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January 2, 2012
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Anno orribile per chi?

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 4 mins read

A parte le profezie Maya, il 2012 deve per forza annunciarsi come “annus horribilis”? Con gli amici e parenti, nello scambio di auguri, si ripeteva “che almeno non sia peggiore del 2011”. Le aspettative sono veramente basse.

Il discorso agli italiani del Presidente Giorgio Napolitano aveva un tono da ultima spiaggia: “L’emergenza resta grave e la fiducia rischia di essere oscurata da interrogativi angosciosi che possono tradursi in scoraggiamento e indurre al pessimismo… il debito pubblico che abbiamo accomulato nei decenni pesa come un macigno e ci costa tassi di interesse pericolosamente alti”.  Ma nonno Giorgio ha anche spronato: “L’Italia puó e deve farcela” perché “siamo convinti che i frutti non mancheranno. I sacrifici non risulteranno inutili. Specie se l’economia riprenderà a crescere: il che dipende da adeguate scelte politiche e imprenditoriali, come da comportamenti diffusi, improntati a laboriosità e dinamismo, capaci di produrre coesione sociale e nazionale”.   Dalla crisi Napolitano é convinto che “la nostra società deve uscirne più severa e più giusta, più dinamica, moralmente e civilmente più viva, più aperta, più coesa”. Senza avere paura dei sacrifici, perché la preoccupazione maggiore degli italiani deve essere “quella di assicurare un futuro ai figli, ai giovani. È questo l’impegno cui non possiamo sottrarci”.  Napolitano ha ricordato agli italiani che giá in un recente passato hanno affrontato e vinto crisi gravissime grazie allo “slancio costruttivo nel confronto” dei suoi lavoratori che nel fare sacrifici hanno mantenuto “visione e ruolo nazionale” come seppero fare nel Dopoguerra e nel tragico 1977 dell’inflazione al 20% e degli attacchi del terrorismo. 

Il passaggio che mi é piaciuto di nonno Giorgio é stato l’attacco alla corruzione e l’evasione. “A partire dagli anni Ottanta la spesa pubblica è cresciuta in modo sempre più incontrollato, e ormai insostenibile. E c’è anche chi ne ha tratto e continua a trarne indebito profitto: a ciò si legano strettamente fenomeni di dilagante corruzione e parassitismo, di diffusa illegalità e anche di inquinamento criminale. Né, quando si parla di conti pubblici da raddrizzare, si può fare a meno di mettere nel mirino l’altra grande patologia italiana: una massiccia, distorsiva e ingiustificabile evasione fiscale. Che ci si debba impegnare a fondo per colpire corruzione ed evasione fiscale, è fuori discussione”.
Il vecchio e saggio presidente degli italiani ha cercato di trasmettere agli italiani il messaggio che il tempo del  Berlusconismo é finito per sempre e occorrerá piú onestá e meno furbizia: solo cosí per l’Italia il 2012 sará l’inizio della riscossa.

Ma le sorti dell’Italia non dipenderanno solo dagli italiani, cosí come quelle dell’Europa non solo dall’Italia; cosí gli Stati Uniti non saranno i soli responsabili per la stabilitá del resto del mondo. Intanto fa paura vedere che c’é una parte dell’America che, almeno dalla scelta dei temi discussi dai candidati repubblicani per la Casa Bianca, mostra di possedere una visione “primitiva” del mondo che verrá. Per questo l’augurio piú grande per il 2012 é che sia l’anno della riconferma di Barack Obama alla presidenza.

Certo che resta difficile augurarsi il “buon anno” quando, per esempio, si guarda al listino della spesa dei paesi del Golfo persico sempre piú spaventati dall’Iran: gli Emirati arabi compreranno nel 2012  3,48 miliardi in missili e altra tecnologia militare dagli USA, che a sua volta hanno giá appena venduto 30 miliardi di dollari in aerei caccia F-15SA all’Arabia Saudita. Al Pentagono dicono che queste vendite servono “alla stabilitá” della regione… Nell’area del pianeta strategicamente piú importante, tutto sembra indicare la prossimitá di una nuova guerra, solo che con l’Iran non sará come l’Iraq o l’Afghanistan: preparatevi, se ci sará lo scontro con una delle nazioni piú antiche dell’umanitá, come minimo si tornerá tutti in bicicletta…   

Ma per allentare la presa del pessimismo per il nuovo anno, serve leggere il Christian Science Monitor, storico giornale internazionale di Boston sempre piú globale grazie a internet.  Il Monitor ha rifiutato il vento  negativo della crisi e scommette sul futuro. Avete paura della guerra? In realtá gli esperti ci dicono che se ne combattono sempre meno, le morti in combattimento sono diminuite del 90% negli ultimi 60 anni. E non si parla di sole grandi battaglie, ma anche di guerriglia e terrorismo: nonostante l’11 settembre 2001, gli attacchi sarebbero sempre meno frequenti e fatali. 

Ok, ma la crisi economica? Sempre sul Monitor si ricorda che secondo i dati della Banca Mondiale, il numero di persone che vivevono con meno di $1.25 al giorno si prevede per il 2015 sará di 883 milioni invece dei 1.4 miliardi del 2005 e dei 1.8 miliardi del 1990. E le previsioni per i paesi in via di sviluppo nel ridurre la fame, aumentare la scolarizzazione e garantire pieni diritti alle donne sono in continua ascesa. Le donne ora rappresentano il 40% della forza lavoro nel mondo e oltre il 50% della popolazione studentesca universitaria mondiale. Cosí alla fine tutto si collega alla diffusione della democrazia, che con l’esplosione della primavera araba, sta chiudendo l’era dei popoli governati da regimi autoritari. Insomma nel mondo non si accetta piú nulla che non sia la garanzia delle libertá essenziali.

Se l’arrivo del 2012 lo si vede da altri angoli del mondo, il futuro dell’umanitá appare ancora all’insegna del progresso.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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