Nel quarantennale della morte di Dino Buzzati, il teatro del grande autore italiano è arrivato sulla scena newyorkese: quattro monologhi in doppia versione inglese/italiano per due settimane nello storico Cherry Lane Theater. Il progetto arriva a compimento grazie alla direttrice artistica di Kairos Italy Theater Laura Caparrotti, che ha fortemente voluto portare questi testi, poco rappresentati anche in Italia, sullo storico palco del West Village, con attrici americane, italiane e italo-americane. Una rassegna che vede in scena otto spettacoli diversi, di cui lei stessa ha curato alcune regie e una interpretazione. “Questi monologhi di Buzzati, come tutti i testi scritti meravigliosamente, sono validi sia in inglese che in italiano”, spiega. “L’esperienza di dirigerne vari, in lingue diverse, con attrici diverse, porta a scoprire quanto siano validi indipendentemente dalla lingua”. In effetti, quella del “double theater” è un’esperienza che riscuote successo a New York, dove un pubblico affezionato segue da circa un decennio le produzioni della compagnia. “Non è facile – aggiunge la Caparrotti – perché è una formula sconosciuta in teatro e dunque non di immediata ricezione. Però quando il pubblico viene e rimane anche per la versione italiana, esce entusiasta. Abbiamo commenti addirittura commoventi che provano che si può fare teatro in lingua, che il teatro cosiddetto straniero non è godibile solo da pochi. Ammetto che è veramente faticoso far passare il concetto, ma quando passa, la soddisfazione è grande”.
I monologhi sono tutti raccolti sotto un unico titolo “No Escape” e vengono proposti alternati uno all’altro, quasi fosse un vero e proprio festival di Buzzati.
“Il titolo riflette storie che parlano di persone intrappolate nelle loro vite, vittime contro il loro volere, del mondo che hanno intorno, fatto di uomini – e donne – senza scrupoli. Queste donne, che sembrano così deboli e dunque votate ad essere vittime, sono in realtà la parte migliore, più pura, più bella dell’Italia che Buzzati dipinge. Se è vero che Buzzati criticava la società ben pensante per quello che fingeva di essere, queste donne sono chiaramente parte di quella critica. Sono tutte migliori dei personaggi che hanno attorno… tutte! E questo è il bello di dirigerle in inglese e in italiano, si scoprono tante di quelle sfumature che il viaggio è addirittura inebriante”.
Un’esperienza particolare dunque, non solo per chi ha l’opportunità di assistere allo spettacolo in traduzione ed in originale, ma anche per chi vi lavora. Marta Mondelli, attrice che fa parte della compagnia da molti anni, sa che questo genere di proposta è apprezzata: “Il teatro qui è recepito molto bene in generale, quello italiano suscita molta attenzione, perché la cultura italiana è molto amata. In genere facciamo teatro bilingue proponendo un solo spettacolo, qui c’è una diversità ancora maggiore, non solo due lingue, ma proprio due spettacoli diversi ogni sera, quattro monologhi, otto attrici… Un bellissimo prodotto, non vedo l’ora di vedere anche tutti gli altri monologhi”. “E’ bellissimo far parte di questo perché essendo cresciuta in Italia ho una sensibilità italiana, ma ho fatto il training in USA e ho sempre recitato in inglese. E’ bello scoprire cosa questa lingua fa uscire come attrice”, racconta poi Amy Frances Quint (“Orologio”), a NY da 17 anni, “la lingua trasferisce cose diverse, parlare in italiano libera alcune partidella mia personalità. Insomma, con la doppia versione, c’è un notevole vantaggio rispetto a ciò che si può trasmettere. Con una lingua diversa il personaggio è diverso. La lingua italiana è più libera, drammatica… in inglese, anche con la stessa idea in mente il personaggio sarebbe diverso. Anche il suono, se non si capisce il senso, può trasmettere il senso della storia, l’atmosfera”.
Jojo Karlin (“The Switchboard Operator”), americanissima ma appassionata dell’Italia, è felice di far parte del progetto: “La doppia lingua è interessante. Il teatro è ricreare qualcosa, farlo in due lingue è affascinante, trovare gli elementi che ritornano nelle due lingue”.
Prima di “No Escape” non conosceva Buzzati, ma lo ha subito apprezzato molto: “Sono curiosa delle intersezioni fra arti, trovo che sia molto italiano, così come il materiale anni ’60, le parole, la transizione… ma ci sono anche cose molto americane nel testo. E’ universale, quando è molto specifico diventa universale”.
Anche per Rosemary Fine (“Alone at Home”), il double theater è una prima esperienza, “unica e interessante per NY, dove si parlano tantissime lingue diverse. Sono sicura che lo sarà anche per il pubblico. E’ un’ottima idea, e sarà un’esperienza particolare per le persone che verranno a vederlo, una bella sfida. Buzzati non credo che qui lo conoscano in molti, e questo è un modo di introdurlo”.
La sua alter-ego Lydia Biondi (“Sola in casa”), ha già collaborato con KIT in Italia ed ha aderito con entusiasmo all’idea di portare Buzzati a New York curandone anche la regia insieme a Giovanni Morassutti: “E’ una bellissima occasione essere al Cherry Lane, un teatro così noto. Il mio personaggio è molto intrigante, sono possibili molte letture diverse, sono curiosa di vedere come è stato interpretato dalla mia collega americana e dalla regia di Laura. Ma non voglio vedere la versione inglese prima di andare in scena, voglio scoprirlo dopo”.
Viene dall’Italia anche Ilaria Adamasi, a NY da tre anni ed entusiasta di essere qui. “E’ un onore, non avrei mai pensato di fare una cosa così importante, un gruppo radicato, un autore importante, un teatro storico, con la partecipazione di NYU… E’ bello fare teatro in italiano qui, ho sempre voluto trovare un modo di diffondere la mia cultura in USA; poterlo fare nella mia lingua è ancora più importante. Recito anche in inglese, ma comunicare con i miei suoni, nella mia lingua, è veramente bello”.
Un’operazione importante che tale si è rivelata anche sul palcoscenico. Avendo visto tutti i monologhi, possiamo dire che è un prodotto di alta qualità ed estremamente interessante, perché si tratta di testi bellissimi, di attrici bravissime e di due lingue che si accompagnano una all’altra facendo scoprire meglio i contenuti. Un’operazione non facile, considerato anche che lo spettacolo è andato in scena fra le mille difficoltà del dopo uragano. “Abbiamo perso molto – confessa Laura Caparrotti – in termini di pubblico, di critica e di organizzazione. Faremo come le donne di Buzzati, cercheremo una via per non rimanere intrappolate nei problemi creati da Sandy.”
Lo spettacolo è in scena fino a domani al Cherry Lane Theatre (38 Commerce Street). Per informazioni: http://www.kitheater.com