Il primo maggio di cento anni fa, mentre nelle strade di Londra lavoratori al canto dell’Internazionale chiedevano rispetto e dignità alla borghesia capitalista e colonialista, nei giardini di Kensington, alla presenza di J. M. Barrie veniva inaugurata l’efficace quanto grazioso gruppo bronzeo di Peter Pan, opera dello scultore sir George Frampton. Il bimbo, che indossa la sua caratteristica camiciola, è in piedi sul tronco di un albero cesellato con le simbologie che hanno fatto di Peter un topos della cultura universale: fatine, conigli, uccelli, elementi naturali.
Il minuscolo eroe, che al settimo giorno di vita scelse di non diventare adulto volando via dalla culla per vivere le notti magiche dei giardini di Kensington con i sogni e le fate che li abitano, porta alla bocca con la mano sinistra il lungo flauto e ha la destra alzata come ad un richiamo. Barrie aveva pubblicato “Peter Pan in Kensington Gardens” nel 1906, e il libro aveva raccolto un successo così eclatante da meritare, appena sei anni dopo, uno spazio celebrativo nel parco che aveva reso celebre in tutto il mondo. I gardens sono il luogo delle scorribande notturne del bimbetto con le ali fatate: i nomi dei laghetti e ruscelletti che li percorrono si ritrovano nella narrazione. L’autore aveva, sin dall’uscita del libro, sognato di vedere nel parco la rappresentazione fisica della creatura letteraria che quei giardini aveva glorificato con le sue gesta, ed è risaputo che fotografasse il ragazzino di sei anni, Michael Uewelyn Davies abbigliato da Peter Pan, per offrire ispirazione al futuro scultore dell’opera. Consapevole del significato storico e culturale che il monumento avrebbe acquisito nel tempo, l’autore scelse anche il luogo dove porre la statua e presenziò all’inaugurazione.
Il piedistallo circolare a due gradini del gruppo bronzeo fu collocato accanto al Long Water Lake, il luogo dove Peter atterrò la prima volta, secondo la narrazione di “The Little White Bird”. Probabilmente era la prima volta che un personaggio inesistente nella realtà fisica, si veniva a trovare al centro di una così appassionata messa in scena del rimpianto e del ricordo: l’afflato del padre letterario aveva prodotto la perfetta mistificazione.
La leggiadra statuina è tuttora meta di visite e sguardi amorosi da parte dell’immensa folla degli ammiratori. Migliaia di passanti e visitatori quotidianamente guardano il santuario di Peter si chiedono che fine abbia fatto il fanciullino che è dentro di loro. E’ capitato anche a me, qualche estate fa, per caso, mentre attraversavo il parco con mia figlia Karin.
E fu singolare incontrare a qualche passo di distanza il memorial della principessa Diana Spencer, playground di verde e acqua per bambini sino a dodici anni di età, collocato vicino a Kensington Palace, già residenza della principessa del Galles, con un’enorme nave dei pirati in legno che accoglie ogni anno salti e corse di più di 750mila bambini.
Un accostamento che fa pensare quello tra la ragazza che non riuscì ad essere tanto adulta da accettare le responsabilità del suo status di moglie e futura regina, e il bimbetto che non volle essere adulto optando per l’onirico e il favoloso di Kensington Gardens. Ambedue soffrirono la tragedia e gli shock che fanno preferire l’infanzia eterna alle responsabilità dei grandi. Non è casuale che Diana Spencer amasse farsi fotografare tra i bambini, ai quali portò spesso sorriso e iniziative benefiche. Non è stato sbagliato collocare il suo memorial accanto a quello di Peter Pan, anche a rischio di far confusione tra vita realmente vissuta e il fantasy di un personaggio immaginario.