Scriviamo mentre il segretario nazionale del Partito Democratico Pierluigi Bersani si appresta a divulgare il programma del proprio partito pensando alle elezioni in Sicilia, pensando al dopo-Monti. Ci viene riferito che il “manifesto” presenta “idee” e “linguaggio” di sinistra. Benissimo: c’è un disperato bisogno di sinistra in questo Paese devastato dalla destra, screditato dal berlusconismo, greppia per gli “intraprendenti”, per le “intraprendenti”, paradiso degli “yes men”, dei parvenu, degli arrampicatori sociali che però non hanno un grammo della classe di Paul Newman nel celebre film “The Philadelphian”. E nemmeno di George Peppard nei panni del tenente tedesco Bruno Stachel (“The Blue Max”) che nella Grande Guerra s’impone come pilota fra i più efficienti “anche” perché le vittorie sui piloti inglesi contribuiscono al suo riscatto sociale. C’è voglia di sinistra in Italia, sissignori – almeno per noi. Con l’avvento del berlusconismo, con l’ingresso della Reazione nei ‘quartieri alti’ del Potere (politico ed economico-finanziario) non abbiamo compiuto un balzo indietro di 50 anni (magari lo si fosse eseguito…); siamo tornati indietro di 120 anni. Dallo stato di cose in cui si trovava l’Italia più di un secolo fa nacque il Partito Socialista. Il Partito Socialista procurò subito fortissimi mal di testa ai reazionari, ai conservatori, dette una grossa scossa morale, politica, sociale; portò finalmente aria fresca in una Nazione ingessata, soffocata dai borghesi. Che poi si perdesse in disquisizioni dottrinarie e non riuscisse a conquistare col voto il Potere, è un altro discorso. La vogliamo eccome la Sinistra in Italia. Ma non vogliamo la Sinistra (ricordate?) del voto politico al Liceo e all’Università. Non vogliamo una sinistra come quella che oltre 40 anni fa spalleggiava a brutto muso laureandi in Architettura i quali, con sussiego e tracotanza borghesi (!) presentavano tesi sulle tende dei nomadi persiani… Non vogliamo una sinistra che passi il tempo a spaccare in quattro il capello…
Non vogliamo una sinistra parolaia, salottiera, borghese, la quale ci venga a dire che il “business” i suoi diritti ce li ha… Certo che li ha, e deve averli, ma non a detrimento della vita di milioni e milioni di cittadini italiani. Il “business” non può essere uno “Stato” nello Stato, non può essere una forza antinazionale, appoggiata, blandita, ossequiata in Parlamento. Non vogliamo una sinistra fatta di tizi molto cattedratici, di quelli che in inverno vanno in giro indossando cappotti di Loden e all’altezza dell’ascella stringono voluminosissimi mazzi di giornali e riviste, così, per farsi vedere, per darsi un tono, per richiamare attenzione, ammirazione… I reazionari sono loro! Hanno voglia a dire che Saitta e Chabod furono storiografi di classe eccelsa e Clement Attlee un ‘gigante’ del Novecento: all’atto pratico, nel comportamento e nell’assetto mentale, sono più vicini a De Maistre, a Solaro della Margarita, a Giovanni Malagodi. Solo che non se ne accorgono…
Noi vogliamo una sinistra in maniche di camicia, indifferente al ‘fascino’ del denaro, indifferente all’idea di “successo personale”. Una sinistra la quale riesca finalmente a capire che l’abbattimento delle frontiere e l’ingresso in Italia di moltitudini di individui interessati solo a delinquere o a svolgere commerci incompatibili con le leggi di questo Paese, colpiscono proprio gli italiani meno agiati, gli italiani meno abbienti. Vogliamo una sinistra la quale, tornando magari al potere grazie al voto popolare, re-introduca i contratti di lavoro a tempo indeterminato e non confonda più la libertà con l’arbitrio. Una sinistra i cui campioni vivano in appartamenti, spaziosi e ben rifiniti, certo, ma pur sempre appartamenti; e non inseguano la villa, lo yacht…