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October 16, 2011
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La maggioranza rumorosa

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 4 mins read

 

Roma ha fatto la stupida ieri sera e non per colpa dei manifestanti partecipanti all’“United for Global Change”, ma per i soliti “black block” che si sono imbucati puntuali e indisturbati, a rovinare tutto. Chissá come sono arrivati, chi gli paga il viaggio a questi delinquenti. Perché in tutte le altre mille cittá del mondo dove si si è tenuta contemporaneamente l’adunata ispirata dagli “indignados” spagnoli e da “Occupy Wall Street” , non ci sono stati questi guasta storia? Cosa ha fatto il governo per prevenire? Solidarietà alle forze di polizia italiana, che da quello che abbiamo visto e letto finora, hanno dato prova di nervi saldi e responsabilità. Proviamo soltanto ad immaginare cosa sarebbe potuto accadere qui a New York, se tra dei ragazzi pacifici ci fossero stati questi barbari con il casco e le mazze. La polizia di Bloomberg sarebbe riuscita ad affrontare gli sfasciatutto senza coinvolgere i cittadini non violenti?
Ieri ha continuato a New York a farsi sentire “la maggioranza rumorosa” del 99%. Già, maggioranza non più silenziosa, come piaceva a Richard Nixon, ma che ora reagisce manifestando e occupando le piazze, da Zuccotti Park fino a Times Square, stanca di subire decisioni di governi eletti dai cittadini ma che poi si inginocchiano alle pressioni dei centri finanziari, quei tecnocrati che hanno grandi responsabilità per la crisi economica e di valori in cui l’Occidente è precipitato.
“Occupy Wall Street” è maggioranza rumorosa perché con la protesta in tante altre cittá, rappresenta il diffuso sentire degli americani. Trasversale, composta da cittadini di tutte le fasce d’età e sociali (tranne ovviamente quell’1% di straricchi e contenti), e che non può essere etichettata con sigle ideologiche.
La scorsa settimana abbiamo ricordato come l’Internet ha suonato la sveglia anche per le masse del libero Occidente, dopo aver dato la carica a quelle del Medio Oriente prigioniere di regimi autoritari. Ma gli obiettivi tra la Primavera araba e l’indignazione dell’Occidente sono ben diversi. Per i primi, la dignità che si esprime attraverso la rivendicazione della libertà, la conquista dello Stato di diritto, ancora mai conosciuto e, inutile illudersi, ancora lontano. Per noi occidentali, che godiamo giá della libertà, si tratta di riappropriarsi del suo significato, si tratta di difenderne le sue conquiste, si tratta di ridare slancio alla democrazia mortificata da lobby che hanno preso in ostaggio il dibattito politico e le decisioni di chi è stato eletto da noi ma che non affronta le grandi contraddizioni emerse dalla globalizzazione e non difende gli interessi della maggioranza di chi li ha eletti. L’indignazione quindi per un sistema che ha svuotato la democrazia dei suoi valori.
Sia negli Usa che in Europa ci sono ancora politici, piuttosto importanti, che non hanno capito, o fanno finta di non capire, cosa chiede il movimento degli “indignados”. Certe distanze uno se le aspetta da un Silvio Berlusconi, che ha ben altre cose in testa, ma ecco cosa diceva il leader del PD Pierluigi Bersani venerdì sera, alla vigilia delle manifestazioni: “Quello degli ‘indignados’ mi pare un movimento confuso, che avrebbe bisogno di una piattaforma seria”. Piattaforma seria? Cosa c’è di più serio che urlare basta sprecare le risorse dei cittadini e metterle al servizio delle banche! Nel dire ai propri politici o sarete in grado di occuparvi degli interessi della maggioranza del 99% dei cittadini, o vi cacciamo!
Sveglia Bersani, sveglia Obama! Lo ha capito persino Mario Draghi, il governatore della Banca d’Italia che sta per andare al timone della Banca Europea: “Se lo siamo noi arrabbiati per la crisi, figuriamoci loro che sono giovani e senza prospettive”.
Julian Assange, il leader di Wikileaks, ai manfestanti della manifestazione di Londra di ieri, ha detto: «Questo movimento non è per la distruzione della legge, ma per la costruzione della legge». Nel caso italiano, basterrebbe giá il rispetto della legge.
In Italia a svegliarsi sono stati finalmente i giovani, negli Stati Uniti a ribellarsi é il “99%” contro quell’1% che ha preso in ostaggio la democrazia. Qualcuno, soprattutto tra i repubblicani, per screditare il movimento continuerà ad accusare “Occupy Wall Street” di rappresentare l’invidia sociale, il povero che invece di darsi da fare accusa il ricco per la sua situazione. Nessuno di quelli che protesta oggi in America avrebbe nulla da obiettare se ad un chirurgo che ti salva 300 vite l’anno, gli si assicurasse un compenso 300 volte superiore allo stipendio medio americano. Ma che in certe istituzioni finanziarie di Wall Street, ancora oggi si guadagnino stipendi e bonus di centinai di milioni di dollari, anche quando la banca per cui si lavora è stata salvata dal fallimento grazie ai soldi pubblici, questo sí che fa imbestialire. Soprattutto l’americano medio che ormai fa tre lavori e non riesce piú a pagare il mutuo o mandare al college i figli.
A Washington, sia al Congresso che alla Casa Bianca, finora si conviveva bene con questo scandalo. Prevediamo che a novembre del 2012, i candidati che non ascolteranno l’urlo di indignazione di “Occupy Wall Street”, ne pagheranno le conseguenze.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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