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May 6, 2021
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Elise Stefanik: credere, ubbidire e combattere per Trump sui brogli elettorali

Nella cacciata della "strega" Liz Cheney che non vuol mentire, Trump ha trovato una fedele congresswomam del Gop che viene da New York e pronta allo scopo

Massimo JausbyMassimo Jaus
Elise Stefanik: credere, ubbidire e combattere per Trump sui brogli elettorali

Congresswoman Elise Stefanik (R, New York)

Time: 4 mins read

I repubblicani della Camera dei Rappresentanti hanno scelto Trump. Liz Cheney sempre più sola non chiede neanche solidarietà ai colleghi confrontati se fare una scelta secondo coscienza o cedere alla paura e avallare le bugie dell’ex presidente. Sa che perderà ma è convinta che per il futuro suo e del partito Repubblicano una sconfitta con onore sia meglio di una temporanea vittoria con l’inganno. Quale strategia sarà premiata lo si vedrà alle prossime elezioni di Midterm.

Liz Cheney

Il Boston Globe paragona la lotta che Liz Cheney sta combattendo a quella che nel 1950 affrontò la senatrice repubblicana del Maine, Margaret Chase Smith contro il senatore John McCarthy, il politico repubblicano che negli anni cinquanta terrorizzò l’America con la sua campagna contro il comunismo. In un discorso epico al Senato, “I quattro cavalli della calunnia” la senatrice analizzò i motivi del successo di McCarthy: paura, ignoranza, ipocrisia e falsità. Nell’articolo vengono evidenziate le similarità tra McCarthy e Trump: entrambi nati democratici passati poi al Partito repubblicano con la stessa retorica populista-vittimista basata sulla demonizzazione dell’avversario, ma soprattutto con le bugie per creare false cospirazioni contro lo stato. 

La congresswoman scelta da Trump per sostituire Liz Cheney alla terza carica più importante del Partito repubblicano, Elise Stefanik, eletta nel 21esimo distretto dello Stato di New York, è stata così improvvisamente catapultata ad una visibilità nazionale. E subito si è adeguata. Come prima mossa ha avallato il riconteggio dei voti in Arizona (il terzo) e si è congratulata con gli scrutatori a caccia dei brogli (che secondo loro hanno portato Biden alla vittoria). Chiamati da Kelli Ward, presidente del partito repubblicano dello Stato, fedelissima MAGA (Make American Great Again) il movimento di base di Trump, a trovare le prove delle irregolarità. Non si arrendono. Non credono che la loro contea, quella di Maricopa, la più popolosa dello Stato, tradizionale roccaforte repubblicana possa essere stata vinta dai democratici. Sono sicuri che Cindy McCain vedova del popolarissimo senatore repubblicano John McCain odiato da Trump, che ha invitato i repubblicani moderati a votare per Biden, non abbia influito sul risultato. Non credono pure che Mark Kelly, capitano della Navy, astronauta, marito della congresswoman democratica Gabby Giffords ferita in un attentato, abbia avuto più voti della candidata scelta da Trump. Non si arrendono e vanno a caccia dei brogli. Credono che la certificazione fatta dal governatore (repubblicano) e dal segretario di Stato, non abbia tenuto conto delle irregolarità perché loro sanno che le irregolarità ci sono state, ma non riescono almeno per ora a trovarle . Non credono ai risultati del secondo riconteggio dei voti supervisionato dal responsabile statale del sistema elettorale (repubblicano). Non credono ai cinquanta ricorsi respinti dai magistrati. Trump dice che le elezioni sono state truccate e la loro fede li rende ciechi, sordi e più determinati.

Donald Trump (Illustrazione di Antonella Martino)

Questa mattina il Dipartimento della Giustizia ha inviato una lettera al governatore dello Stato esprimendo preoccupazione per la disinvoltura con cui il riconteggio viene effettuato, per la mancanza di scrutatori indipendenti al riconteggio e soprattutto senza che nessuna autorità federale sia presente per controllare che le macchine elettorali, visto che le elezioni per il presidente, per la Camera e il Senato sono elezioni federali, non vengano manomesse.

L’ira di Trump verso i senatori e i congressmen che hanno votato per il suo impeachment non si placa e a Mar A Lago, dove l’ex presidente ha stabilito il suo quartier generale prepara la vendetta. Oltre a Liz Cheney è stato messo sotto tiro l’altro congressman repubblicano Adam Kinzinger e il senatore Mitt Romney, ma per quest’ultimo la minaccia di Trump lascia il tempo che trova perché il senatore dello Utah si presenterà al giudizio degli elettori nel 2024, mentre per Liz Cheney e Adam Kinzinger le elezioni di Midterm si terranno tra poco più di un anno.

Un sondaggio condotto da The Club for Growth per conto del Partito Repubblicano dello Stato del Wyoming, dove è il seggio elettorale della congresswoman, rileva come il 65% degli elettori repubblicani abbiano un parere sfavorevole su Liz Cheney e il 79% abbiano un parere favorevole su Donald Trump. E proprio in Wyoming la leadership locale del partito sta cercando il modo per invalidare ora l’elezione che ha portato Liz Cheney al Congresso. La vogliono mandar via e non vogliono aspettare la fine del mandato.

E alla corte di Trump i parlamentari corrono in ginocchio per ottener la sua benedizione. L’ultimo è il senatore del Texas, Ted Cruz, che ha postato la foto con il presidente su tutte le piattaforme social. “Abbiamo pianificato la strategia elettorale del partito per le elezioni di Midterm” ha detto il senatore.

Silenzio assoluto da parte della leadership del partito. Il senatore Mitch McConnell leader di minoranza al Senato non ha voluto rispondere a chi gli chiedeva la sua posizione sulla epurazione di Liz Cheney. “Dobbiamo concentraci a riprendere la maggioranza alla Camera alle prossime elezioni di Midterm. Tutto il resto è un inutile diversivo”. Uno sfuggente tentativo per non rispondere evidenziando come la sua leadership sia sempre meno influente all’interno del partito. L’unico senatore che ha difeso Liz Cheney è stato Mitt Romney: “Viene punita – ha detto – perché si rifiuta di diffondere le bugie di Trump”.

Ieri sera anche il presidente Joe Biden uscendo da un ristorante messicano dove era andato a cena a detto ai giornalisti di non comprendere la “minirivoluzione” all’interno del Partito repubblicano. “Stanno cercando di capire dove si trovano” ha detto aggiungendo: “Non ricordo nella mia lunga appartenenza al Senato una divisione così netta all’interno del partito”.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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