Non ho affatto bisogno di parlare coi familiari delle vittime della violenza mafiosa per spiegare loro quel che penso di Angelo Provenzano. So bene qual è stato il mio ruolo e quello che è ancora oggi. Ma di una cosa sono certo: nessuno e dico nessuno m'impedirà d'esprimere il mio pensiero o di essere coerente con quello che anni fa ho dichiarato.
Non ho mai preteso e mai lo farò di suggerire a chiunque di dire o comportarsi in una certa maniera. Parimenti, non ho mai avuta la pretesa di essere il centro del mondo o di pretendere che tutti la pensino come me.
Detto questo esprimo il mio pensiero verso tutti i miei colleghi che hanno combattuto la guerra palesemente dichiarata da Cosa nostra e che caddero vittime per difendere questo Paese, con la convinzione di cambiarlo.
In questi giorni i giornali hanno dato risalto alla notizia di Angelo Provenzano, figlio di Bernardo “Binnu u tratturi”, che ha iniziato una sorta di attività di cicerone per i turisti. Nella sostanza, il figlio dell'ex boss corleonese, riceverebbe in Sicilia numerosi turisti americani e li accompagnerebbe nei santuari di mafia, raccontando cos'è o cosa è stata la mafia siciliana.
La notizia ha innescato proteste e condanne, perchè Angelo Provenzano non potrebbe, secondo coloro che protestano, né parlare di mafia né ricevere i turisti.
Io, invece, non ci vedo nulla di male se Angelo Provenzano, accoglie dei turisti americani di Boston e li accompagna nelle zone che lui ritiene utile far visitare. Ma questa mia opinione è stata criticata da chi la pensa diversamente da me.
L'unica cosa che non condivido è che si chieda ad Angelo Provenzano di rinnegare suo padre o di presentarsi alla Giustizia e raccontare le malefatte commesse da suo padre.
Io, vorrei dire ai tanti catoni di turno che le colpe dei padri non possono e non devono ricadere sui figli. Se Angelo Provenzano non compie i passi che tutti gli chiedono di fare, sono esclusivamente affari suoi.
Ho fatto notare che a differenza dei figli di Riina, Angelo Provenzano, almeno sino ad oggi, risulta non aver seguito le orme paterne. A questa mia precisazione, sono fioccate domande del tipo “ma lei come fa ad escluderlo?”
Lo escludo perchè nella mia mente non serpeggia nessun pregiudizio ed anche perchè nei confronti dello stesso, finora non è stato emesso nemmeno un avviso di garanzia. Ergo che il raffronto di Angelo Provenzano, coi figli di Riina appare congruo.
Qualche anno fa, dopo aver ascoltato l'intervista di Angelo Provenzano, rilasciata alla trasmissione televisiva Servizio Pubblico, lo criticai pubblicamente con un post, talchè non aveva pronunciato la parola mafia. Mi duole dirlo, non mi piace questo modo di parlare di contrasto alle mafie e nel caso di specie verso un figlio che non si “allinea” al concetto di antimafia trasparente.
Allora viene logico domandarsi,che se Provenzano junior, decidesse di compiere platealmente il “salto di qualità” , diventerebbe un'icona positiva dell'antimafia? Penso proprio di sì.
Immagino flotte di antimafiosi dell'ultima ora, che farebbero a gara per invitarlo nei vari convegni o far la fila per un semplice selfie. No! Tutto questo non m'appartiene, mi piace ricordare il mio ex lavoro accanto a personaggi splendidi avulsi da preconcetti o pregiudizi.
La vicenda di Angelo Provenzano, mi fa venire in mente l'episodio di qualche mese fa,quando fu coinvolto il figlio minore di uno dei fratelli Graviano. Ebbene, in quell'occasione il cardinale Romeo non permise al ragazzo di cresimarsi nella Cattedrale di Palermo insieme ai suoi compagni.
L'alto Prelato giustificò il diniego, affermando che nella Cattedrale c'era sepolto padre Pino Puglisi, assassinato su ordine dei Graviano e che il giovane non aveva mai mostrato pentimento.
Vorrei chiudere con una considerazione per far notare sommessamente che talvolta i dolori non possono essere paragonati a quello dei familiari delle vittime di mafia.
Ma posso assicurare che esistono dolori silenti per il solo fatto d'esser rimasti vivi: dolori colmi di ferite che mai rimargineranno ed è per questi motivi, che non mi sento d'essere giudice e arbitro della vita di Angelo Provenzano.