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June 10, 2012
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Armageddon in Siria?

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 5 mins read

In questi giorni di nera crisi, di spread, banche ed euro volanti, è difficile fermare le teste calde che vanno in ebollizione. In Italia sembra che una di queste sia stata la responsabile della bomba di Brindisi. “Ce l’avevo  con il mondo intero”, ha dichiarato nella confessione tale Giovanni Avvantaggiato (ha fatto tutto da solo?). Ma per quanto pericolose siano le teste calde d’Europa, restano poca cosa in confronto alle ripercussioni che si potrebbero avere con quelle che massacrano donne e bambini in Siria.

Il paese arabo fino ad uno anno fa controllato col pugno di ferro dagli Assad grazie anche alla mai interrotta protezione dell’orso russo, è di fatto precipitato in una guerra civile settaria imprevedibile. Ci faceva pena vedere giovedì il valoroso ex segretario generale dell’Onu Kofi Annan, ora inviato speciale per la Siria, fare al Palazzo di Vetro gli ultimi disperati tentativi per far sostenere dal Consiglio di Sicurezza il suo piano di pace per la Siria che né il regime di Damasco né le varie fazioni di ribelli hanno finora rispettato.

Ogni giorno raccapriccianti dettagli emergono sugli ultimi massacri di civili in Siria, per maggior parte donne e bambini e quando si sente l’artiglieria pesante sparare persino a Damasco, come avvenuto ieri, si capisce che ancora il peggio deve arrivare e in quell’area del mondo ció puó significare uno scenario da catastrofe per tutti.

Giovedì pomeriggio, dopo una riunione a porte chiuse al Consiglio di Sicurezza, era chiaro ai giornalisti che aspettavano fuori quanto fosse ormai troppo tardi per il piano di Annan. All’uscita della riunione, il Segretario Generale Ban Ki Moon, l’inviato speciale Kofi Annan e il Segretario Generale della Lega Araba Nabil Elaraby, avevano espressioni nel viso spettrali, nonostante sorrisi forzati. “Nessuno può predire come la situazione in Siria si evolverà. Dobbiamo prepararci ad ogni eventualità; dobbiamo essere pronti a rispondere a molti possibili scenari”, ci ha detto Ban Ki Moon. “Spetta ai membri del Consiglio di Sicurezza trovare un’azione comune. Ma fatemi dire che qui abbiamo bisogno di un’azione più coraggiosa. Dobbiamo parlare con una sola voce…”. La mattina, all’Assemblea Generale, Ban Ki Moon aveva detto che una “aperta guerra civile” in Siria appariva sempre più vicina. “I terroristi stanno approfittando del caos” aveva avvertito.

L’inviato speciale Kofi Annan ha ribadito che ci vogliono maggiori pressioni esercitate dal Consiglio di Sicurezza, anche attraverso un piano per una transizione politica che, secondo Annan, potrebbe arrivare dall’intesa di un “gruppo di contatto” che oltre ai membri permanenti del CdS si avvalga dell’apporto dei principali paesi della regione che hanno influenza in Siria. Cioé l’Iran? Annan non ha esitato: sì, l’Iran “deve essere parte della soluzione”. L’ambasciatrice americana Susan Rice dallo stesso microfono ha replicato immediatamente: l’Iran “è parte del problema e non la soluzione”. Quale potrebbe essere lo scenario “catastrofico” di cui si accenna a bassa voce tra i corridoi dell’Onu e si discute in queste ore al Cremlino come alla Casa Bianca, ma del quale nessuno vuol parlare davanti alle telecamere?

Quando giovedì davanti ai giornalisti è arrivato l’ambasciatore della Cina Li Baodong, presidente di turno del Consiglio di Sicurezza, gli abbiamo chiesto se Ban Ki Moon nel metterci in guardia che dobbiamo prepararci ad ogni eventualità ed essere pronti a rispondere ai possibili scenari, intendesse l’eventualità che in Siria si perda il controllo dei depositi di armi chimiche (il più grande stoccaggio nel Medio Oriente), e gli abbiamo chiesto cosa avrebbe potuto fare a quel punto il Consiglio di Sicurezza, l’ambasciatore cinese è rimasto come congelato. Poi ha ripetuto, come un disco rotto, che la Cina è per il piano Annan e che non considera l’eventualità di un intervento in Siria possibile.

L’ambasciatore russo Vitaly Churkin ha annunciato che Mosca vuole far partire un vertice di tutti i paesi che esercitano una influenza sulla Siria, e che la conferenza a Mosca non sarà una alternativa al piano Annan ma serve a sostenerlo.

Secondo una fonte citata dal Washington Post, l’ambasciatore russo durante la riunione a porte chiuse avrebbe ribadito che la Russia non è “sposata” con Assad e che “se dovrà andarsene a seguito di un processo politico, noi non saremmo così dispiaciuti”.

Quando abbiamo posto la stessa domanda a Churkin, cioè se si avverasse il più terribile scenario in Siria, con armi chimiche sul punto di cadere nelle mani di terroristi, sarebbe in quel caso la Russia favorevole all’intervento? L’ambasciatore russo ha sgranato gli occhi blu ghiaccio, per poi ripetere la solita linea: la Russia non può essere per un intervento e anche se ha una grande preoccupazione per quel tipo di scenario, “la domanda era fuori tema con l’argomento di cui si stava trattando in quel momento, cioè l’appoggio al piano Annan”.

Già nessuno ne vuol parlare in pubblico di quello che i russi e gli americani sanno benissimo potrebbe accadere in Siria. Così, per saperne di più, bisogna leggere online i giornali israeliani, quelli cioè del paese più a rischio e che non potrebbe assistere passivamente che lo scenario da Armageddon si avveri.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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