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April 22, 2012
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Iper-politica anti-partitocrazia

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 5 mins read

Attenti: non fatevi un’opinione su Beppe Grillo soltanto leggendo i giornali (compreso questo) o guardando Rai International, ma prima andate a vedervi su youtube i video che mostrano la manifestazione di sabato 8 settembre. Dopo averlo fatto, tornate a leggere, tanto nessuno vi potrà ingannare.

Io avevo fatto esattamente il contrario. Dopo aver sentito le scosse di terremoto arrivate dall’Italia per il V-Day (che sta per Vaffanculo Day), avevo cominciato a leggere prima di vedere. E così sembrava quasi che 300 mila "pecoroni" ipnotizzati da un comico dall’accento genovese, si fossero riversati sulle piazze italiane per gridare insieme a lui vaffan a tutto e a tutti ma senza poter  proporre, insomma la classica protesta senza sbocco. Alla fine la sentenza dei maggiori media potrebbe essere riassunta così: classico esempio di "qualunquismo", di "antipolitica"  che trova spazio tra gente "che vuole sfogare rabbia" ma che potrebbe diventare anche pericoloso e bla bla bla.

Dopo aver visto Grillo ma soprattutto sentito testimonianze di cittadini italiani accorsi a sentirlo (bello il servizio su La7 che intervistava la gente a Torino), questi non sembravano affatto scesi in piazza solo per sfogarsi, fare baldoria e dire vaffan contro  politici della Repubblica. Questi cittadini, di tutte le età, con figli e nonni, erano lì anche per proporre delle leggi, dato che per la Costituzione italiana, queste possono essere sottoposte al Parlamento anche attraverso petizioni popolari con almeno 50mila firme.

Delle proposte di legge "grilliste", ne avrei firmato una sola, quella per cambiare il sovietico stratagemma delle liste bloccate nell’attuale legge elettorale, dove gli apparati dei partiti scelgono prima che i cittadini possano votare chi dovrà effettivamente entrare in Parlamento. Le altre non le avrei sottoscritte, ma non per questo mi sfugge l’eccezionalità dell’evento del V-Day dell’8 settembre, una giornata storica per la democrazia italiana.

Grillo nel suo comizio-show dice parolacce e impreca, ma affronta argomenti che dovrebbero interessare tutti gli italiani, anche quelli che in piazza non c’erano. Quando Grillo, parlando dei 250 miliardi di euro l’anno di crescita del debito pubblico italiano, dice "questo paese non c’è più", denuncia il dramma che incombe sul futuro di tutti i cittadini italiani, altro che "qualunquismo." Quando dice "E’ una manifestazione straordinaria, non c’è una bandiera…", fa notare come finora in Italia solo certi partiti e sindacati avevano avuto il monopolio della protesta organizzata, come se solo loro fossero in grado di mobilitare i cittadini su questioni che solo loro potevano scegliere.

"Questa gente in Parlamento non rappresenta nessuno perché non sono stati eletti da nessuno", Grillo esagerando dice la verità: solo noi italiani all’estero, nelle ultime elezioni, abbiamo effettivamente avuto il diritto (brogli permettendo) di scegliere il nome del candidato nella lista, poi eletto in base ai voti di preferenza e non a liste bloccate dai partiti.

Non sono d’accordo con tutto quello che fa incavolare Beppe Grillo, ma quando ha detto che lui i "partiti li vuole distruggere, sono il cancro della democrazia. Siamo noi che dobbiamo riappropriarci della democrazia", sbaglia solo il termine partiti: è la partitocrazia che questi partiti hanno creato dal ’48 in poi il cancro. Lo stato-partito di stampo sovietico, totalizzante e che permea tutta la vita del cittadino, in Italia diventa infatti partitocrazia. C’era già chi l’aveva denunciata da tempo questa partitocrazia, come i radicali di Marco Pannella, ma senza aver avuto un tale successo nello scavalcare quel muro dell’informazione che a tale regime dei partiti restava asservita. Adesso Grillo, grazie ad internet, arma di distruzione di massa per la massa contro ogni censura, riesce ad organizzare una marea di cittadini stufi del sistema Italia. I partiti italiani sono stati e restano totalizzanti, non sono lì per svolgere la loro funzione democratica – l’organizzazione del consenso attorno ai loro candidati e la diffusione delle loro idee in tempo di elezioni –  ma per occupare ogni angolo pubblico e privato possibile, condizionando la vita economico-sociale degli italiani. Quei partiti che arroccati resistono un ridimensionamento del loro ruolo totalitario nella società, dovranno essere distrutti. Se questo intendeva il Grillo urlante, allora forza con altri V-Day. 

***

 

Ció che avete appena letto é apparso su questa colonna il 16 settembre 2007. Chi pensa che Grillo e il movimento Cinquestelle sia il figliastro “qualunquista-populista”  dello scoppio della crisi economica-finanziaria che sta facendo tremare l’Occidente, si ricordi che il V-Day in Italia avvenne prima del 2008, quando scoppió negli Usa e poi in Europa la crisi. “Antipolitica” la bollano i boss della partitocrazia la resistenza dei “grillini”, da New York  invece ci é sembrata fin dall’inizio iper-politica contro chi in Italia non onora la funzione nobile della politica al servizio del pubblico, ma si fa i servizi suoi e degli amici dai quali farsi pagare case e  vacanze a sette stelle.  

La crisi economica dell’Occidente ha cause che prescindono dalla partitocrazia italiana. Ma l’Italia si ritrova con una zavorra in piú: questa casta partitocratica che ottiene privilegi e promuove una corruzione cosí diffusa che rende vana qualunque riforma per la ripresa econonomica.

Altro che antipolitica.  Qui siamo difronte alla  “resistenza” democratica e non violenta contro chi ha sequestrato la politica mortificandola alla partitocrazia cleptocratica. L’Italia della societá civile che lavora e paga le tasse (o le pagherebbe se…) va liberata dallo Stato dei partiti prima che affondi.

 

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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