Il ceffone è solenne, duro, bruciante. Giovedì scorso il presidente dei giovani industriali Jacopo Morelli ha dichiarato che al convegno della Confindustria fissato per il mese prossimo a Capri non verranno invitati esponenti politici di nessun partito, né tantomeno il presidente del Consiglio Berlusconi e i ministri e sottosegretari del Governo. Il disco rosso riguarda anche le forze dell’opposizione. Nulla del genere era mai accaduto. “Basta con le passerelle dei politici, non ci va d’essere presi in giro”, ha spiegato Morelli, il quale ha poi sottolineato che mesi fa la Confindustria aveva inviato al Governo una serie di proposte sulla produttività, sulle riforme fiscali, sulle liberalizzazioni, proposte definite “interessanti” dall’Esecutivo, “ma”, ha aggiunto il presidente dei giovani industriali, “cadute poi nel vuoto”. Tipico della destra, questo.
La destra ti dice che “sei bravo, bravissimo”, che le tue analisi “sono di una lucidità degna di Kant”, che “la Nazione ha bisogno di te!”. Poi, però, con te i “campioni” della destra e i palafrenieri dei capi della destra, non si rifanno vivi: sull’argomento hanno tenuto ampollose riunioni e hanno deciso di ignorarti. Si è rispettata la volontà di quello che strillava di più, dell’uomo “tutto d’un pezzo” (!), del nazionalista “decisionista”, “coraggioso”, “risoluto”; o del leghista anch’egli “volitivo”; “uncompromising!”.
Nessun invito quindi da parte della Confindustria a Berlusconi, Bossi, Maroni, Calderoli, Tremonti, Sacconi, Matteoli, Alfano, Fini, Bocchino, Gasparri, Gianni Letta, Brunetta, Gelmini, Carfagna, Bersani, Fassino, Enrico Letta e tutti gli altri. Nel mazzo c’è quindi finito anche Antonio Di Pietro, che simile sorte forse non meritava. Ma tant’è. Dovremmo quindi innamorarci della Confindustria e, soprattutto, dei giovani industriali capeggiati da Jacopo Morelli? Dovremmo allora far quadrato intorno alla signora Marcegaglia (presidentessa della Confindustria; nella foto)
e seguirla impavidi e fiduciosi fino in fondo, “nudi alla meta”? Ci dovremmo immolare, e magari mettere anche a repentaglio il futuro dei nostri figlioli, poiché l’associazione degli industriali italiani ci indica la Via Maestra che, essa sola, potrà renderci tutti agiati e felici? Per carità!
Anche qui c’è puzza di bruciato… Anche qui il gioco presenta qualcosa di equivoco o di sfuggente; di sinistro, addirittura. Anche questa “trama” non ci convince, come non ci convinse neppure il Berlusconi che nella prima metà degli Anni Novanta si dette alla politica e lanciò “Forza Italia!”, tristissima, ma velleitaria, congrega di democristiani e socialisti di terz’ordine affiancati da missini, o post-missini, che da tempo immemorabile sognavano d’essere invitati al grande banchetto…
La nostra impressione è che la Confindustria abbia deciso di tentare la scalata politica. Che si sia risolta a presentare nell’arena della screditatissima, impresentabile politica italiana, una propria formazione, un proprio “movimento”, guidato magari dall’inossidabile Montezemolo il quale ti dà la sensazione d’essere uno al quale piace “giocare”, in qualsiasi iniziativa s’imbarchi, volendo però passare per un saggio al quale sta a cuore il destino dell’Italia. Provate a immaginare un governo della Repubblica Italiana retto da un “fulmine di guerra” della Confindustria: sarebbe, cari lettori, un’altra rovina, dopo quelle causate dai governi Dini, Amato, D’Alema, Prodi, Berlusconi. La Confindustria è una “élite”. E’, perciò, una consorteria dedita al soddisfacimento dei propri desideri e interessi, punto e basta.
Una consorteria è, per definizione, miope. Non le interessa il bene supremo della Nazione. Quella in questione è ben lontana dall’industria italiana un tempo rappresentata da Olivetti, Borghi, Pirelli, dalla Snia Viscosa, dalla Bombrini-Parodi-Delfino, dall’Eni plasmato da Enrico Mattei. Giovedì scorso, a quanto ci risulta, i giovani industriali hanno posto l’accento sulla necessità di procedere a ulteriori liberalizzazioni. Ma sono state proprio le liberalizzazioni, sia sotto Prodi che sotto Berlusconi, a svuotare, esaurire, stroncare la Nazione italiana. Non si creda quindi a quest’altra sirena chiamata appunto Confindustria. Smettiamola di fare i battistrada a chi poi ci usa, ci sfrutta, ci disonora. Come ci hanno disonorati Prodi e Berlusconi.