Monti contro la casta.
No, non è uno scherzo. E’ il titolo ideato e proposto, senza il minimo imbarazzo o vago sentore di ridicolo, da un servizio andato in onda nel corso di “Piazza Pulita”, il programma di Corrado Formigli su La 7. Tanto per consolidare il clima.
Solo che in società istituzionalmente evolute, come pure la nostra è, nessuno può seriamente ritenere che i rappresentanti politici stiano per sé, isolati tanto dal contesto legittimante (la società nel suo complesso), quanto da ogni altra sede di responsabilità e di potere. L’attuale Presidente del Consiglio è stato ed è professore universitario, rettore (non proprio espressioni di un mondo aperto e incontaminato), commissario europeo, consigliere di amministrazione in primarie istituzioni finanziarie, nazionali ed internazionali. Ed è ovvio che in ciascuno di questi ambiti ha dovuto stringere alleanze, coordinare i suoi passi, ascoltare richieste, limare proposte, assumere impegni, riscuotere crediti. Ovvio e persino auspicabile: giacchè chiunque pretendesse di avere assunto un ruolo per diritto divino o esclusivamente per meriti propri (che è lo stesso), statene certi, nasconderebbe l’inconfessabile. Sicchè, “Monti contro la casta”, non potendo essere frutto di ingenuità o di ignoranza, è propaganda allo stato puro.
Perchè l’erosione progressiva e inarrestabile della classe politica discende da almeno due ordini di fattori, entrambi noti.
Un fattore generale. Cioè il complessivo inaridimento dei processi formativi: ricordate il servizio delle “Iene” sui parlamentari che ignoravano persino il secolo in cui fu scoperta l’America? Che certamente, e purtroppo, non è riferibile ai soli sponenti politici. Dovremmo esserne grati a certo allucinato nichilista delirio egualitario che, abbattendo filtri e selezioni (scuola media unica per tutti), ha smidollato la scuola, mortificando ogni rigore contenutistico, diffamato come nozionismo. E ha offerto ad una pletora di sprovveduti titoli che attestavano solo il loro raggiro: dal sei politico al cinque/quattro invernale, immancabilmente trasformato in sei/sei sul limitare dell’estate. Fino al trionfo berlinguerian-morattiano dello studente come budget del docente, in una scuola regredita ad ammortizzatore sociale, stipendiale per i docenti, maschera del limbo disoccupazionale per i discenti, autorizzati a languire in indefinite carriere fuori corso. Altro che scoperta dell’America!
Ma poi c’è stato anche il fattore specifico, frutto dello smottamento storico successivo alla fine della Guerra Fredda. La liquidazione della Prima Repubblica, Mani Pulite, il sistema maggioritario, con gli annessi furori iconoclastici, fomentati dagli stessi che oggi discettano di casta, hanno avuto, sul piano storico, un unico, rilevante, effetto: la scomparsa definitiva della leadership politica nazionale. Vale a dire, della riconoscibile e consapevole direzione della vita politica fondata sulla piena e indiscussa esistenza di interessi nazionali, da tutelare e da innalzare a costante criterio di scelta e di visione. Lo stesso tipo di interessi considerati da Cameron verso l’Europa, tenuta alla larga dalla Sterlina. O dalla Merkel verso l’Euro, inseminato col Marco. O da Sarkozy verso Gheddafi, a saldo di vecchi conti transalpini, passati anche per Ustica.
Tanto per intenderci. E un osservatore che non fosse propagandista, queste cose le dovrebbe rilevare. Magari potrebbe scoprire che lo svuotamento della funzione parlamentare e, prima ancora, di una leadership democraticamente determinata ci ha lasciato privi di tutela e disorientati al cospetto dell’incessante movimento della storia. Così, anche l’Euro non è stato effetto di calamità naturali. Ha avuto padri e padrini che hanno agito sulla base di uno schema immutabile: elementare quanto efficace.
Incessanti campagne mediatiche, volte a diffondere la certezza di disastri imminenti. Fatto questo, ne segue agevolmente l’ulteriore necessità di un “governo di emergenza” che, preso il posto della leadership legittima, ma debitamente delegittimata da scandali, maneggi “immoralità” e così via, scardini ogni ordinaria regola di rappresentanza democratica e si
ponga quale ultima spiaggia, con la ruffiana prostrazione di istituzioni politiche abbarbicate alla propria plasmata mediocrità. Così’ nessuno osa fiatare: non c’è bisogno né del manganello né dell’olio di ricino.
Notate qualche similitudine, lo spread al posto di Soros, il debito sovrano al posto della Lira? Anche nei personaggi, anche negli argomenti, anche negli effetti, anche nelle complicità propagandistiche? E notate che simili giravolte lasciano un sedimento vischioso e tenace, in termini di libertà individuali, di progresso civile, cioè una magistratura inquirente ed un processo penale medievali, allora; un fisco con apparati da intelligence, ora?
Se le notate, fate bene a notarle, perché ci sono. E notate, infine, il consolidarsi e l’ulteriore diffondersi di un’aria malsana e appiccicaticcia, vogliosa di capri espiatori, di lapidazioni, di degradazioni pubbliche e private, sull’altare di un invidia becera e dogmaticamente sublimata in vento redistributivo? Ecco, se notate pure questo, scrivete a Formigli. O a Santoro. O a Lerner. O alla Gruber. O a Fazio. O a De Benedetti.
O a Monti, naturalmente.
L’Italia ve ne sarà grata: l’Europa un po’ meno.