Latino, greco, filosofia e giapponese. Che bel programma di studio per una bimba di 8 anni e un bimbo di 5. Sarebbero i figli di Gwyneth Paltrow e Chris Martin. Qualcu- Lno deve aver detto ai divi che gli dei parlavano in greco e in latino e quindi hanno provveduto ad assumere un tutor (pagato 100 mila euro, compenso appena decente vista la formazione culturale richiesta) per la prole divina.
Peccato che non l’abbiano saputo prima così non chiamavano Apple la loro figlia. Apple che declina rosarosae? Un frutto a cui verrà imposto di declinare un fiore… e non capirà perché. A proposito, capirà mai perché ha ricevuto un nome così stupido? Sarà stata il frutto di una tentazione? Almeno l’avessero chiamata Eva, povera bambina.
Per non tralasciare la cultura orientale, Apple e Moses dovranno studiare pure il giapponese. Mentre i 9 figli della coppia Jolie-Pitt gireranno il mondo, Apple scapperà a nascondersi sull’albero. Glielo auguriamo. La Paltrow deve aver letto che nel Medioevo i figli dei principi europei parlavano latino, greco, oltre a italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo, e non ha voluto esser da meno. Solo che il latino era la lingua ufficiale, come l’inglese oggi, in greco erano scritti molti testi da cui bisognava studiare, le famiglie nobili europee erano tutte imparentate e dovevano conoscere le lingue d’Europa. Poi non esistevano né tv né computer ed era sempre meglio che ricamare o pregare dalla mattina alla sera, altre pratiche comuni all’epoca.
Ma con chi parleranno i piccoli Martin? Latino e greco sono lingue morte e possono solo esser resuscitate dall’amore di chi le vuol conoscere. A 8 anni non si può pretendere che una bambina preferisca sciorinare coniugazioni e declinazioni piuttosto che giocare con la Barbie. E lo dice una che il latino l’ha amato, ma ha iniziato a studiarlo a 11 anni, quando aveva appena riposto la Barbie in soffitta. Andavo in prima media e mi sentivo grande. Conoscevo già i miti e li adoravo. Inoltre la professoressa De Pretis ci leggeva ore ed ore l’Iliade e l’Odissea in italiano. Io l’ascoltavo rapita. Ho imparato tutto in quei tre anni: cos’erano la gloria e l’onore, il dovere e la lealtà, il coraggio e il valore della parola data, le conseguenze di alleanze, scelte, amore… Perché una volta c’erano gli dei, gli eroi e gli uomini. E gli eroi facevano l’impossibile per esser simili agli dei: partivano per grandi imprese al fine di dimostrare il loro valore. Ma se la forza l’avevano, era l’anima che dovevano conquistare con delle gesta che potessero innalzarli al divino. Combattevano per una ascesa spirituale. Gli dei sostenevano od inspiegabilmente ostacolavano le loro azioni, perché la divinità è imperscrutabile.
Dovevamo parafrasare ogni episodio a casa, cioè spiegarlo in prosa non riassumerlo, e trascrivere su un quaderno a parte tutte le similitudini. Questo non lo capivo, mi sembrava una scocciatura. Invece si è rivelato un grande esercizio di ragionamento analogico: saper individuare le analogie insegna a operare associazioni mentali. Il che consente l’estensione della conoscenza.
Oggi ci sono solo gli uomini, pronti a tutto per diventare dei. Molti, non appena raggiungono una “posizione”, si convincono molto presto di esserlo. Come leggiamo ogni giorno nelle cronache dei personaggi famosi. La Fama era una dea pericolosa perché correva di bocca in bocca, ma non sempre trasmetteva notizie piacevoli. Fortunatamente però non c’erano quei rotocalchi spazzatura che sono le riviste di gossip che fanno di gente senza arte né parte degli eroi. Così vediamo il comandante Schettino immortalato come un divo e sua moglie ricoprire la copertina di un settimanale, come se fosse importante leggere tutto il bene che pensa del farabutto fedifrago; ecco il figlio di Ruby, cuore di mamma… Grande è l’ipocrisia di certi media: a leggere del funerale di Scalfaro sembra sia da farlo santo subito. Un vigliacco che negli anni ‘60 insultò una signora al ristorante perché indossava un vestito con le spalle scoperte e poi si rifiutò di combattere a duello con il marito adducendo di essere cattolico. In mano a una casta di pavidi siamo stati, che ci hanno imbrogliati e derubati. Gli scandali continuano ad essere all’ordine del giorno. Ma dov’era Rutelli quando Luigi Lusi, tesoriere della Margherita, sottraeva 13 milioni di euro al suo partito?