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September 4, 2012
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ELEZIONI USA/ I Believe in America

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 3 mins read

Dopo aver ascoltato o letto i discorsi dei repubblicani alla convention del Gop, da elettore indipendente (cioé non registrato in nessuno dei due partiti in lizza e quindi considerato il classico “swinger”, un elettore pronto a cambiare voto), mi sento sempre piú vicino a riconfermare la mia preferenza per Barack Obama. Ora soltanto il Presidente potrebbe “mess it up”, complicarsi da solo la rielezione, perché per quanto riguarda il suo contendente Mitt Romney, egli non ha fatto altro che agevolare la rielezione di Obama.

Persino la performance di Clint Eastwood spinge a voler confermare il presidente. Quella sedia “vuota” in realtà negli ultimi 4 anni è stata sempre occupata e preoccupata da una valanga di problemi creati o lasciati irrisolti dalla precedente amministrazione…

La Convention del Gop, con le sua superficialità nell’elencare problemi senza capirne e spiegarne l’origine o nemmeno indicare una concreta soluzione che non sia il solito e immaginario “laissez-faire”, mi ha fatto sentire ancor più vicino all’impresa che l’amministrazione Obama ha raggiunto in questi quasi quattro anni. Obama ha ereditato un’America che perdeva un milione di posti di lavoro ogni 40 giorni, ed è riuscito in pochissimo tempo ha turare le falle create o lasciate aperte da Bush e che ci stavano portando tutti quanti nell’abisso.

Anche FDR nel ‘33-36 riuscì a frenare la caduta libera iniziata nel ’29 e quella politica passò allo storia come il New Deal che anche allora non venne considerato un grande successo, ma gli americani capirono che Roosevelt, quel presidente eletto in una sedia a rotelle, era il più adatto a rimettere in piedi l’America. Anche per un gigante come FDR ci vollero oltre 10 anni (e una guerra mondiale) per far tornare tutti i posti di lavoro e il benessere economico. Obama nel tempo che ha avuto a disposizione, anche per i precedenti storici della crisi economica che ci ha colpito, non poteva far meglio di quello che ha fatto.

Ho visto solo pochezza di idee e disinformazione nella convention di Tampa e forse, tranne alcune parti dell’intervento di Condoleeza Rice – l’unica a mostrare di possedere un certo carisma in un marasma di mediocrità –  nei discorsi ho notato tanta superficialità. E anche lo slogan che sovrastava nella Convention del Gop, “We believe in America”, non può essere indicativo di valori che appartengono solo al tea party e a certi estremisti del Gop.

A parte che con una risata mi viene di ricordare che “I believe in America” è la prima frase pronunciata nel film capolavoro di Coppola “The Godfather” (detta da Buonasera a Don Vito Corleone), nessun partito in questo grande paese può essere l’“esclusivo credente” di certi valori americani, che sono poi quelli non sciorinati in maniera confusionaria e addomesticata alla convention del Gop, ma quelli protetti dalla Costituzione degli Stati Uni-ti. Yes, I believe in America. Quindi credo che anche Obama, commettendo certamente degli errori ma raggiungendo già dei difficilissimi risultati, abbia già dimostrato con il suo lavoro di crederci. Per me Romney, con quella sua strana convention, ha solo dimostrato finora di voler prendere gli elettori per dei “creduloni”. Ora toccherà alla Convention democratica riuscire a spiegare il lavoro finora svolto da Obama e quali saranno i suoi prossimi obiettivi. Il presidente, se rispetterà gli elettori, non fallirà.

 

*pubblicato anche su www.americaoggi.info

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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