quando il prestito verrà davvero commutato in una donazione) potrà innescare uno spirito di emulazione da parte degli inglesi. I “Marmi di Elgin” costituiscono una delle principali attrazioni del museo, della cui privazione sarebbe fortemente menomato: circa 17 statue provenienti dai due frontoni, 15 metope raffiguranti battaglie tra Lapiti e Centauri, e 75 metri del fregio del tempio. Rappresentano più della metà di quello che oggi resta della decorazione scultorea del Partenone, esposti nella galleria Duveen, costruita appositamente per essi. Di contro un unico frammento del piede di una dea che la Regione Siciliana non riconosce né come “testimonianza essenziale delle antiche civiltà”, né come “risorsa essenziale” del suo patrimonio culturale: non è inserito, infatti, nella lista dei 23 beni speciali a cui riconosce questi valori un decreto firmato dall’allora Governo Crocetta e nato proprio col fine di chiudere i rubinetti del prestito facile in occasione delle mostre al Getty Museum di Malibu e al Cleveland Museum of Art, nell’Ohio, tra il 2013 e il 2014.

Proprio, invece, tra questi 23 beni identitari della Regione, gli Argenti di Morgantina, i sedici pezzi (III secolo a.C.) che costituiscono il tesoro di Eupolemo, restano, invece, ancora in ostaggio di un accordo punitivo nei confronti di una terra “vittima” di sottrazione di beni oggetto di traffici illeciti accertati. Nel 2006 tra Governo italiano, Regione siciliana e Met, si arrivò a un accordo che prevede, come contropartita della restituzione da parte del museo di New York, un prestito periodico alternato per quarant’anni, durante i quali il tesoro dovrà essere inviato al Met per quattro anni e per altrettanti, quindi, rimpatriato. Un intervallo concesso sul suolo patrio per far ripartire i quattro anni di prestito previsti dalla normativa italiana. Di fatto svuotando il senso dell’articolo 67 del Codice dei Beni culturali, che prevede che “l’uscita temporanea” dal territorio della Repubblica “non può essere superiore a quattro anni, rinnovabili una sola volta”. Non più di otto anni in tutto, quindi.

In Sicilia le voci del territorio non si sono mai rassegnate. Rosalia Raffiotta, Presidente dell’Archeoclub di “Aidone-Morgantina”, ci anticipa che a breve verrà rilanciata la lettera aperta in cui nel 2020, insieme ad altre associazioni, in occasione del rientro degli Argenti dal Met, chiesero a gran voce di rivedere quell’accordo. In forza anche degli esiti di una campagna diagnostica del 2014 che accertavano “uno stato di conservazione precario dei reperti”, che già basterebbe a far valere l’altro articolo del Codice che vieta l’uscita, il 66.

Frammento del Salinas tornato in Grecia

L’archeologa Serena Raffiotta, assessore alla Cultura di Aidone, figlia dell’ex procuratore di Enna Silvio Raffiotta, noto per il suo impegno nel recupero dei beni archeologici trafugati, ci dice che “facendo una riflessione dopo il primo quadriennio negli USA, alla luce di varie considerazioni personalmente ritengo che le condizioni dell’accordo non siano più sostenibili.  D’altra parte, la mera esposizione a New York, non affiancata da altre azioni  di promozione e valorizzazione di Morgantina né in Italia né negli USA, rimane fine a sé stessa. Considerato il rischio a cui questi reperti unici al mondo sono sottoposti e la contropartita, a questo punto una revisione dell’accordo non è più procrastinabile. L’amministrazione comunale insieme alla comunità aidonese sono già mobilitate, a distanza di un anno dall’ultimo appello, per sollecitare le istituzioni nazionali e regionali ad impegnarsi per la tutela dei reperti e un impegno maggiore per Morgantina”.

Interviene anche Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia, tra le associazioni che aveva sottoscritto la lettera aperta: “Non abbiamo mai creduto a questa politica dei prestiti e degli scambi, perché raramente sono legati a progetti culturali, mostre o eventi che siano, seri e di spessore. Con i nostri reperti, anche quelli più delicati e importanti, abbiamo fatto solo propaganda, ma per gli altri neppure per noi. Mandare in giro i nostri tesori è una politica sbagliata, inutile e pericolosa. Non serve a nulla: ancora aspettiamo le folle giapponesi a Mazara del Vallo per visitare il Satiro spedito nel 2005 all’Expo di Aichi. Mettiamo finalmente fine a questa pantomima e rivendichiamo quello che è legalmente e giustamente nostro: l’accordo sugli argenti di Morgantina è anacronistico e superato. Ancora prima della tutela importantissima dei nostri beni culturali che facciamo viaggiare inutilmente, c’è in gioco il prestigio e l’autorevolezza della nostra regione”.

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Silvia Mazza

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