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March 25, 2015
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Sperperi nel Parco delle Madonie: e della mala-gestione dei rifiuti in Sicilia tra mafia & antimafia?

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
Time: 5 mins read

Su facebook leggiamo un post scritto da Paolo Luparello, un dirigente della Regione siciliana conosciuto per la sua correttezza e per le battaglia che conduce per affermare la trasparenza amministrativa in un’amministrazione pubblica – quella della Sicilia – che in molti casi trasparente non lo è affatto. Luparello si sofferma sulle vicissitudini di Angelo Pizzuto, il presidente del Parco delle Madonie che qualche ‘casino’ amministrativo l’ha combinato, con relativa utilizzazione un po’ temeraria del denaro pubblico.

Pizzuto, qualche anno fa, è salito agli onori delle cronache perché il governo regionale di Rosario Crocetta gli ha revocato l’incarico. Motivo: avrebbe speso denaro pubblico in modo improprio. “Se malagestione ci fu – commenta Luparello – è giusto che il colpevole paghi. Non posso però nascondere un certo stupore. In questo caso di parla di alcune decine di migliaia di euro … ma come mai per amministratori pubblici che hanno provocato debiti fuori bilancio per centinaia di milioni di euro nei loro enti, o più di un miliardo di euro di debito nel settore dei rifiuti, non si ha notizia di processi e di eventuali condanne? A loro nessuno li denuncia?”.

Luparello tocca un tasto dolente. Ha ragione quando dice che a Pizzuto si rimproverano fatti amministrativi da poche migliaia di euro. Concerti e manifestazioni varie (che in alcuni casi il Parco delle Madonie non ha pagato tra le proteste di imprenditori e organizzatori). E un viaggio in Canada costato 50 mila euro. Su questa vicenda si è pronunciato il Tar Sicilia (Tribunale amministrativo regionale). Secondo i giudici amministrativi, il governo regionale ha fatto bene a revocare l’incarico a Pizzuto.

Resta da capire – e qui l’interrogativo sollevato da Luparello è corretto – come mai nessuno si occupa delle voragini finanziarie che oggi travolgono l’intera Regione siciliana. Oggi il ‘buco’ finanziario della Regione siciliana a Statuto autonomo è pari a circa 5 miliardi di euro (e forse il ‘buco’ potrebbe essere maggiore, magari intorno ai 7 miliardi di euro). Noi scriviamo spesso che questo ‘buco’ è stato provocato, in massima parte, dai prelievi dello Stato. Questo perché il governo nazionale, negli ultimi due anni, ha strappato alla Regione circa 5 miliardi di euro.

Questo dato non deve però far venire meno l’analisi sull’indebitamento complessivo del ‘sistema Sicilia’. Ovvero i debiti non soltanto della Regione, ma dei circa 390 Comuni dell’Isola, delle nove Province commissariate, degli enti pubblici riconducibili alla Regione, ai Comuni e alle Province e alle società collegate sempre a Regione, Comuni e Province. Se consideriamo tutti questi soggetti, i debiti del ‘sistema Sicilia’ superano i 20 miliardi di euro.

Se poi andiamo a visionare, anche per grandi linee, alcuni punti di questo indebitamento, ci accorgiamo che le considerazioni di Luparello sono centrate. Il dirigente regionale fa riferimento alla gestione dei rifiuti. Ai lettori – soprattutto ai lettori americani – va illustrata la follia della politica siciliana in materia di gestione di questo settore. A parte la scelta di privilegiare le discariche al posto della raccolta differenziata dei rifiuti (opzione, quest'ultima, tipica tipica dei Paesi civili: non a caso in Sicilia, al contrario, domina la mafia, particolarmente interessata alle discariche, così come avviene in Campania con la camorra), va detto che nell’Isola, nei primi anni del 2000, sono state costituite società tra Comuni (Ato rifiuti, sigla che sta per Ambiti territoriali ottimali) che, in molti casi, ne hanno combinate di tutti i colori.

Al 31 dicembre del 2011 l’indebitamento degli Ato – poi commissariati – ammontava a un miliardo e 400 milioni di euro. Oggi non si hanno notizie precise. Ma, contrariamente a quello che cercano di far credere, sembra molto difficile che tale indebitamento si sia ridotto. Sarebbe auspicabile la tanto decantata trasparenza amministrativa. Ma in Sicilia, al di là delle chiacchiere, la gestione della cosa pubblica rimane fortemente intrisa di cultura mafiosa. Con molta probabilità, la mancanza di chiarezza sui debiti prodotti dal sistema delle discariche – tutt’ora in vigore! – impedisce ai cittadini siciliani di ribellarsi a un sistema che produce solo inquinamento, montagne di debiti e soldi a palate per alcuni privati.

Restano gli interrogativi: come mai nessuno si è mai occupato delle denunce scritte dall’ingegnere Roberto Sciascia sulla gestione degli appalti per decine e decine di milioni di euro proprio in merito alla gestione dei rifiuti in Sicilia?  Invitiamo i lettori – italiani e americani – a visionare quello che Sciascia scrive nel suo blog (www.roberto-sciascia.net). Rimarrete di sasso! Attenzione: Sciascia non racconta storie di venti i trent’anni fa, ma vicende di questi anni (alcune, addirittura, ancora in corso). “Il Tribunale di Gela, lo scorso dicembre, ha disposto l’oscuramento del mio blog – racconta Sciascia -. Poi hanno deciso di oscurare solo un paio di articoli. Infine la Giustizia mi ha dato ragione su tutta la linea. Così il mio blog, con tutte le mie denunce, è a disposizione dei lettori che vogliono sapere come funzionana il sistema dei rifiuti in Sicilia”.

Racconta cose incredibili, Sciascia. Appalti per decine di milioni di euro truccati. Gare ‘addomesticate’. Dirigenti pubblici che perseguono interessi privati. Un fiume di denaro pubblico che, invece di essere impiegato per risolvere problemi ambientali spesso gravissimi, vengono utilizzati per fare arricchire uno ristretto gruppo di affaristi composto da politici, imprenditori e dirigenti e funzionari pubblici. Questa serie di articoli Sciascia li ha raccolti sotto la dizione ‘Minestra cunzata’, che nella lingua siciliana ha due significati: il primo legato alla minestra preparata bene, con tutti gli ingredienti; il secondo significato è metaforico: sta a indicare una truffa preparata in tutti i minimi particolari. Ebbene, di tutte queste denunce – attenzione: con nomi e cognomi dei politici e dei dirigenti e funzionari pubblici! – non si conoscono risvolti giudiziari. Come mai?

L’elenco potrebbe continuare, sempre sulla gestione dei rifiuti: per esempio, i quattro impianti di compostaggio realizzati e non collaudati. Se fossero entrati in funzione avrebbero ridotto il business delle discariche. I quattro impianti sono rimasti bloccati, il mangia-mangia sulle discariche private è continuato (e continua!). C’è, è vero, un’inchiesta della magistratura. Ma il problema non è la magistratura. Perché non si può delegare tutto alla magistratura. Il problema è una politica siciliana dal 2008 ad oggi segnata dalla presenza del centrosinistra al governo della Regione: una politica e un governo della Regione che, a parole dicono di fare antimafia, ma che, nei fatti, sostengono (e partecipano) al sistema delle discariche.

Sempre nel settore dei rifiuti gli Ato hanno assunto circa 13 mila persone. Assunzioni senza concorso, per chiamata diretta. Scaricando i costi sulla collettività. Sono state fatte indagini su queste assunzioni? Quali criteri sono stati seguiti? E perché i siciliani dovrebbero continuare a pagare, con aumenti spaventosi delle tasse e delle imposte, questo personale per avere in cambio un servizio carente, visto che tantissimi luoghi della Sicilia – comprese le città – sono sporche?  

Discorso analogo per altri settori della pubblica amministrazione. Che fine hanno fatto i fondi per la bonifica delle aree industriali della Sicilia? Si tratta di zone fortemente inquinate dalla chimica: Gela, Melilli, Priolo, Milazzo. Proprio nell’area industriale di Milazzo, lo scorso anno, è scoppiato un incendio. Sono state accertate le responsabilità? I danni ambientali ed economici sono stati ingenti? Chi sta pagando?

Questi sono soltanto alcuni esempi. L’elenco potrebbe continuare con le forniture nella sanità, con i debiti fuori bilancio dei Comuni, con l’uso smodato delle consulenze inutili. Con le dighe siciliane costate centinaia di milioni di euro e oggi in molti casi abbandonate. E via continuando.

La domanda è sempre la stessa: come mai non si interviene su questi fatti?

             

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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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