Cosa sta succedendo in casa del maggior partito italiano in questi giorni, cioè del Pd? Renzi fa avanti con le sue ‘riforme’ come un rullo compressore. Si parla di scissioni a sinistra che poi vengono puntualmente smentite. Gli oppositori interno all’attuale capo del governo minacciano di non votare le leggi proteste dal Presidente del Consiglio. Ma alla fine le votano lo stesso. L’impressione è che nel Partito democratico sia in corso un gioco delle parti che, alla fine, potrebbe fare allontanare gli elettori italiani che credono ancora nei valori della sinistra. Sarà così?
Esaminiamo preliminarmente le prese di posizioni dei big di riferimento e la reazione della base. Una riunione a porte chiuse tenuta a Roma su iniziativa Maurizio Landini alla quale hanno partecipato rappresentanti di varie associazioni e di alcune categorie professionali tra le quali avvocati e farmacisti. Il leader della Fiom/Cgil non ha usato parole tenere nei confronti del ‘capo’ del Pd e del Governo, Matteo Renzi, ed infatti ha esordito pesantemente con una frase ad effetto mediatico: “La politica non è proprietà privata, le politiche della Troika mettono in discussione la democrazia”.
Ieri Maurizio Landini ha precisato, intervenendo al programma di Rai tre "In mezz'ora", che l'incontro tenutosi sabato scorso è stato di carattere sindacale. Il segretario della Fiom-Cgil ha dichiarato che occorre fondare la coalizione sociale esplicitando: "Io non sto dentro il perimetro che vuole qualcun altro perché io e i lavoratori il Paese lo vogliamo cambiare più di Renzi”.
Il disagio in casa del Partito democratico c’è ed è molto evidente tant’è che i leader dell’opposizione interna non ne fanno mistero. Si parla insistentemente di scissione e di costruzione di una nuova casa a sinistra del Pd, ma giorno dopo giorno sembra più assistere ad una farsa che non ha nulla di reale. Ed a proposito di un’eventuale scissione l’ex segretario del Pd, Pierluigi Bersani, si è affrettato a dichiarare l’11 marzo scorso all’Ansa: “Il Pd è casa mia, è casa nostra. E Renzi, che è il segretario, ha il dovere di tenere conto della sensibilità di tutti. La scissione – ha proseguito Bersani – non la vedo, però c’è un disagio di cui bisogna prendere atto”.
A rincarare la dose è sceso in campo il leader storico ed ex Premier, Massimo D’Alema, che ha contestato le principali riforme volute da Matteo Renzi ad iniziare dal Jobs act che, ha precisato, “non porterà nulla di buono ed addirittura fa già registrare arretramenti nel Mezzogiorno”. Tra le risposte fornite ad un intervista rilasciata a fine febbraio al Mattino, sempre a proposito del Jobs act, ha detto: “A me pare che il Sud molto difficilmente potrà trarne dei vantaggi: siamo di fronte a una riforma che avvantaggia al massimo gli imprenditori delle aree dove si comincia a registrare un po’ di crescita e non quelle parti del Paese dove l’economia è ferma. Questa riforma smentisce se stessa. Si era partiti dalla giusta idea di unificare il mercato del lavoro, di eliminare le discriminazioni e introdurre un sistema a tutele crescenti. Si è finiti per rendere la discriminazione permanente. Il risultato non è coerente con la positiva ispirazione iniziale. Questa riforma aumenterà la precarietà del lavoro, soprattutto per quanto riguarda i nuovi assunti. Dal momento in cui si introduce la possibilità di licenziare senza giusta causa tutti diventano Cocopro. A maggior ragione nel Mezzogiorno dove i lavoratori sono più deboli e dunque più esposti. Detto ciò, minori tutele non rappresentano una grande conquista dei lavoratori, da nessuna parte essi si trovino”
Per D’Alema è bene che il Parlamento corregga alcuni aspetti delle riforme, compresa quella sulla legge elettorale che, a suo parere, somiglia troppo al Porcellum. In ogni caso, per l’ex Premier le riforme si fanno con l’opposizione.
Gianni Cuperlo durante un’intervista del Tg3 Rai, a proposito di un’eventuale scissione, risponde: “Non è in discussione il rapporto tra maggioranza e minoranza, ma l’identità del Pd, Renzi ci pensi prima che sia troppo tardi”. Poi c’è la posizione di Pippo Civati, che da tanti politologi è stata giudicata sempre più prossima all’uscita dal Pd ed alla confluenza in nuovo soggetto politico con Vendola, Landini ed altri.
Il fermento del Pd continua sempre più e prende l’aspetto di telenovela. Infatti sabato prossimo le minoranze festeggeranno all'Acquario di Roma l'arrivo della primavera con un convegno dal titolo: "A sinistra del Pd". A prendere l'iniziativa è stato il deputato bersaniano Alfredo D'Attore che però ha precisato che non sarà un'iniziativa anti Renzi, ma finalizzata a "costruire una nuova proposta per l'Italia dentro il Pd".
Riunioni, convegni, seminari ed appuntamenti pubblici, ma anche segreti per far rilevare un forte malessere dentro un Partito che fino a poco tempo fa sembrava essere l'unica forza politica nella quale, attraverso vari fasi di consultazioni interne (tra dirigenti ed iscritti) ed esterne (primarie) vigevano regole di partecipazione democratica. Ma dopo l'insediamento di Matteo Renzi tante cose sono cambiate e spesse volte fanno venire un forte ‘mal di pancia’ a coloro che avevano creduto nella creazione di un vero Partito democratico stile americano. La stessa base del Partito ha dato precisi segnali di protesta e infatti l’anno 2014 si è chiuso con una perdita dei tre quarti degli iscritti. Hanno rinnovato la tessera solo 100 mila persone contro i 400 mila del 1993.
Le primarie, sempre invocate da Renzi ed i suoi “rottamatori”, si sono manifestate e continuano a manifestarsi poco o per nulla ‘trasparenti’ alla luce del fatto che vanno a votare migliaia e migliaia di elettori del centrodestra tra i quali molti immigrati che non hanno la cittadinanza italiana. In questo momento è verosimile che, oltre la base del Partito, di forte ‘mal di pancia’ ne sia rimasto vittima l'ex segretario Pierluigi Bersani che due anni fa aveva creduto e dato eccessiva fiducia a tanti uomini e donne che col suo determinante sostegno sono stati ‘nominati’ parlamentari grazie a una legge elettorale – il Porcellum, tutt’ora in vigore – che non dà ai cittadini la possibilità di eleggere democraticamente i propri rappresentanti alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica.
Cosa risponde Renzi a questi malesseri? Spesse volte lascia ai suoi fedelissimi il compito di rispondere alla critiche. Per esempio, al suo braccio destro, Graziano Delrio, che non perde l'occasione per dire agli avversari interni che chi ha vinto il congresso ha il diritto di dettare la linea politica del Partito su tutti i fronti. Ma altre volte il Premier si sbizzarrisce con frasi populistiche o ridicolizzando i nemici interni.
Ma Renzi e il caro Delrio, nonché la bella Ministra Boschi non tengono conto che se è vero che Renzi ha vinto il congresso è anche vero che tutti gli attuali parlamentari di Camera e Senato sono stati eletti con un preciso programma presentato da Pierluigi Bersani. Di fatto, gli impegni presi dal Pd di fronte a tutti gli elettori, nel 2013, sono stati disattesi per far posto a Jobs act, Italicum ed altri che rappresentano sicuramente l'antitesi del progetto bersaniano. Il Mezzogiorno, come bene ha affermato D'Alema, pagherà ancora una volta un prezzo elevato sull'altare dei potentati che hanno a cuore i territori più ricchi del Paese.
Nei prossimi giorni, nel Pd, sono previste riunioni, convegni, seminari, conventicole. Per arrivare a che cosa? Sarebbe auspicabile una levata di scudi o, meglio ancora, in una rivoluzione interna al Partito democratico per ristabilire regole di partecipazione. Sarà così? Finora abbiamo assistito a un balletto un po’ farsesco. Con i cosiddetti oppositori interni che minacciano di non votare leggi che dicono di non condividere e poi, al momento del voto, si allineano con Renzi. La sensazione è che si tratti, per l’appunto, di una farsa da parte degli oppositori interni del Pd. Un’opposizione interna di facciata per provare a non fare scappare gli elettori di sinistra che poi culmina sempre nell’appoggio a Renzi.
La nostra sensazione è che Renzi proseguirà nella sua strada, magari offrendo poltrone e ‘strapuntini’ a destra e a manca che, come è ormai a tutti noto, finiscono per essere comunque molto apprezzate e gradite…
Da qui una domanda: ma gli elettori italiani che credono in una sinistra continueranno a votare Pd?