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October 2, 2015
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October 2, 2015
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Coppe europee: le italiane vanno con la Roma unica nota stonata

Luca TontodonatibyLuca Tontodonati
Time: 6 mins read

La Juventus formato europeo batte cassa a suon di moneta contante, una valuta più forte dell’Euro fatta di gol e di vittorie. Nella tanto vituperata epoca dei cambiamenti e delle polemiche sulla nuova ed odiata moneta europea, I bianconeri ne forgiano una inossidabile, inattaccabile dall’inflazione e preziosa come fosse oro colato. Gli uomini di Allegri non falliscono le due uscite europee vincendo entrambi gli incontri di cartello e lo fanno con le loro vecchie armi ormai purtroppo accantonate in campionato: forza, carattere e sagacia tattica. La Juve affronta i caparbi e volitivi (e nient'altro) spagnoli del Sevilla con la decisione e la consapevolezza di essere una delle squadre più forti tra le Big europee. A cominciare dal modulo. Dopo le disfatte in terra di Partenope, con un tatticismo strampalato e due uomini soli in attacco a dividersi i pochi centimetri di zolla concessi al rude pascolo dai difensori napoletani, la Juventus torna a vincere allo “Stadium” dopo due pareggi ed una sconfitta attuando un modulo che più si adatta alla propria natura. Un arrembante 4-4-3 che non lascia spazio a preludi diversi da quelli che sono i canoni tipici dell’offesa come arma principale. Esordio in Champions di Khedira al posto dello spaesato Pereyra, che a Napoli ha visto i sorci verdi isolato com’era tra le linee nemiche, Allegri sceglie Cuadrado sull’ala destra , Dybala dall’inizio sulla sinistra ed al centro Morata, che sarà l’artefice della vittoria con un gol all’attivo. Difesa inespugnabile a quattro con i soliti noti. Zaza in panca in attesa del suo attimo fuggente. Il Siviglia durante tutto l’incontro non ha praticamente mai tirato in porta, ma è risaputo che nel calcio moderno se ti trovi a competere con avversari dedicati esclusivamente ad alzare muraglie difensive, prima o poi la breccia la trova sempre. Morata la cerca e la trova al 41’. Sarà la notte, capace di risvegliare impulsi indescrivibili, oppure l’inno della Champions che risuona miracoloso sulle ali del crepuscolo, come per miracolo gli uomini in divisa bianconera appaiono trasformati, come inebriati dalla solennità della competizione più importante d’Europa. Mentre la musica echeggia sullo stadio, forse un lampo improvviso si cala dalle Alpi a ricordare a tutti che furono loro appena cinque mesi fa ad affrontare la finale contro il Barcellona. Ed allora accade davvero qualcosa di magico. La difesa invalicabile sotto ogni aspetto, Evrà e Barzagli fluidificano ai fianchi e penetrano come spine lo schieramento avversario; Pogbà ed Hernanes svolgono un ruolo fatto di sacrificio e tecnica, non accendono le polveri e si limitano a ruoli di centrocampisti diligenti. I tre attaccanti sfondano ovunque trovano un varco. Cuadrado vola sugli scarpini, Dybala si divora almeno tre gol quasi fatti, Khedira mostra subito alla platea il suo DNA europeo, Morata sigla il suo quinto gol in Champions League. Zaza entra in campo e segna per il debutto più dolce che potrebbe mai esserci. La magia prende corpo. Allegri con il suo inedito 4-4-2 in fase di ripiegamento affida a Pogbà un ruolo maturo e delicato, quello di frapporsi tra le righe e correre in tangenziale per intercettare ogni tipo di pallone si trovi dalle sue parti. Forse il Mister ha capito che il ruolo di trequartista “alla Pirlo” per intenderci non è nelle sue corde.

 

La disfatta della "Berezina"

 

Vince la Juve e perde la AS Roma nella gara che nessuno si aspetta, tra le mura dei volitivi (e poco altro) bielorussi del Bate. Quello che doveva e poteva essere l’incontro più semplice del girone si è rivelato un autentico incubo per la truppa del Sergente Garcia. Volati sulle alture più inaccessibili dell’Est europeo, tra boschi di pioppi e steppe millenarie, improvvisamente a circa 50 miglia a nord della capitale Minsk, si estende la pianura in cui giace solitaria l'abitato di Barysau, città di appena centomila abitanti e dove l’unico punto di attrazione risulta essere lo stadio. Il Barysau Arena è poco più di una cattedrale nel deserto dei Tartari. Ed è lì in quel luogo ameno e sperduto, emulando le gesta dell’Imperatore francese che un paio di secoli prima, proprio sulle sponde del fiume della cittadina venne sonoramente sconfitto che la Roma decide di suicidarsi in appena 30’ di gioco. Il “Generale Inverno” non è ancora arrivato, nemmeno in Bielorussia, ma quel luogo tenebroso che ricorda tristi disfatte ha il potere di congelare il sangue nelle vene dei giallorossi, annichiliti e bastonati fino alla sottomissione. Il duplice fischio che annuncia la fine della prima frazione di gioco sembra una liberazione. Il Bate chiude il primo tempo in vantaggio di tre reti a zero. Garcia per questa gara sfodera per l’occasione il suo tridente più luccicante: Salah, Gervigno ed Iturbe che però hanno le armi fatte di cartone. Se ne accorge subito Yermacovich, che imposta un modulo fatto a piramide rovesciata il cui vertice è il portiere. Nessun riferimento in attacco, nessun punto statico a centrocampo, i bielorussi sembrano delle schegge impazzite che devastano le linee avversarie privandole di ogni volontà. E fanno tre gol in trenta minuti. Ma la corsa forsennata dei figli della steppa non poteva durare a lungo, LA AS Roma ci prova nella ripresa ma la “remuntada” non si compie del tutto. Segnano Gervinho , molto generoso ma impreciso e Torosidis, entrato nella ripresa al posto di un inguardabile Iturbe. Poi resta solo la scaletta dell’aereo che riporta a casa i mesti eroi, coloro che con questa pessima prestazione hanno offuscato persino le gesta eroiche del pareggio dell’Olimpico contro gli alieni del Barcellona. Sulla pista dell’Aeroporto di Minsk si congedano i calciatori della Roma e restano ben saldi sulla terra, con i piedi e con il carattere i veri eroi della serata, i prodi e poveri combattenti dell’Haradski Stadium, piccolo impianto nel nulla, capace di far infrangere, per ora, i sogni europei dei milionari professionisti della pedata in un calcio in cui gli equilibri ed il sacrificio, a queste latitudini, contano più dei soldi.

 

Europa League

Tutto come previsto tra le italiane impegnate in Europa nella League minore ma senza dubbio molto avvincente. Il Napoli era alle prese con un compito tutt'altro che semplice. I polacchi del Legia hanno una grande tradizione europea ed un immenso pubblico. I tifosi di Varsavia possono tranquillamente paragonarsi come impeto ai più focosi latini delle nostre parti. Ma i risultati non si fanno con le coreografie, spesso i campioni fanno la differenza. Gonzalo Higuain è uno di quei fuoriclasse in grado di cambiare le sorti dell'incontro in qualsiasi momento. Il suo capolavoro all'84' è una prodezza che mette i brividi. Scambio veloce a centrocampo con El Kaddouri , il marocchino si fionda col pallone verso il centro del campo, la difesa polacca è disposta malissimo con i tre difensori in verticale rispetto all'asse del centrocampo. Ideale per farsi uccellare dai movimenti rapidi dei due attaccanti partenopei. El Kaddouri restituisce il pallone al Pipita con un pallonetto che supera facilmente la linea dei tre difensori. Con la sfera tra i piedi dell'Argentino, il Legia non ha scampo: Higuain aggancia con il destro, addomestica la sfera con l'esterno del piede, rientra con l'interno, supera il primo avversario, poi il secondo, si passa il pallone tra i piedi e di slancio supera anche il terzo sempre correndo in longitudinale rispetto all'area. appena sulla lunetta scarica dritto all'incrocio e toglie le ragnatele al sette della porta polacca. Un gesto tecnico simile ad un opera d'arte, al posto di tele e pennelli Higuain usa scarpe e pallone di cuoio. Ma il risultato alla fine è sempre un capolavoro.

Parte in salita la Lazio, appena dopo 6' si trova già sotto di una rete. Il St. Etienne è un team da prendere con le molle, e Pioli lo sapeva bene . Dopo le recenti bastonate un fallimento in Coppa non sarebbe stato ammesso dai tifosi e dalla dirigenza. Trasforma le carte e spiattella un modulo curioso, con la difesa disposta a quattro, mediana con i soli Onazi e Biglia a faticare ed a soffrire, Mlinkovic -Savic a mordere i polpacci nel mezzo tra i reparti, Mauri, Keità ed Anderson trio offensivo. Pioli si affida alla rinascita sportiva del brasiliano come un assetato alla fonte. Ci pensano invece due difensori a pareggiare i conti. Onazi prima ed Hoedt all'inizio del secondo tempo a rasserenare gli animi e gli spalti, già pronti ad una mini contestazione. All'80' l'argentino Biglia fa tre. Il secondo gol del Saint Etienne è un regalo della difesa biancoceleste che fa infuriare Pioli. Alla fine la Lazio porta a casa la vittoria, salutare e corroborante in previsione dei prossimi incontri in Europa ed in Campionato.

La Viola in scioltezza contro i portoghesi del Belenses, spettatori non paganti ai quali il termine calza come un guanto. Quattro gol pesanti e prevedibili con il suggello di Pepito Rossi al 90' , ideale per scacciare fantasmi e sfortuna, presenza incombente sulle sorti dell'attaccante viola.

Accade in Europa il contrario di quello che avviene in campionato. Scaliamo il Ranking UEFA di vittoria in vittoria, in attesa dei prossimi eventi, ma il prezzo da pagare è forse un turnover fisso, più mentale che fisico, che porta le squadre impegnate in Europa a distrarsi con pensieri extra territoriali alle sfide europee, tralasciando le gare di campionato. E' solo una supposizione, confermata però dai risultati. In Campionato Chievo e Sassuolo spadroneggiano, ed il Frosinone fa più paura del Siviglia. Determinazioni logiche in uno sport che di logico e di ponderabile non ha nemmeno il campo in cui si gioca, irregolare nelle forme più che nella sostanza. Le zolle erbose determinano traiettorie involute, ed il pallone di cuoio è tutto tranne che sferico. Del resto come si dice : La palla è rotonda. Per fortuna del Frosinone…

 

Risultati

Champions League:

Juventus – Siviglia 2-0

Bate Borisov – AS Roma 3-2

 

Europa League:

Legia – Napoli 0-2

Belenses – Fiorentina 0-4

Lazio – St.Etienne 3-2

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Luca Tontodonati

Luca Tontodonati

Vivo a Pescara e sulle rive dell'Adriatico trascorro gran parte della mia esistenza annotando tutto e scrivendo oltre il necessario. Geografo e cartografo mi occupo di divulgazione storica. Fautore del "come eravamo", chiudo gli occhi e immagino i luoghi del passato. Appassionato di calcio, mi lascio trasportare dall'istinto più che dalla logica. Le partite amo seguirle allo stadio e quando capita di vederle in TV abbasso l'audio. Scommetto su tutto ma non vinco (quasi) mai. Frase preferita: "Presa singolarmente, l'umanità è davvero insopportabile". Un pregio: intuitivo. Un difetto: tifo quella squadra lì...

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