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Premi Pulitzer: il giornalismo è ancora il watchdog del potere

Maurita CardonebyMaurita Cardone
Time: 4 mins read

È stato misurato, come nel suo stile, Sig Gissler, admistrator dei Premi Pulitzer, nell’annunciare e commentare, lunedì 14 aprile, dalla scuola di giornalismo della Columbia University, i vincitori di quest’anno. Misurato perché la decisione presa dalla giuria si commenta da sola ma non mancherà di suscitare polemiche. Il premio più importante nella categoria giornalismo, quello per il Public Service, è andato al Guardian US e al Washington Post per la copertura dello scandalo NSA o caso Snowden.

Nella motivazione della giuria al premio andato al Guardian si legge: “Per le rivelazioni sulla ampia sorveglianza segreta da parte della National Security Agency che, attraverso un giornalismo aggressivo, ha aiutato ad accendere il dibattito sulla relazione tra governo e cittadini su questioni di sicurezza e privacy”. Simile la motivazione per il Washington Post con la sfumature che il giornale della capitale avrebbe “aiutato l’opinione pubblica a capire come le rivelazioni si inseriscono in una più ampia cornice di sicurezza nazionale”.

Gissler ha voluto ricordare che Joseph Pulitzer stesso credeva fermamente nella funzione di “watchdog” del potere del giornalismo e che il suo giornale, The New York World, era noto per un giornalismo aggressivo. C’è poco da essere cauti, insomma, il premio al Guardian US e al Washington Post per la copertura degli scandali legati alla NSA non può non contenere un messaggio forte e chiaro: nonostante le tante Cassandre che gridano alla morte del giornalismo professionale, il giornalismo è vivo e vegeto e, se le tecnologie possono dare nuovi strumenti al potere per controllare i cittadini, allo stesso tempo possono dare ai cittadini il potere di far circolare le informazioni. E in questo senso, il giornalismo resta uno dei più importanti strumenti nelle mani della società civile. Se è vero, infatti, che il caso NSA è stato sollevato dai documenti prodotti da Snowden, è allo stesso tempo vero che senza il lavoro fatto dai giornalisti che su quel caso hanno attivamente lavorato per mesi, le informazioni non sarebbero state capillarmente diffuse in tutto il mondo, la proporzione del fenomeno non sarebbe stata rivelata e non si sarebbe accesso un dibattito così ampio sulla linea di confine tra sicurezza e privacy.

Ed è proprio questo il punto che Gissler ha voluto più volte sottolineare durante l’annuncio dei premi. Anche a chi contestava che l’informazione fatta sul caso NSA si sia basata su documenti rubati, mettendo in dubbio che Joseph Pulitzer, che era un acceso sostenitore del giornalismo etico, avrebbe approvato questi premi, Gissler ha ricordato che né il premio né le storie premiate si concentrano su Snowden: “Quello che è importante è che queste storie hanno consentito una comprensione delle attività dei servizi segreti e che abbiano aiutato a creare un dibattito nazionale e mondiale”.

È inusuale ma non è la prima volta che il premio per il Public Service (l’unica categoria in cui non vengono premiati singoli giornalisti ma le redazioni – ha spiegato Gissler – perché generalmente si tratta di ampie coperture che portano più di una firma e che rivelano un lavoro di squadra) viene assegnato a due testate. Così come non è la prima volta che uno dei premi va a una testata affiliata a un giornale straniero, ma Gissler ha voluto sottolineare che il premio al Guardian è stato assegnato alla sezione americana del quotidiano inglese dove lavorano circa 60 giornalisti, su due redazioni tra Washington e New York. E dalla redazione di New York in particolare, è partita la copertura della vicenda NSA. Altro elemento interessante del premio al Guardian US è che il lavoro premiato è stato pensato appositamente per il digitale e pubblicato online. Un altro segno del cambiamento dei tempi per il giornalismo. È dal 2009 che i Premi Pulitzer accettano anche lavori pubblicati esclusivamente su Internet. “Abbiamo sempre più partecipazioni che vengono dall’online e incoraggiamo la partecipazione di storie che sfruttano al meglio la multimedialità” ha detto Gissler commentando poi che lo story-telling è nella sua età dell’oro, ma che bisogna ancora trovare il modo per rendere questo lavoro remunerativo.

“Questi sono tempi ardui per il giornalismo – ha detto Gissler – Ma i premi di quest’anno sono tutti esempi della grande qualità del giornalismo nel Paese. I membri della giuria passano tre giorni a valutare i lavori di centinaia di giornalisti e ne escono ispirati. La mia citazione preferita è quella di un giurato che dopo aver letto alcuni degli articoli in concorso ha commentato: questo è cibo per l’anima”.

Tra gli altri premi per le categorie di giornalismo (14 in tutto i premiati, su 1.132 partecipanti), il Breaking News Reporting è andato allo staff del The Boston Globe premiato per la copertura dell’attentato alla maratona di Boston che, tra l’altro, si verificò lo scorso anno proprio durante l’annuncio dei premi Pulitzer 2013. Il premio per l’Investigative Reporting è stato assegnato a Chris Hamby del Center for Public Integrity per i suoi articoli sul sistema utilizzato da medici e avvocati per negare l’accesso alle indennità previste per i minatori affetti da silicosi. Tra gli altri premi emergono importanti temi: l’aumento della povertà e la dipendenza dal welfare e in particolare dai buoni pasto, di crescenti fasce della popolazione americana (Washington Post); le condizioni di vita e l’accesso ai servizi degli homeless (Tampa Bay Times); il difficile reinserimento nella società e l’assenza di servizi per i veterani di guerra (Colorado Springs); la persecuzione di una minoranza mussulmana in Myanmar (Reuters).

“Chi ci racconterebbe queste importanti storie se non ci fossero persone che lavorano costantemente su questi temi?” ha commentato Gissler a sottolineare l’importanza del giornalismo professionale. Ancora una volta dal campus della Columbia University il premio Pulitzer lancia un messaggio: il giornalismo ha ancora un senso e un’utilità, anche e soprattutto nell’era di Internet.

 

Ecco una parte dell’intervista con Edward Snowden realizzata anche video:

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Maurita Cardone

Maurita Cardone

Giornalista freelance, abruzzese di nascita e di carattere, eterna esploratrice, scrivo per passione e compulsione da quando ho memoria di me. Ho lavorato per Il Tempo, Il Sole 24 Ore, La Nuova Ecologia, QualEnergia, L'Indro, senza che mai mi sia capitato di incappare in un contratto stabile. Nel 2011 la vita da precaria mi ha aperto una porta, quella di New York: una città che nutre senza sosta la mia curiosità. Appassionata di temi ambientali e sociali, faccio questo mestiere perché penso che il mondo sia pieno di storie che meritano di essere raccontate e di lettori che meritano buone storie. Ma non ditelo ai venditori di notizie.

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