Oramai in Italia, al risveglio mattutino (ma sono ancor più numerosi quelli che passano la notte insonne), per prima cosa milioni e milioni di donne e uomini, vecchi e giovani, si domandano: “Che potrà capitarmi brutto oggi?” Qualsiasi cosa. Un altro dramma può aggiungersi a quelli nei quali tantissimi cittadini trascinano la loro esistenza, un tempo abbastanza dolce, ora irta di ostacoli e posta con sistematicità davanti alle incognite.
L’ultimo, tragico caso umano, sociale, morale il quale ci conferma lo stato precario in cui da molto, troppo, tempo si vive in Italia, è quello di Nunzia C., la siciliana di 78 anni che martedì scorso, a Gela, s’è gettata nel vuoto dal balcone di casa propria e ha concluso così, in modo appunto atroce, il proprio cammino terreno. Stretta nella morsa sempre più feroce dell’ansia, dell’angoscia, nel terrore di non poter più arrivare più a fine mese, umiliata, colpita “a freddo”, sconcertata, per uscire dall’incubo ha voluto, sì, togliersi la vita. Già arrancava nelle ristrettezze, ristrettezze forse inimmaginabili una sola diecina o ventina di anni fa. La vita costa “anche” a Gela. Non più come una volta, quando in provincia la vita costava molto meno che nelle grandi città: ora è il contrario.
Nunzia C. vari giorni prima, s’era vista tagliare di 200 euro su 800 la pensione mensile di cui beneficiava e che le era erogata dall’Inps. Non si conoscono, almeno per ora, i motivi addotti dall’istituto pensionistico nazionale riguardo alla vistosa decurtazione che ha spinto, sì, l’anziana a farla finita per sempre. Magari si esibirà un documento redatto (s’intende!) in gergo burocratico, fitto di sigle, cifre e così via: un rompicapo, un “geroglifico”. Si dirà che “le norme sono queste”. Punto e basta.
Il caso di Nunzia C. è simile a quello del pensionato pugliese che si tolse anch’egli la vita lo scorso anno: una bella mattina s’era visto recapitare da parte dell’Inps una ingiunzione di pagamento: 5mila euro da restituire all’istituto… L’errore era stato magari dell’Inps, eppure dal malcapitato cittadino si esigeva quel popò di restituzione. Si volevano 5mila euro che lui non aveva e che in nessun modo avrebbe potuto procurarsi.
Di episodi che rientrano in questa casistica, ce ne sono in grossa, allarmante quantità. Siamo al punto in cui la mazzata può capitarci fra capo e collo in ogni momento. Più non c’è modo di replicare, di farsi intendere. Si sbatte contro un muro. Si parla ai sordi… Si avanzano argomentazioni anche ben articolate e presentate con la massima educazione, ma nemmeno questo a nulla serve. Anzi, oggi è più facile essere ricevuti dal Papa che da un funzionario pubblico o privato! Nel privato la situazione è ancor più esasperante: si picchia contro il ‘granito’ dei “call centre”, non c’è verso d’agganciare un dirigente.
Da tempo immemorabile la classe politica ci ripete di avere a cuore le nostre sorti… Da una diecina d’anni la canzone viene cantata da ancor più interpreti… Specie nel corso di talk-show è uno snocciolare di formule, propositi, assicurazioni “in nome della dignità del cittadino”. Ma questa è una commedia. E’ finzione. E’ una farsa divertentissima
per chi la conduce, tristissima per i tanti costretti a subire, per i tanti senza difesa. All’atto pratico, senza nessun diritto. Questo è vergognoso, è incivile. Raffigura l’Italia vista dal basso: un’Italia fredda, dura, indifferente. Sommamente ingiusta. Si sarebbe potuto notificare con un certo anticipo alla signora Nunzia C. che in un certo lasso di tempo la sua pensione avrebbe ricevuto una sensibile diminuzione. Macché: una bella mattina, così, “out of the blue”, la povera donna invece di ricevere come ogni mese 800 euro, ne ha trovati 600. Cari lettori, uno Stato senz’anima, senza senso di giustizia, Stato non è. E’ solo un tritacarne.